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Quando è nata l’Italia?

Avanzato
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June 11, 2024

Note e risorse

In questo episodio di livello avanzato, esploriamo le radici dell'identità italiana, dalle antiche monete ai miti greci, fino alla nascita dello Stato unitario nel 1861.

Aperte le iscrizioni al corso "Dentro l'Italia, in italiano", il nuovo corso avanzato di Podcast Italiano: solo fino al 17 giugno. Iscriviti ora per avere accesso a numerosi bonus speciali.

Trascrizione

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Oggi parliamo di Italia. Beh, in un certo senso è quello che facciamo sempre, no? In questo episodio, però, vorrei esplorare il concetto stesso di Italia. Da quanto tempo si parla di Italia? Quando è nata l’Italia? Beh, come forse sapete, come Stato unitario l’Italia è giovane, più giovane degli Stati Uniti: esiste solo dal 1861, ossia da poco più di 160 anni, quando al termine delle guerre d’indipendenza il regno di Sardegna (che nonostante il nome era guidato dal Piemonte) unificò l’Italia in unico regno, diventato poi nel 1946 una repubblica. Forse sapete anche che, nei secoli prima dell’Unità, la penisola italiana è stata suddivisa in numerose entità politiche, in alcuni periodi anche dominate da potenze straniere. Ma, allora, esisteva già il concetto di Italia anche quando lo Stato italiano non esisteva ancora? O si è sviluppato solo 160 anni fa, quando l’Italia si è effettivamente unita politicamente? Parleremo di tutto questo partendo da una moneta.

Benvenuti su Podcast Italiano, in un nuovo episodio di livello avanzato. La trascrizione di questo episodio è disponibile gratuitamente sul mio sito web: ti lascio il link nelle note dell’episodio che puoi trovare nell’app dove mi stai ascoltando. Ah, se impari l’italiano, ti consiglio di visitare il mio sito: al suo interno troverai tutti i contenuti che ho creato dal 2016 ad oggi.

Prima di partire con l’episodio, ti voglio anticipare che sono riaperte le iscrizioni al mio corso Dentro l’Italia, in italiano, un videocorso di livello avanzato che ti permetterà di fare un salto di qualità nel tuo italiano mentre intraprendi un affascinante viaggio nella storia, cultura e società italiane recenti, scoprendo come l’Italia è diventata il paese che è oggi, così bello e ricco di contraddizioni allo stesso tempo. Il corso è una collaborazione con Marco Cappelli, storico, podcaster e scrittore, che tra l’altro ha anche scritto questo episodio, che stai per ascoltare, ed altri episodi a tema storico che magari hai già avuto modo di ascoltare qui su questo podcast, nonché alcuni video sul mio canale YouTube. Comunque, te ne parlo meglio tra poco.

Trascrizione interattiva dell'episodio, con il glossario delle parole difficili (consigliato).
Scarica la versione PDF della trascrizione

In molti musei del mondo potete trovare una curiosa moneta realizzata nel ****Primo secolo a.C., 2100 anni fa. Questa moneta fu coniata da una confederazione di popoli, di cui parleremo tra poco. Si tratta di una bella moneta d’argento, simile a quella che producevano gli antichi Romani, ma non è una moneta romana. Come ogni moneta antica e moderna, anche questa è un veicolo per comunicare dei messaggi politici, di appartenenza e identità di una nazione. Se volete vederla con i vostri occhi potete cercare su Google “moneta guerra sociale”. Comunque, adesso ve la descriverò a parole: su una faccia della moneta ci sono otto uomini che giurano mentre sacrificano un animale: presto vedremo qual è il loro significato; sull’altra faccia (ed è questo che c’interessa di più) si può vedere un’immagine che non può non emozionare qualunque italiano. Quello che vediamo sull’altra faccia della moneta è, infatti, il volto di una donna, con una corona di alloro in testa e la scritta “Italia” uguale a come si scrive oggi: questa parola, “Italia”, ha una potenza così forte che, in 2100 anni, non è mai cambiata. Tra l’altro, questa moneta è la prima prova materiale, cioè che non proviene da fonti antiche, dell’utilizzo del termine “Italia” per indicare la penisola italiana.

Da questo primo dettaglio, penso sia chiaro quanto antico sia il nome e il concetto di Italia, ma in realtà entrambi sono perfino più antichi di questa moneta vecchia di 2100 anni. Immaginate di fare un viaggio nel tempo e tornare nell’Italia di circa 2800 anni fa, quando Roma non era ancora nata. Arrivate in una penisola che esiste da un punto di vista geografico: le Alpi a Nord rappresentano una chiara barriera naturale che divide in maniera netta la penisola dal resto d’Europa; ma il concetto di Italia non esiste ancora, nel senso che nessuno ancora aveva dato un nome a questa terra. Esplorando la penisola da Nord a Sud, vi rendete conto che ci sono numerosi popoli che la abitano. Se doveste decidere chi sono gli abitanti più potenti e importanti di questa “proto-Italia”, beh, non avreste dubbi a scegliere gli Etruschi, che dominano quella che oggi è la Toscana, oltre a diversi territori nei dintorni, come l’Umbria, il Lazio settentrionale e un bel pezzo della Pianura Padana a Nord. Gli Etruschi sono un popolo molto misterioso, che parla una lingua che ci è ancora piuttosto oscura ma che è evidentemente non indoeuropea: insomma, non appartiene al grande gruppo linguistico che include tutte le lingue slave, germaniche, romanze, il greco, il persiano e la maggior parte delle lingue indiane. Da quanto possiamo ricostruire, tutte queste lingue sono discendenti di un’antica lingua, che i linguisti chiamano “proto-indoeuropeo”, che era parlata da un popolo nomade delle steppe euroasiatiche che, più di 3000 anni fa, finì per espandersi su un’area vastissima. Sia l’antico greco che il latino sono lontani discendenti di questi antichi conquistatori dell’Europa e dell’Asia, ma non l’etrusco. L’etrusco era una lingua parlata da popoli che vivevano in Europa prima dell’arrivo dei conquistatori indoeuropei. L’etrusco oggi non esiste più: ha smesso di essere parlato nel Primo secolo d.C. e tra poco capiremo perché. Ah, piccola parentesi: in Europa sopravvive una sola lingua che era già parlata prima della conquista dei popoli indoeuropei, ed è il basco, diffuso nel Nord della Spagna e Sud-Ovest della Francia. Ma comunque, attorno alle terre degli etruschi trovate una serie di popoli che parlano lingue che noi oggi definiamo “italiche”: in particolare l’osco, parlato dai Sanniti, un popolo che citeremo tra poco parlando dell’etimologia della parola “Italia”, ma anche l’umbro e, ovviamente, il latino, la lingua del Lazio che, come sapete, nel corso dei secoli si è trasformato nelle lingue romanze, tra cui l’italiano. I famosi sette colli di Roma non sono ancora popolati, ma facendo un salto in avanti di pochi decenni con la vostra macchina del tempo vi rendete conto che qualcuno ha già iniziato a costruire delle capanne sul colle Palatino, per poi inventarsi il mito di Romolo e Remo, che qualunque appassionato di Antica Roma conoscerà.

Più vi guardate intorno, più vi rendete conto che queste popolazioni non hanno molto in comune tra loro, e non sembrano aver neanche sviluppato un nome collettivo per chiamare questa penisola, stretta tra il Mar Tirreno a Ovest e il Mare Adriatico a Est.

Eppure, qualcuno prima o poi dovrà inventare un modo di chiamare questa terra! Forse un antico nome esisteva, ma non lo conosciamo. Perché, alla fine, a dare il nome a questa terra, non furono gli abitanti di 2800 anni fa. Viaggiate infatti verso Sud, verso le coste del Mar Ionio, e qui assistete ad un arrivo che cambierà la storia di questo angolo di mondo: dall’altro lato del mare, arrivano delle navi cariche di coloni, decisi a stabilirsi in questa terra. Si tratta di un popolo con una cultura molto più avanzata di quella degli autoctoni, e che presto colonizzerà un bel pezzo della penisola. Tra di loro si chiamano Helleni, ma gli indigeni gli daranno un altro nome: Greci.

Non so se avete mai visto l’emblema della Repubblica italiana, che potete trovare per esempio sui passaporti o sulle vecchie lire, la moneta che avevamo in Italia prima dell’Euro. Se volete, di nuovo, fate una ricerca su Google. Nell’emblema, ci sono due rami di foglia, uno di ulivo e uno di quercia, che circondano una ruota dentata, simbolo del lavoro. Al centro c’è una grande stella rossa, che viene chiamata Stella d’Italia. Per chi si ricorda i tempi dell’Unione Sovietica, beh, questo simbolo ha un che di comunista.

La Stella d’Italia, però, non è un simbolo della lotta operaia, bensì quello che si pensa essere il più antico simbolo dell’Italia, anch’esso di origine greca. La stella in questione per i Greci era Afrodite, Venere per i Romani (oggi sappiamo che è un pianeta, in realtà, Venere appunto), ma la chiamavano anche Hesperos, o in Italiano Espero, la stella della sera, perché era la prima ad apparire al tramonto.

Per i Greci, Espero, indicava anche l’Occidente, il luogo dove, dal loro punto di vista, tramontava il sole. E cosa c’è ad Ovest della Grecia? Beh, una terra verde e ricca, più vasta della madrepatria greca. Una terra che sarebbe stata un ottimo luogo per fondare nuove colonie, dove i Greci avrebbero portato la loro cultura, la loro intraprendenza commerciale e perfino la loro superiore tecnologia militare. Insomma, quella terra che oggi chiamiamo Italia.

Dunque, 2800 anni fa i Greci iniziarono a sbarcare nella terra di Esperia cioè l’Occidente, dal loro punto di vista. E allora voi, cari viaggiatori del tempo, che in quel momento vi trovate proprio lì, in Sud Italia, iniziate a vedere con i vostri occhi sbarcare migliaia di coloni speranzosi, provenienti dalle varie città greche, in piena espansione demografica ed economica. E vedete che fondano città come Napoli, Reggio Calabria, Taranto, Siracusa, Crotone, Messina, Agrigento, che diventano tra le più grandi e potenti del mondo greco.

I Greci non trovarono, come voi sapete bene, delle terre deserte: per fondare le loro città, dovettero combattere con gli “indigeni”. A nessuno piace essere colonizzato, vero? Molte delle colonie che fondarono in Esperia si trovavano nella moderna Calabria (la punta dello stivale, per intenderci) e qui abitava un popolo al quale i Greci diedero il nome di Oinotroi, o Enotri, che poi con il tempo si trasformò in Italioi. Come sempre quando si ha a che fare con i Greci, beh, questi hanno una leggenda per il nome: in questo caso, uno dei Re degli Enotri, secondo questa leggenda, si sarebbe chiamato Italo, da qui il termine “Italia”, la terra del popolo di Italo.

Leggende a parte, la vera origine del nome Italia non è del tutto chiara. Secondo una teoria sarebbe collegato al termine latino “vitulu(m)”, che potrebbe essere imparentato al termine di origine osca “viteliu”: ossia vitello; il vitello è il cucciolo della vacca, o mucca. L’Italia sarebbe dunque la terra dei vitelli. Curioso, vero? Forse è più bella la leggenda del Re Italo, no? Comunque, sta di fatto che già nel VI secolo a.C., circa 200 anni dopo l’inizio della colonizzazione greca, questo termine era passato dall’identificare solo la Calabria all’Intera Italia meridionale che i Greci avevano colonizzato, e che noi oggi chiamiamo “Magna Grecia”. Era un termine così comune che fu adottato dagli stessi Greci d’Italia. Per distinguersi dagli Elleni che vivevano ancora in madrepatria, o nel resto del Mediterraneo, questi Greci iniziarono a chiamare loro stessi “Italiotai”: Greci d’Italia, appunto, o “italioti”.

A quest’epoca, però, il termine “Italia” copriva un’area molto più piccola dell’attuale. Va detto, prima di tutto, che la Sicilia era considerata dai Greci come una terra separata dalla penisola; qui c’era, tra l’altro, quella che era forse la più grande città greca al di fuori di Atene: Siracusa.

L’Italia era dunque la parte più meridionale della penisola italiana, in sostanza il profondo Sud, l’area che più di ogni altra era stata colonizzata dai Greci. Per intendersi, i Romani, nel Lazio, non erano considerati italiani, né gli Etruschi più a Nord. L’Italia comprendeva, più o meno, il territorio delle moderne regioni della Puglia, della Basilicata, della Calabria e buona parte della Campania.

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Ricordate la stella Afrodite, ossia il pianeta Venere dei Romani e di noi moderni?  I Greci già nel VI secolo a.C. avevano inserito nella loro mitologia un collegamento forte tra Afrodite e l’Italia. Enea, figlio di Afrodite, sarebbe fuggito da Troia per tornare nella terra dei suoi lontani antenati, che era appunto l’Italia. Secoli dopo, i Romani svilupparono il mito secondo cui Enea aveva fondato la civiltà latina e, di conseguenza, anche Roma, che era una città fondata dalla latina Albalonga. E che dire di Giulio Cesare, che ****si riteneva discendente di Venere in persona, attraverso il figlio di Enea?

Ma torniamo all’Italia di 2500 anni fa, trecento anni dopo l’inizio della grande colonizzazione greca, e facciamo il punto della situazione. Da Nord vedete penetrare nella pianura padana, la moderna Italia settentrionale, dei popoli di lingua celtica, che parlavano quindi una lingua lontanamente imparentata con il moderno irlandese. Abbiamo quindi un vero caleidoscopio di lingue da Nord a Sud: celtiche a Nord, l’etrusco pre-indoeuropeo in Toscana e dintorni, lingue indoeuropee strettamente imparentate al centro (tra le quali il latino) e infine i Greci a Sud. E sto semplificando, visto che ce ne erano anche molte altre, come le lingue venete, liguri, o degli abitanti della Sicilia interna, che non hanno, tra l’altro, nulla a che vedere con il veneto, ligure o siciliano moderno (che sono invece lingue romanze e quindi indoeuropee).

Comunque sia, 2500 anni fa è l’epoca di massima gloria del mondo greco, ma nel frattempo, sentite parlare di una relativamente piccola città laziale che è diventata una repubblica, e ha cominciato, a quanto pare, a espandersi nei territori confinanti: pare che questa città si chiami “Roma”.

A partire dal IV secolo a.C., Roma iniziò a combattere contro i Sanniti, un popolo che abitava sugli Appenini, catena montuosa del centro Italia. Furono una serie di conflitti che durarono un secolo e che finirono per coinvolgere tutte le popolazioni della penisola: Sanniti, Greci, Etruschi, Romani, perfino i Celti (che i Romani chiamavano Galli). Nel corso di queste guerre, i Romani e i loro avversari iniziarono a considerare come un’unica zona geografica tutta la parte peninsulare dell’Italia, estendendo l’originale concetto greco di “Italia” verso Nord. Al III secolo a.C., quando Roma si impose su tutti i popoli della penisola, ormai “Italia” era diventata tutta la penisola a Sud di una linea che va dalla città di Rimini sul Mar Adriatico (quindi costa Est), alla città di Lucca sul Mar Tirreno (costa Ovest). Una volta costruita la sua supremazia su questa penisola, Roma costituì una sorta di confederazione con i popoli dell’Italia: non si impose come padrone assoluto, ma strinse una serie di accordi di alleanza con Greci, Sanniti, Etruschi e gli altri popoli della penisola. Gli alleati avrebbero fornito assistenza militare a Roma ma, per il resto, avrebbero potuto continuare a governarsi come preferivano.

All’epoca, però, per i Romani, le isole restavano qualcosa di diverso. Quando conquistarono Sicilia, Sardegna e Corsica dopo aver sconfitto Cartagine (non so se vi ricordate le lezioni di storia a scuola), i Romani le acquisirono come “Province”, come dominio diretto della città di Roma. Quanto al Nord Italia, i Romani non lo consideravano “Nord Italia” ma chiamavano quest’area “Gallia Cisalpina”, cioè “Gallia al di qua delle Alpi”, mentre la moderna Francia era la “Gallia transalpina”, la “Gallia al di là delle Alpi”. Insomma: Milano era in Gallia, non in Italia, ed era più simile, culturalmente, per i Romani, ai popoli della moderna Francia che a quelli dell’Italia.

Bene, ora siamo, e siete, cari viaggiatori del tempo, tornati all’epoca della moneta da cui siamo partiti. A questo punto assistete con i vostri occhi a un momento epocale, un passaggio fondamentale per la costruzione dell’identità italiana: una guerra poco conosciuta, perfino in Italia. Stiamo parlando della Guerra sociale, cioè la prima “guerra civile” all’interno della confederazione politica creata da Roma: fu una guerra che gli alleati italiani di Roma combatterono contro la madrepatria romana, colpevole di sfruttare l’alleanza solo ai suoi fini, arricchendosi a dismisura, lasciando solo le briciole agli alleati, opprimendoli e mettendoli sempre di più in una posizione politicamente periferica.

A differenza di un’altra famosa guerra civile più recente, quella americana, questa guerra non fu combattuta per separare un pezzo dell’Italia da Roma, ma, per certi versi, per fondere l’Italia con Roma: i ribelli, infatti, prima della guerra avevano chiesto a gran voce di ottenere la cittadinanza romana, ma questa era sempre stata rifiutata dai Romani.

L’anno è il 91 a.C., l’anno dell’inizio della guerra scaturita dall’alleanza di otto popoli dell’Italia centro-meridionale, contro Roma, tra i quali c’erano anche i Sanniti, che abbiamo menzionato prima. Da qui la moneta di cui abbiamo parlato, con otto persone che giurano e si congiungono tra loro, pronti a fare guerra contro Roma. La nuova confederazione prese il nome di “Italia”; la sua nuova capitale, la piccola città di Corfinium, oggi in Abruzzo, fu ribattezzata anch’essa “Italia” e ospitò un Senato degli italiani, contrapposto al Senato di Roma. Furono questi insorti a coniare la prima moneta italiana di cui abbiamo parlato. La cosa interessante è che gli insorti persero la guerra contro Roma, ma vinsero la pace, per così dire. Roma, dopo alcune sconfitte iniziali, riuscì a sconfiggere i rivoltosi, ma capì che non poteva far finta di nulla. Roma e Italia dovevano essere riunite, o ci sarebbe stata certamente una nuova guerra. Già nell’89 a.C., e progressivamente negli anni seguenti, la cittadinanza romana fu estesa a tutti gli abitanti dell’Italia peninsulare: finalmente, Sanniti, Greci d’Italia ed Etruschi divennero tutti cittadini romani. Avevano raggiunto il loro obiettivo.

Dopo questa guerra, vedete che le differenze culturali tra le varie parti dell’Italia si riducono rapidamente, come se, con la cittadinanza romana, gli abitanti dell’Italia avessero deciso di formare una vera comunità “nazionale”. L’etrusco e l’osco (la lingua dei Sanniti, da cui forse deriva il termine “Italia”) smettono di essere parlati di lì a poco. Questa ritrovata unità della penisola è espressa in un’altra bellissima moneta dell’epoca che vi capita sotto mano nei vostri viaggi dell’Italia romana. Questa moneta celebra la fine della guerra. Sul dritto trovate due teste viste lateralmente: Honos (l’Onore) e Virtus (la Virtù), l’uno simbolo di Roma, l’altra dell’Italia. Sul verso, Italia e Roma sono due donne che si stringono la mano, nella concordia. L’Italia porta la cornucopia, cioè un corno, simbolo di cibo e di abbondanza; Roma ha un piede sul globo, simbolo del potere sul mondo. Roma e Italia, unite, sono diventate una cosa sola.

Se volete una data di nascita dell’identità italiana, potrebbe essere questa: 88 a.C, ovvero circa 2100 anni fa. L’anno in cui i Romani e un’alleanza di popoli italici fecero la pace dopo tre anni di guerra.

Da allora, l’Italia è tornata a dividersi politicamente, ma non si è mai più davvero divisa culturalmente. I decenni seguenti alla guerra sociale furono i più turbolenti della storia romana, ma portarono anche ad un’espansione del concetto di “Italia”. La Gallia Cisalpina, moderno Nord Italia, era stata conquistata dai Romani già nel II secolo a.C, quindi prima delle guerre civili. Centocinquanta anni dopo, sotto Cesare, la pianura padana divenne Italia e fu incorporata nel resto dell’Italia. Con Augusto si arriva alla riorganizzazione dell’Italia: il resto dell’Impero romano è diviso in province governate da governatori, decisi dal Senato o dall’Imperatore, ma l’Italia no; l’Italia di Augusto ha molta più autonomia, non paga le tasse e costituisce il vero cuore dell’Impero. Augusto riorganizza l’Italia in undici regioni. Se cercate una mappa su Google delle regioni di Augusto, vedrete che non sono così diverse dalle moderne regioni italiane. Come potete però notare, la Sardegna, la Corsica e la Sicilia continuano a non essere considerate parte dell’Italia, e infatti sono delle Province. I confini dell’Italia si estenderanno ancora con l’Imperatore Diocleziano, che visse tre secoli dopo Augusto e che riorganizzò a fondo la mappa politica dell’Impero. È con Diocleziano che le grandi isole, Sardegna, Sicilia e Corsica, entrano a far parte dell’Italia. Diocleziano divide l’Italia in province, più piccole delle vecchie regioni, e crea due gruppi di province: di fatto, l’Italia del Nord e l’Italia peninsulare, di fatto, l’Italia del centro-Sud.

Per il resto della vita dell’Impero romano, dunque, l’Italia è sempre stata considerata una parte distinta dal resto dell’Impero, con una sua cultura e un’identità geografica. Quando pensiamo quindi a “Roma”, non dimentichiamoci che l’Italia già esisteva come concetto culturale. E infatti, quando l’Impero romano d’occidente iniziò a disintegrarsi, l’Italia riemerse come divisione politica: in sostanza, si formò un vero e proprio regno basato in Italia con capitale a Ravenna, l’ultima capitale dell’Impero romano d’Occidente.

Riassumere il resto della storia italiana è impossibile, ma qui sul podcast e sul canale YouTube, io e Marco Cappelli abbiamo parlato di vari momenti della storia italiana. Vi lascio alcuni link nelle note dell’episodio se v’interessa approfondire questi argomenti. Basti dire che l’arrivo dei Longobardi nel 568 divise questa unità politica, che poi si frammentò sempre di più nei secoli seguenti. L’Italia non ritroverà l’unità politica fino al XIX secolo, ovvero quando nacque il regno d’Italia nel 1861.

Eppure, in tutti questi lunghi secoli di storia, non fu mai perso il concetto di unitarietà dell’Italia all’interno dei confini di Diocleziano. Ci furono più regni che presero il nome di “Regno d’Italia”, anche senza estendersi a tutta la penisola. Per i Bizantini a Costantinopoli, o i Franchi di Carlo Magno, non ci fu mai dubbio che quella terra era Italia.

La galassia di città italiane tendeva a muoversi all’unisono, con tendenze comuni: se qualcuno fondava un’università, anche tutte le altre volevano farlo; se si iniziava a costruire una nuova grande cattedrale a Modena, tutte le altre città italiane ne volevano una; se si creavano dei sistemi di governo locali, detti comuni, anche le altre città si dotavano di un governo simile. Quando questa forma di governo passerà di moda, per essere sostituita da dittature militari, tutti i comuni diverranno signorie. Se v’interessa saperne di più su che cosa rende la storia italiana unica, io e Marco abbiamo fatto un video YouTube (anche questo nelle note dell’episodio) dove approfondiamo questo discorso. Potremmo dire che è proprio questa disunione e questa rivalità e voglia di competere che avevano i vari comuni, ducati e signorie italiane, che, in un certo senso, ha reso l’Italia così bella: ogni entità politica era un piccolo stato che voleva mostrare di essere migliore degli altri.

Di questo parliamo in Dentro l’Italia, in italiano. Uno dei capitoli del corso si chiama infatti “Perché l’Italia ha così tanta arte?”. Sì, perché l’Italia ha un primato incredibile, ovvero il maggior numero di siti patrimonio UNESCO, il 5% di tutti, pur occupando solamente lo 0,2% delle terre emerse del pianeta. Ciò non si spiega soltanto con l’intrinseca bellezza naturale dell’Italia, perché i beni naturali patrimonio UNESCO sono solo una piccola parte del totale: la maggior parte sono infatti beni culturali, ovvero opere dell’ingegno umano. La spiegazione che diamo nell’episodio è proprio questa: la lunga disunione politica ha portato a una competizione tra entità politiche che ha contribuito alla fioritura delle meraviglie artistiche e architettoniche che oggi milioni di turisti ogni anno vengono ad ammirare.

Questo è solo uno dei 14 temi storici, sociali e culturali che trattiamo nel corso. Per esempio, parliamo del miracolo economico, il periodo successivo alla seconda guerra mondiale in cui l’Italia è uscita dalla povertà ed è, per molti aspetti, diventata il paese moderno che è oggi. C’è poi un episodio in cui discutiamo il ruolo della Chiesa cattolica in Italia, uno in cui parliamo della controversa ed emblematica figura di Silvio Berlusconi, che ha segnato un’intera stagione politica in Italia. Vedremo poi come mai l’Italia non produce solo pasta e vino, anzi; e a proposito di cucina, vedremo perché la cucina italiana (di altissima qualità, per carità) secondo gli studiosi non ha le origini antiche che noi italiani andiamo raccontando, sia a noi stessi che agli stranieri, ma è molto più recente. E poi parleremo di argomenti più leggeri come Cinema e Letteratura, ma anche di pagine tristi della storia italiana, come la guerra tra mafia siciliana e Stato italiano e le cause del profondo divario tra Nord e Sud del Paese. Come vedi, insomma, cerchiamo di andare al di là dell’immagine tipica dell’Italia che si mostra di solito agli studenti di italiano, scoprendo sia il bello che il brutto del nostro paese e, soprattutto, rompendo o analizzando in profondità alcuni stereotipi sull’Italia diffusi in tutto il mondo.

Se questo episodio ti sta piacendo (nonché la serie di episodi sul Fascismo, se l’hai ascoltata), credo proprio che adorerai il corso, che è molto simile ma ha in più l’elemento video; inoltre, si focalizza sugli ultimi due secoli, in particolare sul Novecento, contrariamente a questo episodio.

Ma Dentro l’Italia, in italiano non è solo contenuti interessanti: è un vero e proprio corso di lingua, con approfondimenti grammaticali, lessicali, esercizi, flashcards, una comunità di studenti a cui potrai partecipare e altri bonus. Le iscrizioni sono aperte fino al 17 giugno 2024. E acquistando entro questa data avrai anche diritto a numerosi bonus a tempo limitato, nonché a uno sconto speciale. Visita il link nelle note di questo episodio, a cui avrai accesso dalla tua app di podcast: ti manderà a una pagina dove potrai esplorare la lista completa dei materiali e dei temi del corso e troverai tutti i dettagli di cui hai bisogno. Prendi un impegno con te stesso o con te stessa, e vieni con noi in un viaggio alla scoperta della vera Italia.

Quando divenne chiaro che non si poteva più usare solo il latino come lingua scritta dell’Italia, tutti gli italiani andarono alla ricerca di una lingua “volgare” (noi diremmo “moderna”) da utilizzare come lingua scritta. Dopo un primo tentativo con il Siciliano della corte di Federico II nel Duecento, la lingua scelta dai letterati italiani fu quella nella quale scrissero i grandi autori fiorentini del Trecento: Dante, Petrarca e Boccaccio. Da allora, si formò una lingua letteraria che non era parlata al di fuori della Toscana e di Roma, ma che era certamente utilizzata per scrivere un po’ in tutta Italia e che nel Cinquecento iniziò a essere chiamata “lingua italiana”. L’italiano di oggi non è così diverso da quella lingua.

Dopo la caduta di Napoleone, nel 1815, l’Italia tornò sotto il tallone dei suoi antichi dominatori: l’Impero austriaco. Le classi dirigenti italiane trovarono questo stato di cose intollerabile: dopo secoli di dominazione spagnola, austriaca e francese, iniziò un movimento di riscossa “nazionale” che in Italia è conosciuto come “Risorgimento”, è un processo che accomuna l’Italia ad altri paesi europei in cerca di una casa nazionale, come la Germania, la Grecia, la Polonia e molti altri.

L’Italia era stata divisa politicamente per secoli, gli intellettuali del XIX secolo dovettero quindi andare a caccia degli elementi che avevano tenuto assieme i fili dell’identità italiana attraverso i quindici secoli di storia non unitaria. Il Risorgimento, nel XIX secolo, dovette ovviamente provare a smussare le differenze grandi e piccole che si erano accumulate nella storia italiana. Per farlo, recuperò degli antichi simboli dell’Italia, come la stella di Venere del nostro emblema. Ma non fu un’opera basata sul nulla. Il grande statista Metternich sostenne che l’Italia non esisteva, era solo un’espressione geografica per intendere un’area dell’Europa. Non sono d’accordo: io sono dell’idea che il concetto di Italia esiste da più di duemila anni, e continuerebbe ad esistere anche se il moderno stato italiano si dissolvesse di nuovo in più stati.

Alla fine, grazie all’alleanza con la Francia di Napoleone III, il Regno di Sardegna che, come dicevamo all’inizio dell’episodio, era però più Piemonte che Sardegna, riuscì a battere gli austriaci e a riunificare buona parte del Centro-Nord. Era il 1859. L’anno seguente, il 1860, Garibaldi partì con una spedizione di mille volontari e riuscì nell’incredibile impresa di battere un grande esercito organizzato, conquistando il Sud Italia e poi unendolo al Nord: il 19 marzo del 1861 fu proclamato il “Regno d’Italia”. Non tutta la penisola era però unita: Venezia fu riconquistata solo nel 1866, cinque anni dopo, dopo che Italia e Prussia riuscirono a sconfiggere di nuovo gli austriaci (più la Prussia di Bismarck che l’Italia, a dire la verità). Quattro anni dopo, la nuova Italia riuscì a mettere fine al millennario stato della Chiesa, conquistando Roma. Se il Risorgimento può interessarvi, può essere l’argomento di un futuro episodio, perchè qui, ovviamente, lo abbiamo riassunto in poche righe. Magari lasciatemi un commento, potete farlo se mi state ascoltando su Spotify, o potete scrivermi su Instagram, oppure via mail.

Comunque, oggi va di moda dire che gli italiani sono molto diversi tra loro, ed è vero, non è falso; ma spesso gli italiani sopravvalutano le loro differenze regionali. Millecinquecento anni di storia politica divisa non hanno intaccato mai la loro unitarietà culturale di fondo. Se volete vorrei fare l’esempio di due regioni geografiche d’Europa che potremmo definire simili: le isole britanniche e la penisola iberica. Queste regioni hanno al loro interno delle differenze culturali, linguistiche e nazionali molto più forti di quelle che ci sono in Italia: nelle isole britanniche non si è mai attenuata la differenza tra i celti in Irlanda, Galles e Scozia e gli anglo-sassoni inglesi. E non si può dire che l’Inghilterra è anglosassone e l’Irlanda celtica: era celtico anche il Nord Italia. In Iberia, nonostante secoli di storia comune, oggi esistono due stati, Spagna e Portogallo, e all’interno della Spagna ci sono molte identità nazionali e comunità linguistiche, dai baschi ai catalani. Le isole britanniche e l’Iberia, pur avendo avuto storie unitarie più lunghe dell’Italia, sono oggi più frammentate culturalmente di quanto lo sia l’Italia. Il punto è che l’Italia è stata unificata dalla conquista romana, e nessuna divisione politica è riuscita a disfare quell’unione: l’Italia, uno dei più giovani stati nazionali d’Europa, ben più giovane anche degli Stati Uniti, in realtà è una comunità culturale, qualcuno direbbe nazionale, molto antica. L’Italia è nata dall’unione tra i popoli dell’Italia, che si ribellarono a Roma per diventare romani, e Roma stessa, la città che si fece patria di un’intera penisola.

E questo è tutto, spero l’episodio ti sia piaciuto. Se è così, penso proprio che adorerai Dentro l’Italia, in italiano: le iscrizioni chiudono il 17 giugno. Visita il link nelle note dell’episodio per più informazioni, e io ti saluto… alla prossima!

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