Cantare in un coro (con mia madre!)
Note e risorse
Trascrizione
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Ciao a tutti e benvenuti su Podcast Italiano, in un nuovo episodio di livello avanzato. Ho l’onore per la prima volta di presentarvi mia madre, che vi racconterà la sua lunga esperienza di cantante in un coro. Come al solito, su podcastitaliano.com troverete la trascrizione dell’episodio con la traduzione in inglese delle parole più difficili.
Buon ascolto!
Fin da piccola i miei (i miei genitori) mi dicevano che avevo una voce squillante (sharp, high-pitched voice). Muovevo appena i primi passi e già il macellaio di quartiere mi aveva soprannominato “la Callas” (famosa cantante lirica degli anni ’50-’60). All’asilo (in kindergarten) una delle suore (nuns) mi aveva notata come “la bambina che cantava con la voce fine” e così fui selezionata per partecipare al coretto dello spettacolo in onore dell’ispettore scolastico (school inspector), una figura importante all’interno della scuola. Alle scuole elementari non passava intervallo senza che cantassi (not a day went by that I didn’t sing) con le compagne i più recenti successi dello Zecchino d’oro (competizione canora italiana per bambini). Fu così che, visto il mio interesse per la musica e avendo un pianoforte in casa appartenuto a mia madrina (godmother), i miei genitori all’età di 9 anni mi fecero andare a lezione di pianoforte. Caso volle (as luck would have it) che la maestra di musica, oltre che pianista era pure, e soprattutto, cantante. Verso i 15 anni mi propose di cantare a prima vista (sight sing = cantare leggendo lo spartito [sheet music] senza preparazione) con lei un duetto dallo Stabat Mater di Pergolesi con lei, autore italiano del ‘700. Mi fece i complimenti! Da quel momento ripresi a cantare e non ho più smesso, salvo qualche periodo di interruzione.
Verso i 18 anni vengo coinvolta nel coro parrocchiale (church choir) della Messa delle 10 della mia parrocchia (parish), e in breve tempo passo a dirigerlo. E così conosco una ragazza che da lì a poco entrerà a far parte di un vero coro polifonico e vi trascinerà (“dragged” me into it) anche me! Mi si apre un mondo: quello della musica polifonica dal ‘500 agli autori contemporanei. Sono inserita nella sezione dei soprani 2, che, nel caso di pezzi a 5 voci, cantano note leggermente più basse rispetto ai soprani 1; per chi non sia esperto di musica corale, le altre tipiche sezioni di un coro polifonico comprendono i contralti ( voce femminile più bassa ), i tenori e i bassi (voci maschili rispettivamente più alta e più bassa).
Cantare in un coro è estremamente educativo: bisogna armonizzare la propria voce con le altre, non comportarsi da solisti, seguire attentamente le indicazioni del direttore, studiare a casa la propria parte quando richiesto, partecipare assiduamente (regularly) alle prove (rehearsal). E poi ci sono i concerti, in cui ci si mette alla prova, e lo spirito di gruppo acquisito con l’esercizio, unito all’abilità del direttore, ne determina in buona parte il successo (determines its success to a large extent).
Ma la sensazione più appagante (fulfilling) è sentire la propria voce sovrapposta armonicamente alle altre che eseguono parti differenti: per un corista alle prime armi (who is a beginner) l’effetto può essere insieme sconvolgente (shocking) (perché il rischio di confondersi e sbagliare è più che mai in agguato [lurking]) ed esaltante (perché se le note sono giuste il risultato di insieme (overall result) che ne deriva è stupefacente). Con l’esperienza il corista impara a prestare attenzione non solo alla propria voce ma anche a quelle altrui (other people’s), specialmente se cantano parti diverse: in questo modo la sua voce si immerge nell’armonia complessiva, le sue note non sono più isolate ma acquistano un senso in quanto unite ad altre note, il suo respiro si adegua al respiro altrui perché, come qualcuno sostiene, ” il respiro è già canto”.
Insomma, un’esperienza appagante valida per tutte le età, i livelli e generi musicali: se già cantate in un coro raccontate le vostre esperienze; altrimenti fateci un pensierino! (give it a thought)
Il pezzo in chiusura che avete sentito si chiama “Il bianco e dolce cigno” di Jacques Arcadelt ed è eseguito dall’Accademia corale Guido d’Arezzo, il coro dove canta mia madre. Se volete potete vederlo anche in versione video su YouTube. Vi lascio il link nella pagina dell’episodio sul sito. Ringrazio mia madre per la partecipazione e vi chiedo per favore di lasciare una recensione su Apple Podcasts se vi è piaciuto questo episodio. In questo modo altre persone scopriranno Podcast Italiano. In alternativa, potete fare quello che ho sentito da qualche parte, ovvero raccontare ad almeno una persona che impara l’italiano (se conoscete almeno una persona di questo tipo) dell’esistenza di Podcast Italiano. Almeno una. Questo mi aiuterebbe più di quanto immaginiate perché il passaparola (word of mouth) è molto, molto efficace. Grazie ancora e a presto!