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#5 - Bolle virtuali

Avanzato

November 16, 2016

Trascrizione

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Benvenuti su podcast italiano. In questo episodio di livello avanzato vi parlerò di un fenomeno che caratterizza i social media di oggi e, secondo molti, influenza molto la nostra vita politica

Molte persone in tutto il mondo sono state a dir poco (to say the least) sorprese dal risultato delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Non voglio entrare nel merito del risultato, dato che in questi ultimi giorni se n’è parlato ampiamente. Ciò su cui mi voglio soffermare (What I would like to turn my attention to is) invece è il ruolo dei social media e social network, che a mio modo di vedere è stato molto rilevante nella campagna elettorale americana e che, in generale, sta assumendo una sempre più grande importanza (is becoming increasingly important) nella vita politica di ognuno di noi. Più nello specifico, vorrei parlare di un fenomeno che in inglese a volte viene chiamato “Echo Chamber” o “Filter Bubble”. In italiano non credo esista una denominazione affermata (an estabilished name); io ho scelto di chiamarle “bolle virtuali”. Di che cosa si tratta? Con “bolla virtuale” intendo quella situazione in cui i nostri “feed” o le nostre bacheche sui social network rispecchiano (reflect) e confermano in gran parte la nostra opinione, ripetendola all’ossessione, in alcuni casi estremizzandola (taking it to the extreme). In alcuni social network più che in altri (Twitter su tutti) ci capita spesso di (oftentimes we [happen to]) seguire solamente le persone che hanno la stessa nostra opinione. Su Facebook, secondo molti perlomeno, è più facile vedere ciò che scrivono e condividono gli amici che la pensano come noi. Ciò che ne consegue (As a result /it follows that) è che abbiamo un’impressione della realtà non sempre corretta: ci sembra che il mondo intero o quasi la pensi come noi, sentiamo sempre una voce sola, un lato solo del dibattito. Riteniamo impossibile (we consider it impossible) che qualcuno possa sostenere l’opposto di quello che pensiamo noi. Ma ci sbagliamo, e di tanto.

Il risultato è una forte polarizzazione di idee. Le elezioni americane ne sono state l’esempio lampante per tutte le persone che non hanno votato e non sostengono Trump; penso , tuttavia, che sarebbe successo lo stesso a parti inverse (if the opposite had happened), ovvero se a vincere fosse stata Hillary Clinton (if Hillary Clinto had been the one to win). Le due fazioni opposte (opposing sides, factions) – se non del tutto ignare (unaware) dell’esistenza dell’altra, come minimo sdegnose (disdainful) della ingenuità (naivety / NOT INGENUITY!) e stupidità dell’altra fazione – non comunicano tra di loro, non cercano di comprendere i punti di vista di coloro che hanno opinioni diverse dalla propria e le ragioni per cui la loro opinione differisca così vistosamente  (dramatically, so much). Veniamo costantemente bombardati di notizie, post, condivisioni, memes (o “meme” se la diciamo all’italiana), immagini che spesso sono costruite ad arte  (fabricated) per farci indignare (be outraged) e causarci quella scarica quotidiana di dopamina nel cervello (daily rush of dopamine in our brain) a cui ci abituiamo e di cui diventiamo dipendenti. In un certo senso, ci crogioliamo in questo sdegno (we bask in this indignation/outrage) e in questa rabbia che dirigiamo verso i nostri avversari. Al dialogo con chi la pensa diversamente preferiamo l’attacco personale e le prese in giro. Si aggiunga il fatto (Consider also) che alcuni media approfittano di questa situazione e creano notizie, se non completamente false, contenenti molte imprecisioni. Ne risulta dunque che le fazioni opposte  non sono d’accordo nemmeno su informazioni fattuali e oggettive che non dovrebbero essere causa di alcuna discussione! Ognuno riceve informazioni diverse, compromettendo una qualsivoglia (any possible) discussione pacifica. Non si può, infatti, avere un dialogo se le nostre informazioni sono agli Antipodi (are polar opposites).

Questo si è visto nelle recenti elezioni americane, ma non solo. Io lo noto personalmente sempre più nella maniera in cui viene discussa la politica italiana sui social. Immagino che la situazione nei vostri paesi non sia molto diversa.

I social media utilizzano algoritmi che, a detta di molti, portano all’inasprimento (exacerbation) di questo problema, proponendoci (here means showing us) solo le opinioni delle persone meno scomode. Questo è quello che sembra succeda su Facebook, benché Zuckerberg neghi categoricamente che Facebook abbia pesato sul risultato delle elezioni americane e che la sua piattaforma promuova la diffusione di notizie false. Molti non sono d’accordo. Le notizie false circolano e sono sotto gli occhi di tutti (before everyone’s eyes) , i miei compresi. Uno degli esempi più eclatanti (one of the moststriking examples) è la notizia falsa secondo cui papa Francesco avesse annunciato di sostenere Trump.

Non sono un esperto in materia, ma la sensazione è che i social media ci abbiano portato a una sorta di isolamento intellettuale, in cui noi rimaniamo chiusi nelle nostre accoglienti  “bolle virtuali”, in cui possiamo sentirci sicuri della nostra superiorità morale e intellettuale, sdegnosi di ogni altra opinione. Chi la pensa in modo diverso da noi è stupido, razzista, buonista, ecc. Questi sono alcuni degli aggettivi che spesso mi capita di leggere su Facebook.
Penso, magari sbagliandomi (erroneously), che in passato una tale unilateralità (one-sidedness) di opinioni non esistesse. Sicuramente molti hanno sempre preferito leggere giornali e guardare telegiornali che presentano opinioni simili alla propria, ma a mio parere la faziosità (partisanship) non era tale da isolarci quasi completamente dalle opinioni opposte. Penso che tutto sommato i TG, non tutti ma mediamente, offrano opinioni più diversificate e più neutrali, e che il rischio di notizie inventate di sana pianta (completely made-up) sia minore. I dati dimostrano inoltre che i social, per sempre più persone, sono la fonte principale di notizie. Questo è pericoloso, a causa degli algoritmi che caratterizzano il funzionamento stesso dei social, i quali portano alla formazione di “bolle virtuali”, o “echo chambers”, in cui risuonano solamente voci simili alla nostra, voci che ci urlano ciò che già pensiamo, fanno scivolare (slip) le nostre opinioni verso un estremo dello spettro ideologico (ideological spectrum) e ci chiudono quasi ermeticamente l’accesso alle voci che non ci piacciono.

Questo era l’episodio di oggi, spero vi sia piaciuto. L’argomento è complicato, ma estremamente interessante. Come sempre sul sito troverete la trascrizione del testo con la traduzione dei termini più complicati.

Alla prossima!

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