Storia della lingua italiana: dal latino al volgare
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Ciao a tutti ragazzi e ragazze, questo è Podcast Italiano, il podcast per imparare l’italiano attraverso contenuti interessanti e autentici. Io mi chiamo Davide e oggi ho deciso di iniziare una nuova serie di livello avanzato, una serie che non so quanti episodi durerà, una serie che è incentrata sulla (Incentrato su: concentrato su, che ha al centro - based on, focused on, about) storia della lingua italiana, che secondo me è un argomento abbastanza interessante per certe persone come me, che si interessano a questi argomenti. E quindi oggi parleremo delle origini, o meglio, del periodo precedente alle origini della lingua italiana, ovvero il passaggio dal latino al cosiddetto “volgare”, cioè quelle lingue che poi sono di fatto diventate le lingue romanze e che si sono evolute direttamente dal latino. Spero che vi possa piacere. Non è un episodio “a ruota libera” (Parlare a ruota libera/a braccio: parlare liberamente, senza copione - to speak off the cuff, to speak freely) oppure “a braccio” come ho detto in passato, ormai forse conoscete questi termini: non parlo a braccio, non parlo spontaneamente perché sarebbe… sarebbe troppo difficile per un episodio del genere, quindi ho scritto un copione, ho scritto uno script che leggo. Spero che non sia troppo noioso, spero che sia abbastanza interessante il mio tono di voce, che chiaramente cambia un po’ quando leggo qualcosa di scritto rispetto a quando parlo in maniera più spontanea. Trovate la trascrizione di questo episodio sul mio sito podcasitaliano.com, quindi andate nelle note, nelle informazioni di questo episodio per trovare il link.
Parlare a ruota libera/a braccio: parlare liberamente, senza copione (to speak off the cuff, to speak freely)
Prima di partire voglio ringraziare Italki: Italki è lo sponsor di questo episodio e oramai credo che lo sappiate: è il sito dove io personalmente insegno la lingua italiana, dove l’ho insegnata per un po’ di tempo e dove voi potete andare a imparare l’italiano con un insegnante, soprattutto a parlare l’italiano, che è una cosa che molte persone – come dico sempre – non fanno abbastanza. Stiamo vivendo oramai da un po’ di tempo un periodo strano, un periodo in cui tante persone in tutto il mondo sono costrette a rimanere a casa, a lavorare da casa, e di conseguenza hanno molto più tempo a disposizione e hanno più tempo che possono potenzialmente dedicare all’apprendimento delle lingue. Io ho sempre pensato che l’apprendimento individuale di una lingua sia molto più efficace rispetto all’apprendimento in gruppo, quindi utilizzate la tecnologia del mondo in cui viviamo, che ci permette di fare lezione dal divano o dal giardino di casa vostra! Volevo dire dal bagno, però sarebbe un po’ strano… Fate lezione su Italki, provate, se non avete mai provato… fatelo! Utilizzate il link che trovate nelle informazioni di questo episodio, che vi permetterà di avere 10 dollari in crediti Italki al primo acquisto che farete. E ora… sentiamoci l’episodio!
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Protoindoeuropeo
La lingua italiana, come le altre lingue romanze, affonda le sue radici (Affondare le proprie radici: avere le proprie origini - to date back to) nel latino. Per questo l’italiano, lo spagnolo, il portoghese, il francese, il rumeno, ecc. sono anche note come “lingue neolatine. Se vogliamo tuttavia tornare indietro nel tempo per risalire (Risalire: essere avvenuto in un certo periodo - to date back) al più antico antenato (Antenato: antico parente - ancestor) della lingua italiana conosciuto dai linguisti dobbiamo introdurre il concetto di “lingue indoeuropee”. Si dà il caso che la maggior parte delle lingue europee, ma anche molte lingue asiatiche come l’Hindi o il Farsi possiedano un antenato comune, una lingua alla quale è stato dato il nome di “proto-indoeuropeo” e che si stima fosse parlata tra il 4500 e il 2500 a.C. (a.C.: avanti Cristo - b.C., before Christ) nelle steppe della moderna Ucraina. Il proto-indoeuropeo è una lingua ricostruita: ovviamente non siamo in possesso di testi scritti né di registrazioni che ci possano aiutare a capire come parlasse davvero il popolo indoeuropeo. Non possiamo quindi conoscere con certezza questa lingua, ma comparando tra di loro le lingue indoeuropee moderne e analizzandone le somiglianze (Somiglianza: caratteristica simile, che “somiglia” - similarity) e le differenze, i linguisti sono in grado di fare supposizioni su quali caratteristiche possedesse il loro antenato comune più antico: il proto-indoeuropeo, appunto.
Non voglio ora dilungarmi (Dilungarsi: parlare a lungo di qualcosa - to dwell on) troppo sul protoindoeuropeo, ma se prendiamo termini molto comuni in ogni lingua, come quelli che si riferiscono ai membri della famiglia, possiamo chiaramente osservare alcune somiglianze non casuali:
– “pater” in latino (padre in italiano), “father” in inglese, “pater” in greco, “pitr” in sanscrito, “pitar” in farsi.
– “mater” in latino (madre in italiano), “mother” in inglese, “meter” in greco, “matr” in sanscrito, “matar” in farsi.
All’interno della grande famiglia di lingue indoeuropee ci sono dieci rami (Ramo: [qui] divisione, ulteriore famiglia - branch) principali, tra i quali le lingue germaniche (ramo che ha dato origine all’inglese e il tedesco), le lingue balto-slaviche (da cui deriva il russo) e le lingue italiche (come il latino). Questo’ultimo grazie all’espansione dell’impero Romano si diffuse enormemente e diede origine a un sottogruppo linguistico, quello delle lingue romanze.
Riassumendo: la famiglia delle lingue indoeuropee si divide in dieci rami, uno di questi è il ramo delle lingue italiche, alle quali appartiene il latino, che ha dato origine al sottogruppo delle lingue romanze, tra cui il nostro amato italiano.
Latino volgare
Passiamo ora all’antenato più prossimo dell’italiano, ovvero il latino. Probabilmente avete una qualche familiarità con la storia dei Romani, che in un millennio sono passati da essere un popolo di contadini (Contadino: chi coltiva la terra - peasant) che abitavano nella regione del Lazio a creare un impero che nel momento di massima estensione occupava un territorio davvero vastissimo, pensate, di circa 4,4 milioni di km2.
L’espansione dell’impero Romano ha portato con sé la diffusione del latino, che ha dato origine nei secoli alle lingue romanze. Oggi ben un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo (quindi circa il 20% degli abitanti della terra) ha come lingua madre una lingua romanza.
Ma com’è avvenuto il passaggio da latino a lingue romanze? È importante operare una distinzione (Operare una distinzione: fare una distinzione, distinguere, separare - to distinguish) tra latino classico (o letterario) e latino volgare (ovvero il latino del cosiddetto “volgo”, ovvero il “popolo”). Il latino classico era la lingua colta (Colto: che ha o è legato alla cultura, al sapere - cultured), impiegata da letterati illustri (Illustre: famoso, conosciuto - well-known) come Cicerone, Catullo, Orazio, Virgilio, Seneca e molti altri di cui magari avete sentito parlare. È una lingua molto ben conosciuta grazie all’enorme quantità di opere letterarie prodotte dalla cultura romana: libri di poesia, commedia, tragedia, satira, storia, retorica e chi più ne ha più ne metta (Chi più ne ha più ne metta: e molto altro - and many more). La letteratura latina è stata molto studiata nel corso dei secoli e ha permesso alla lingua latina classica di cristallizzarsi (Cristallizzarsi: diventare definitivo - to crystallize) e giungere fino a noi sostanzialmente immutata (Immutato: che non è cambiato ,(mutare=cambiare) - unchanged) nel lessico e nella grammatica. L’età classica, anche definita “età d’oro” della letteratura latina coincide sostanzialmente con il primo secolo a.C. e metà del primo secolo d.C.
Se quindi è ben chiaro in che cosa consista il latino classico il termine “latino volgare” è invece molto meno univoco (Univoco: con un unico significato - unambiguous). Un primo significato di “volgare” indica il latino parlato dal popolo romano. È chiaro che la lingua parlata dai colti e dai letterati non fosse la stessa lingua parlata dalla popolazione comune già ai tempi dei famosi scrittori latini: è naturale, infatti, pensare che l’esercito romano parlasse una lingua abbastanza differente dalla lingua di Cicerone o dei funzionari dello stato (Funzionario dello stato: chi ha una carica all’interno dello stato - state official). Anche oggi le lingue che conosciamo noi hanno varietà sociolinguistiche, ovvero modi diversi di essere parlate da classi sociali diverse.
Ma con “latino volgare” si intende anche quella lingua (o meglio, quel sistema di lingue) quasi esclusivamente orale e non scritto che discende dal latino e ha dato origine alle lingue romanze. Potremmo definirla “proto-romanzo”.
Il 476 è una data importante nella storia europea ma anche nella storia della lingua latina e delle lingue romanze. Nel 476 d.C l’Impero romano d’occidente cade: ciò dà inizio a una serie di mutamenti (Mutamento: cambiamento, vedi sopra “immutato” - change) politici che favoriranno l’evoluzione del latino nelle moderne lingue romanze. Nel medioevo si arriva gradualmente a una situazione in cui il latino classico, una lingua oramai letteraria sopravvissuta solamente nei libri e nei testi, poteva essere compreso solo se studiato. Il latino classico veniva impiegato nella liturgia della Chiesa Cattolica, nei libri scritti nei monasteri, insomma, dalle persone colte e non certo dai contadini.
Dall’altro lato c’era il latino volgare, il latino, se vogliamo, “vivo”, evoluzione diretta del latino parlato dalla popolazione romana. È difficile se non impossibile stabilire quando esattamente il latino è morto e si è trasformato in volgare, perché si tratta di un processo di mutamento lento e graduale. Pensate alla vostra lingua oggi e cinquant’anni fa: sicuramente ci sono alcune differenze, ma si tratta in linea di massima (In linea di massima: in generale, in termini generali - in general terms, by and large) della stessa lingua. Però sono proprio queste differenze che nel corso dei secoli si accumulano e portano una lingua a mutare considerevolmente e diventare sempre meno intelligibile (Intelligibile: comprensibile - comprehensible).
I linguisti, in ogni caso, considerano indicativamente il periodo tra il settimo e l’ottavo secolo d.C come il momento in cui la lingua latina diventò qualcosa di così diverso da quelli dei tempi di Cicerone e di Cesare da non potersi considerare più latino.
Ho impiegato (Impiegare: usare - to use) finora il termine latino volgare, ma è importante capire che si tratta in realtà di un’astrazione: non esisteva un unico “latino volgare”, un’unica lingua standardizzata, bensì un insieme variegato (Variegato: vario, diverso - various, diverse) di lingue parlate in territori distanti l’uno dall’altro e in epoche diverse.
Importanti erano inoltre le differenze di tipo geografico. Il latino volgare era diverso in ogni area dell’enorme territorio che costituiva l’Impero romano e risentiva (Risentire: subire l’influenza - to be affected by) dell’influenza di ciò che i linguisti chiamano “sostrati linguistici”.
Un sostrato (ovvero sub-strato, lo strato che sta sotto) nel caso del latino volgare è costituito dalle lingue pre-esistenti al latino, quindi tutti quegli idiomi che in determinate aree erano già parlati prima che i romani portassero con sé il latino, il quale veniva diffuso e imposto dall’esercito romano nelle aree conquistate. Tali lingue non venivano rimpiazzate (Rimpiazzare: sostituire - to replace) senza lasciare alcuna traccia della loro esistenza, bensì esercitavano una qualche influenza sul latino volgare parlato dalla gente. Un esempio interessante in tal senso è il modo in cui in francese si forma il numero “ottanta”, ovvero “quatre-vingt”, quattro volte venti. Secondo le ricostruzioni dei linguisti questo peculiare (Peculiare: particolare, caratteristico - peculiar) metodo di formazione di alcuni numeri è un effetto del sostrato gallico: infatti prima che i Romani conquistassero la Gallia (la moderna Francia) la lingua parlata nel territorio era il gallico, una lingua indoeuropea ma appartenente a un altro ramo rispetto al latino, quello delle lingue celtiche. E rimanendo in territorio italiano numerosi fenomeni linguistici che differenziano i dialetti italiani sono stati spiegati proprio con l’influenza dei sostrati linguistici, da queste lingue preesistenti. L’Italia infatti era popolata non solo dai latini (o Romani che dir si voglia) (Che dir si voglia: espressione per indicare che due termini hanno lo stesso significato - call it what you will), ma da numerosi altri popoli che con il tempo sono stati sottomessi e assimilati (Essere assimilato: [qui] venire integrato, entrare a far parte - be assimilated) alla cultura latina ma lasciando comunque una traccia su di essa.
Esempi di cambiamento da latino classico a volgare
La lingua latina classica che viene ancora oggi studiata in tanti licei italiani e in tante scuole e università in tutto il mondo possedeva una grammatica piuttosto complicata: prendiamo per esempio le declinazioni, un concetto che è familiare a chi di voi conosce lingue slave oppure il tedesco.
Che cos’è una declinazione (Declinazione: sistema dei casi in una lingua - declension)? Cerco di spiegarvelo in maniera semplice: in latino la funzione grammaticale di una parola era determinata dalla sua forma, o meglio, dal suo caso, ovvero il modo in cui terminava. Quindi per capire se una parola era un soggetto, un oggetto diretto, indiretto, un aggettivo bisogna vedere come finiva, il suo caso.
Un nome poteva avere cinque casi in latino, quindi cinque terminazioni. Per esempio la parola “rosa” poteva declinarsi in rosa (caso nominativo, quindi il soggetto della frase) rosae (caso genitivo, in italiano diremmo “della rosa”), rosae, (caso dativo, “alla rosa”, oggetto indiretto), “rosam” (caso accusativo, “la rosa” come oggetto diretto), rosa (caso vocativo, quindi per chiamare l’attenzione della rosa) e rosa (caso ablativo, che aveva molte funzioni). Questi cinque casi costituiscono la prima declinazione singolare latina. Attenzione però: questi cinque casi esistono anche al plurale, quindi abbiamo a che fare (Avere a che fare: dover gestire - deal with) con 10 casi. Ma non finisce qui: in latino non c’era solo una declinazione, quindi un set di casi come questo che vi ho illustrato, ma ben 5! Insomma, capite bene perché il latino è l’incubo di tanti ragazzi che lo devono studiare a scuola!
Nell’evoluzione da latino a lingue romanze le declinazioni si sono progressivamente semplificate fino a scomparire: nelle lingue romanze le preposizioni e l’ordine delle parole fanno il lavoro dei casi latini. Quest’ultimo è fondamentale per capire il significato di una frase e la funzione delle parole in italiano, mentre in latino era più libero. Il sistema dei casi sopravvive parzialmente solo nei pronomi personali: io e me, tu e te, ecc.
Anche il sistema dei verbi era piuttosto complesso in latino. I tempi verbali a livello di forme erano abbastanza diversi da quelli che conosciamo oggi nelle lingue romanze. In generale il latino era una lingua sintetica, che significa che i tempi verbali erano formati da parole singole; le lingue romanze sono lingue analitiche, in quanto i tempi verbali sono spesso formati da più parole (pensate a quanti tempi composti abbiamo in italiano: “ho detto”, “avevo mangiato”, “sono andato”, “avrei fatto”, “sia stato” ecc.). Il latino era sintetico, come abbiamo già visto, anche per le declinazioni: un nome latino spesso corrisponde a preposizione più nome in italiano. (rosae in latino significa “della rosa” in italiano).
Un altro aspetto che mostra il passaggio da latino a volgare e poi lingue romanze è il lessico: sono numerose le parole il cui significato nel corso dei secoli è mutato. Facciamo qualche esempio.
In italiano oggi parliamo di “testa” per indicare la parte superiore del corpo, ma in latino si utilizzava la parola “caput”. In italiano “caput” come “capo” (che non significa solo “persona principale in un’organizzazione”, ma è anche un sinonimo più letterario ed elegante di “testa”). Affianco alla parola “caput” in latino si cominciò ad utilizzare, all’inizio scherzosamente, la parola “testa(m)”, che indicava un vaso di terracotta (un po’ come oggi scherzosamente possiamo utilizzare la parola “zucca” o “crapa” per indicare in maniera scherzosa e colloquiale la “testa”. Pian piano però “testa” ha perso la sua connotazione ironica ed è diventata una parola neutra, mentre “capo” si usa un po’ meno.
Pensate anche alla parola “casa”: in latino questo termine indicava una casa rustica, una casa di campagna, mentre la parola neutra era “domus”: questa ha originato parole come “domestico”, “domicilio” e anche “duomo”, che deriva direttamente da “domus”, intesa come domus dei, la casa di Dio.
Se conosciamo molto bene il latino classico è perché la quantità di testi letterari che sono arrivati fino ai giorni nostri è davvero cospicua (Cospicuo: numeroso, abbondante - substancial); è invece molto più difficile analizzare il latino volgare perché non siamo in possesso (Essere in possesso: avere, possedere - have); di molte testimonianze scritte, sia del latino volgare inteso come latino parlato dalla popolazione romana, sia delle lingue che si sono venute a creare dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente.
Esiste tuttavia un documento che ci può dare qualche informazione sui cambiamenti che erano in atto nell’alto medioevo: l’Appendix Probi (‘Appendice di Probo’), un codice la cui datazione originaria è incerta ma è stimata intorno al terzo o quarto secolo. L’Appendix Probi riportava una lista di 227 parole latine seguite dalla loro versione volgarizzata. Il suo autore, un grammatico di nome Probo, scrisse il documento a scopo didattico, ma anche al fine di censurare (Censurare: [qui] criticare, segnalare come sbagliato - to censor) alcune grafie (Grafiamodo di scrivere una parola - spelling) (ovvero modi di scrivere una parola) che riteneva errate. L’autore riporta la versione da lui ritenuta corretta, quindi quella latina, seguita dalla versione scorretta, il che ci fa capire che alcune parole avevano già iniziato a cambiare nella lingua parlata dal popolo.
La lista per esempio riportava:
– speculum, non speclum. In italiano questa parola è diventata “specchio”
– vetulus, non veclus. In italiano diciamo “vecchio”, anche se sopravvivono parole come “vetusto”.
– columna, non colomna. In italiano diciamo “colonna”.
– frigida non fricda. In italiano diciamo “fredda” o “freddo”, ma esiste anche la parola “frigido”.
I cambiamenti sono tanti, di tipo grammaticale, lessicale, fonetico. Voglio ora però menzionare ancora un aspetto sempre di tipo lessicale che ha avuto un impatto abbastanza forte sul lessico della futura lingua italiana.
L’influenza germanica
Forse non molte persone lo sanno, ma all’interno del lessico dell’italiano c’è un buon numero di parole che non hanno un’origine latina, bensì germanica. Attenzione: non mi riferisco al tedesco moderno, ma a lingue di tipo germanico molto più antiche. Com’è successo?
Come abbiamo già detto l’Impero Romano d’occidente è caduto 476 d.C. e nei secoli successivi si sono susseguite (Susseguirsi: venire uno dopo l’altro, succedersi - come in succession) tre invasioni importanti da parte di popoli germanici (che quindi, parlavano lingue germaniche) che hanno lasciato traccia nel lessico della lingua italiana. Sebbene l’italiano sia una lingua dal lessico perlopiù (Perlopiù: principalmente, prevalentemente, per la maggior parte - mainly) latino, è presente una buona quantità di parole che non hanno nulla a che vedere (Non avere nulla a che vedere: non avere legame, non c’entrare nulla - have nothing to do with) con il latino e sono piuttosto comuni.
La prima fu l’invasione dei goti nel 489, che non durò molto, solamente una cinquantina d’anni. I goti erano una popolazione germanica che, di conseguenza, parlava una lingua germanica che oggi è estinta, ovvero il gotico. Alcuni termini di origine gotica (e quindi non latina) che potreste conoscere sono “guardia” e “guardiano”, “albergo”, “nastro” e verbi come “arredare” e “strappare”.
Una seconda invasione fu quella dei longobardi, un’altra popolazione germanica, che dominò (Dominare: avere il potere, comandare, controllare - control)su buona parte della penisola italiana dal 568 al 774. A proposito, il nome della moderna regione italiana “Lombardia” deriva da “Longobardia”, quindi il territorio occupato dalla popolazione dei “Longobardi”, che in realtà era molto più esteso rispetto all’attuale “Lombardia”). Al periodo longobardo risalgono alcuni termini come “guancia”, “panca”, “scaffale”, “balcone”, palla” e alcuni verbi come “scherzare”, “spaccare”, “spruzzare”.
Il Regno dei Longobardi cessò (Cessare: smettere - stop) di esistere a seguito della sconfitta subita dai Franchi, guidati dal celebre Carlo Magno.
La vittoria dei Franchi sui Longobardi nel 774 diede inizio alla terza dominazione germanica. A differenza però dei goti e dei longobardi i Franchi appartenevano a una classe sociale diversa, era un’élite ai vertici del potere civile e militare. Si trattava di un popolo probabilmente bilingue: i Franchi venivano dalla Gallia (moderna Francia) dove si trovavano già da due secoli e dove si parlava un latino volgare chiamato “galloromanzo”. Per questi due motivi l’influenza dei franchi sul lessico dell’italiano è meno importante Tuttavia ci sono alcuni termini che risalgono a questo periodo e sono parole relative (Relativo: [qui] che si riferisce, che ha un legame con qualcosa - concerning) all’organizzazione politica e sociale, come “conte”, “barone”, “dama”, ecc.
Un esempio lampante (Esempio lampante: esempio chiaro, ottimo esempio - striking example) di una parola che non ha un’origine latina, bensì germanica è il termine “guerra”, che deriva dal francone “werra” (pensate all’inglese “war”). In latino infatti il termine impiegato era “bellum”, che ha dato origine a termini come bellicoso, bellico, belligerante e indicava un concetto di guerra organizzata e ordinata di tipo romano, contrapposto alla guerra degli invasori germanici, che era piuttosto disorganizzata e impetuosa (Impetuoso: violento - impetuous).
Una regola generale che trovo interessante è la seguente: quando in italiano (o in altre lingue romanze) incontriamo parole che iniziano con “g” più vocale (guerra, guardare, guida, guarire, guanto) probabilmente si tratta di prestiti da lingue germaniche, in cui si utilizzava un suono semivocalico tipo -w (come in “werra”) che nelle lingue romanze si è sistematicamente trasformato nella combinazione “gw” (guardare, guida, ecc.).
In conclusione, la trasformazione del latino nel volgare e quindi nelle lingue romanze è un processo lento e graduale, che è durato secoli e ha riguardato per molto tempo esclusivamente la lingua orale, parlata e solo in un secondo momento la lingua scritta. Le lingue che le persone parlavano nella vita di tutti giorni non godevano di dignità letteraria (Dignità letteraria: valore letterario, importanza per la letteratura - literary dignity), non venivano scritte fino di fatto al tredicesimo secolo, in cui il destino dei volgari italiani mutò con, per esempio, Dante. Esistono tuttavia delle testimonianze precedenti, sebbene rade (Rado: non frequente, raro - rare), di come parlavano le persone nell’Alto medioevo: documenti, atti burocratici, graffiti. Nella prossima parte di questa serie sulla storia della lingua italiana partiremo proprio dalle testimonianze scritte più antiche del volgare, che possiamo considerare le origini della lingua italiana.
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[messaggio audio di Ania]
Grazie per la tua testimonianza Ania, mi piace davvero la tua mentalità, ovvero che non è importante la perfezione per te, ma è importante che ti piaccia, è importante divertirsi. Alla fine quella secondo me è la chiave delle persone che poi imparano bene una lingua e parlano bene, cioè si divertono in primo luogo. Quella secondo me è la cosa più importante, l’ingrediente che non deve mancare. E comunque posso assicurarti che il tuo livello è davvero buono, quindi… quindi complimenti! E se anche voi come Anja volete mandarmi la vostra storia potete mandarmi un messaggio, mi raccontate come avete imparato l’italiano, mi potete raccontare come avete utilizzato e usate ancora adesso questo podcast. Mi farebbe molto piacere e quindi aspetto i vostri messaggi! Grazie ancora per l’ascolto, ci vediamo, ci sentiamo nel prossimo episodio!