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Vladimir Skultety. Lingua e personalità, choc culturali, apprendimento scolastico e molto altro!

Interviste
#
13

April 22, 2018

Note e risorse

Trascription

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Ciao a tutti, ecco a voi la seconda parte dell’intervista a Vladimir Skultety. Se non avete ascoltato la prima parte e non sapete di chi sto parlando, Vladimir è un poliglotta slovacco che conosce la bellezza di 19 lingue. Benissimo, peraltro. L’italiano, come potrete notare, lo parla molto molto bene ed oltre a questo ha molte cose interessanti da raccontare. Abbiamo parlato di lingue e personalità, shock culturali, accenti quasi perfetti e tanto altro. Ascoltate la prima parte prima di questa, se non lo avete ancora fatto. Vi ricordo che siamo su instagram su podcast_italiano e su YouTube. E ora, torniamo alla nostra chiacchierata. Buon ascolto!
D. Se qualcuno ti dice: “ma Vlad, è inutile imparare altre lingue. Se sai l’inglese non serve”, che cosa gli dici?
V. Ma da un certo punto di vista ha ragione ma dipende da tantissimi fattori. Quindi, se lavori in un ambiente dove tutti parlano inglese o ti capiscono se lavori in un campo dove esprimersi ed essere capito esattamente così come vuoi essere capito non è così importante. Cioè voglio dire, ad esempio sei un businessman (in italiano: imprenditore, uomo d’affari) – ti bastano soltanto i numeri 10, 15, 100.000. Lì certo, l’inglese ti basta. Ma se ad esempio devi lavorare in Albania perché, non so, ti sei sposato, nessuno, veramente nessuno parla inglese, allora sì, devi imparare l’albanese. È logico. Quindi dipende da tantissimi fattori ma è anche vero che in tantissime circostanze l’inglese è assolutamente sufficiente.

D. Se potessi con uno schiocco delle dita imparare tutte le 6-7000 lingue del mondo, lo faresti? Accetteresti? O preferisci impararle tu?
V. Perché no? perché no. Il processo d’apprendimento di una lingua secondo me è soltanto un ostacolo tra me quando non parlo la lingua e me quando la parlo. È soltanto un ostacolo, a me non piace imparare le lingue, a me piace parlare le lingue. E quindi sì, perché no? 7000 lingue.. buono!
D. Quindi per te il processo in sé non è una cosa piacevole?

V. No, non tanto.
D. Questo è interessante, perché molti dicono che è importante che il processo sia… [interessante].
V. Certo, cerco di renderlo interessante e piacevole, ma come ho detto è soltanto un ostacolo, qualcosa come un male che deve essere accettato.
D. Conoscere 19 lingue ti ha cambiato in qualche modo, nel senso, come vedi il mondo? Perché c’è questo dibattito sul fatto che alcune persone dicono che una lingua ti fa vedere il mondo in un modo diverso, alcuni dicono “no, in realtà sei fondamentalmente la stessa persona che semplicemente usa un codice diverso. A me interessa sentire la tua risposta, perché tu hai vissuto anche a Taiwan dove penso che la mentalità sia completamente diversa da quella europea in cui sei cresciuto. Cosa ne pensi?”
V. Prima ero dell’opinione (meglio: dell’avviso) che con ogni lingua si cambia un po’. Però più conosco il mondo delle lingue, più sono sono su questa terra come uomo, più penso che la lingua è soltanto un mezzo di comunicazione. Anche se è molto diversa dalla lingua che bella lingua che già parli e viene da una cultura che è anche molto molto diversa come il cinese ad esempio. Se veramente parli la lingua bene il tuo personaggio (Vlad intendeva “il carattere” o “la personalità”) non cambia. Cioè tu hai un personaggio (vedi sopra) che rimane lo stesso, usi soltanto un altro mezzo di comunicazione per trasmetterlo, per comunicarlo. Perché penso che sia così? Parlando con le persone che sono assolutamente bilingue vedo che se parliamo in ungherese o se parliamo in slovacco è la stessa persona, con lo stesso personaggio (vedi sopra). Quindi secondo me se parli la lingua veramente veramente bene il personaggio (vedi sopra) non cambia, magari un pochino qui e là ma non è come se fosse un personaggio (vedi sopra) completamente diverso. Se è così hai fatto qualcosa di sbagliato secondo me, ma questo soltanto la mia opinione personale.

V. Come ti sei trovato in Asia, dato che hai vissuto, come dicevi, a Taiwan. Non so quanti anni, diversi anni immagino. 5 anni? Come ti sei integrato nella società? Avevi amici?
T. Sì, allora.. Taiwan ed io abbiamo un rapporto molto complicato. Da un lato mi è piaciuto molto perché sono cresciuto come persona, sono sono cresciuto come Vladimir. Ma dall’altro lato (questi) 5 anni erano (sono stati) i 5 anni più difficili della mia vita, perché la cultura è veramente molto molto differente Se sei uno come me che vorrebbe imparare la lingua locale come la parlano lì..- io ho dovuto completamente cambiare il mio atteggiamento e anche il personaggio (vedi sopra) da un certo punto di vista. Fare qualcosa di questo tipo è molto molto pericoloso perché sai, se cambi il tuo atteggiamento un po’, se cambi i tuoi, non so, magari valori anche, per capire la gente un po’ meglio e parlare la lingua un po’ meglio, dopo un po’ di tempo ti non ti ricordi più che l’hai fatto apposta. Semplicemente dimentichi che l’avevi fatto apposta e sei veramente cambiato, sei un uomo nuovo e questa è una cosa molto pericolosa. Quindi è soltanto un dettaglio di centinaia di dettagli che potrei spiegarti e di cui potrei raccontarti. Taiwan è un’isola molto molto isolata, culturalmente, politicamente, dal punto di vista della lingua. Conosco soltanto Taiwan, i taiwanesi. È molto difficile vivere in un ambiente così, soprattutto se hai una mente più aperta. L’aria non si può respirare così, come ad esempio, qui in Europa. C’è veramente tantissima gente, quindi hai una strana sensazione di essere sotto pressione tutto il tempo, di essere osservato, tutti ti guardano perché sei l’unico bianco, sei più alto del resto (meglio: degli altri). Io, come ti ho detto, non mi piace essere nel mezzo dell’attenzione (meglio: al centro dell’attenzione, quindi non mi sono trovato molto bene. Io ero veramente in un ambiente mandarino. Parlavo mandarino dal mattino alla sera, tutti i miei amici o la maggior parte dei miei amici erano taiwanesi, la mia fidanzata era taiwanese e ho lavorato in un’azienda taiwanese. Ho fatto del mio meglio per integrarmi nella società ma è stato molto molto difficile e dopo 5 anni, quando mi sono tornato a casa ero come “brain dead”. Non so come spiegare.

D. Esaurito, senza più energie mentali.

V. Anche di più, era una sensazione stranissima. Avevo uno choc culturale, (del tipo) sono tornato a casa e all’improvviso non c’era nessuno per la strada. Non era vero, era soltanto un’illusione paragonato..
D. Un apocalissi zombie aveva colpito la città. (come se […] avesse…)

V. Esatto, esatto. Pensavo che ci fosse.. come si dice “famine”?

D. Una carestia.
V. Una carestia o qualcosa del genere. Dove sono andati tutti?

D. Dove sono spariti? [ride]
V. Sì [ride]. È stata un’esperienza molto pesante ma ho sopravvissuto quindi sono qua e continuiamo, andiamo avanti.
D. Che cosa rappresenta la Slovacchia e lo slovacco per te? Perché questa è una cosa che mi interessa molto e (la) chiedo sempre ai poliglotti. C’è qualche differenza, parlando proprio della lingua, tra lo slovacco e tutte le altre lingue che hai imparato e magari parli benissimo? A livello emotivo, a livello primitivo?
V. Interessante sentire questa domanda perché anche se io sono sono nato in Slovacchia ma sono andato in un asilo ungherese, poi una gran parte della mia gioventù, posso dire così?
D. Dell’infanzia.
V. Dell’infanzia, sì ho passato (l’ho passata) negli Stati Uniti. Poi ho visto anche altri paesi quando ero ancora abbastanza giovane. La Slovacchia non è nel mio cuore come (lo) sarebbe se io fossi cresciuto soltanto in un posto senza muovermi così tanto. Nonostante che sia un paese abbastanza piccolo.. ma magari è esattamente per questo che ci sono tantissime tantissime culture locali, regionali, quindi nel nord sono più vicini ai polacchi, nell’oriente sono più vicini agli Ucraini. Ucràini?
D. Sì, qualcuno dice Ucràini, qualcuno Ucraìni.
V. Ucraìni. Poi nel sud dove sono io siamo più vicini agli ungheresi. Io non sono molto legato alla Slovacchia come paese e neanche alla Ungheria, (il) che è molto interessante. Se sono legato a qualcosa è la mia città natale. Qui direi che è (c’è) una sub-cultura locale, perché siamo veramente vicini, siamo a 20 chilometri dalla frontiera (più comune “confine”. Con “frontiera” di solito si intende la dogana, dove vengono effettuati controlli) con l’Ungheria e soltanto 70 chilometri dalla frontiera con l’Ucraina ed è una città abbastanza grande, con una bella storia. Quindi esiste una certa sub-cultura qua, abbiamo un dialetto che usiamo e sono più legato a questa città che alla Slovacchia. Quindi se parlo nel mio dialetto – e non è neanche un dialetto forte, soltanto un accento con parole dell’ungherese e del gitano qua e là – magari qualche suffisso cambia, ma non è veramente un dialetto diverso. Quando parlo questa lingua mi sento veramente a casa, a casa mia.
D. Interessante. Quindi se qualcuno ti urta mentre cammini per la strada e..- non sto parlando della Slovacchia, mettiamo che sei a Taiwan o in un altro paese – ti viene da imprecare in slovacco, nel tuo dialetto?
V. Mah! È interessante. ‘urtare’ in che senso? Vuol dire che..
D. Nel senso che [qualcuno] ti colpisce per sbaglio e non ti chiede scusa.
V. Secondo me questo è interessante, due anni fa una studentessa universitaria ha fatto una ricerca su questo tema, tipo, che lingua usi per contare, che lingua usi quando stai usando le parolacce, ecc. IO ci ho pensato un po’ e poi ho risposto dicendo che dipende da quale lingua stai usando quotidianamente e che lingua stai usando più spesso nella vita quotidiana. Quindi anche se lo slovacco è la mia lingua nativa insieme all’ungherese, e in un certo senso anche l’inglese, se uso il cinese ogni giorno, tutti i giorni (l’ho già fatto per 10 mesi) allora è ovvio che sto contando (corretto: conto) in cinese, sto usando (uso) parolacce in cinese. Quindi secondo me È soltanto una questione di pratica.
D. Interessante. Ti faccio questa domanda (che mi piace fare) perché Luca lampariello, che conosci molto bene, diceva che lui indipendentemente dal paese in cui si trova, se succede una situazione simile (qualcuno lo urta o qualcuno gli pesta un piede) la cosa che gli esce automaticamente non è nemmeno in italiano ma in romanesco, e la sua frase è “ma che sta affà?” (che cosa stai facendo). Quindi mi interessava sapere se c’era un legame emotivo speciale. Però secondo te nel tuo caso è una questione di…
V. Non lo so. Nel mio caso è una questione di pratica.
D. Che cos’è più importante per te nella vita?
V. Più importante.. la salute.
D. La salute. Cosa contribuisce secondo te all’accento di una persona? perché tu sei un esempio di una persona che ha un ottimo accento in tutte le lingue – poi io non conosco tutte le lingue, ma basandomi su quelle che conosco tra quelleo che parli direi che probabilmente hai un accento ottimo in tutte. Perché ci sono alcune persone che parlano conoscono perfettamente una lingua, conoscono perfettamente la.. magari sono esperti, russisti, ispanisti, conoscono alla perfezione una lingua, una letteratura e poi hanno un accento decisamente forte. Ed è strano perché hanno dedicato una vita a quella lingua. Secondo te è una questione, non so, di talento in quel caso? Una questione di orecchio o cos’è importante?
V. Tutte e due. Orecchio, talento. Imitare un accento per te deve essere un piacere. Il suono che esce dalla tua bocca deve sentirsi bene (un po’ strano in italiano, io direi “deve avere un suono piacevole”). Non so come spiegarlo. Ma quando sto parlando, ad esempio, inglese e sento che l’inglese è un inglese 100% americano la sensazione è molto gradevole.
D. Capisco, perché anch’io ho la stessa identica sensazione.

V. Secondo me il tuo accento russo è magnifico, sensazionale, quindi tu sai molto bene di che cosa sto parlando. Sì, deve essere qualcosa che.. deve essere rilassato. Naturalmente ci sono tantissime cose di cui magari adesso non c’è neanche tempo di parlare ma direi che in teoria c’è una cosa che si chiama talento per le lingue, per l’accento e anche un orecchio per le lingue. Io ad esempio sto suonando la chitarra da 14 anni e non conosco la notazione musicale. Se mi mostri la notazione non so cos’è.

D. Sì, questo è interessante, perché anche per me è la stessa cosa. Io suono il pianoforte e anche io ho sempre preferito suonare ad orecchio, non mi è mai piaciuto leggere la musica ed è sempre stato il mio punto debole, quindi probabilmente c’è un legame.
V. Poi osservando le persone che secondo me hanno un accento bello, diciamo ottimo nelle lingue che parlano, di solito sono “estroverti”? Si chiamano così?
D. [persone] estroverse.

V. Estroverse. Quindi ti deve piacere parlare, ti deve piacere la comunicazione ti deve piacere giocare i ruoli (forse Vlad intendeva “interpretare degli ruoli”, nel senso di imitare gli accenti di altre persone). Quindi sì, sono tantissimi fattori che lo influenzano, ma soprattutto talento e orecchio, direi io. Magari poi il talento è un concetto molto vago, perché poi alla fine il talento può essere soltanto un gruppo di predisposizioni, che poi a noi sembrano essere un talento. Però nonostante questo io penso che il talento reale o ce l’hai o non ce l’hai. Quindi io non sarei mai in grado di nuotare come “Micheal Phelps”, anche se nuotassi ogni giorno, non so, otto ore. Non sarei mai in grado di nuotare così. Perché lui è portato per lo sport della natazione (in italiano lo sport si chiama “nuoto”, natazione si usa in contesti particolari) e io no.
D. Mi sembra di ricordare che anche tu hai studiato lingue in un ambiente scolastico o accademico, lo spagnolo forse?
V. Cinese e poi spagnolo, russo e basta.
D. E cosa ne pensi? Perché diciamo che [l’insegnamento delle lingue in un ambiente accademico] è abbastanza criticato da tutti i fronti della comunità di poliglotti, sei d’accordo? Pensi che ci sia comunque qualcosa di positivo nell’insegnamento più, così, accademico, tradizionale, delle lingue o è tutto sbagliato? Non lo so.. guarda, sicuramente ci sono persone a cui piace molto studiare in un ambiente scolastico. Conosco persone che sono veramente appassionate per prendere appunti (io direi: appassionate della presa degli appunti). Cioè loro veramente non vedono l’ora di comprare un notebook (quaderno) per poter scrivere gli appunti in questo notebook. Per loro questo è un certo tipo di trigger, per creare una condizione della mente dove la mente è preparata ad accettare (meglio: ricevere, assorbire) la lingua meglio. Nel mio caso, no. Tutte le lingue che ho imparato ed ho cercato di pagare all’università non le ho imparate. Cinese: un fracasso (in italiano “fracasso” ha il significato di “forte rumore”, “chiasso”. Diremmo “disastro”). Io ho studiato cinese all’università a Praga per due anni ma non ho imparato tanto. Poi anche tenere in conto che il cinese è una lingua molto molto difficile, quindi di 2 anni all’università indipendentemente da come lo vedi non bastano. Però poi ho anche studiato lo spagnolo all’università e il russo ed era un fracasso lo stesso (corretto: ed è stato un disastro alla stessa maniera). Quindi no, per me non va bene. Penso che non c’è tanto che si può fare a questo riguardo, sai? Perché di solito all’università ci sono veramente tanti studenti in una classe. Diciamo.. non so, perlomeno 10 e già è troppo. Perché L’insegnante è soltanto uno e il tempo non basta per dedicarsi a ognuno di questi studenti. Quindi non penso che ci si può (possa) fare tanto. Poi una cosa che per me era devastante era che visto che dovevo imparare la lingua a scuola per me è diventato come qualsiasi altra materia, come, non so, biologia o storia o matematica. Quindi con tutte le negatività (meglio: gli aspetti negativi), come “homework” (i compiti), ecc. Quindi io all’improvviso dovevo studiare la lingua anche quando non avevo tempo, non volevo, ecc. e quindi ho sviluppato questo atteggiamento abbastanza negativo e passivo.

D. Una repulsione.

V. Una repulsione, sì, verso il cinese. Quindi perlomeno per me studiare in un ambiente scolastico non è andato molto bene. A parte un esempio, te lo faccio molto velocemente. Quando ero a Forlì studiando (meglio: “e studiavo” o “che studiavo”) relazioni internazionali avevamo la possibilità di frequentare i corsi di italiano ed era l’unico corso – e se mi ascolta adesso qualcuno che sta insegnando italiano a Forlì, siete veramente molto molto bravi). Abbiamo avuto soltanto 20 lezioni e le lezioni erano.. perché erano loro come insegnanti erano esperti di insegnare (nell’insegnamento) agli studenti Erasmus, quindi sapevano esattamente con quanta massima velocità possono (potevano) procedere, così che non sarebbe stato troppo. Quindi abbiamo imparato tutta la grammatica italiana in venti lezioni. Hai capito? Cioè, è una cosa pazzesca. Ma visto che noi siamo stati (meglio: eravamo) in Italia, usando la lingua ogni giorno, leggendo libri, parlando con i coinquilini, ecc. la lezione (due volte alla settimana o tre volte alla settimana) era veramente soltanto per spiegarci le cose un po’ più nel dettaglio dicendo che “quello che hai sentito a casa tua due giorni fa è un congiuntivo”, ecc. Si usa così. Quindi in questo senso, in questo ambiente sì. Il corso era magnifico e lo posso raccomandare (meglio: consigliare), ma gli altri corsi che ho preso (frequentato, fatto) per sfortuna no.

D. Molte persone che amano le lingue, che sanno tante lingue, dicono che non è necessario vivere in un paese per imparare una lingua. Qual è la tua opinione su su questo e c’è qualcosa che la vita in un paese tipo dare che non può darti in alcun modo lo studio, diciamo, “remoto”?

V. Mah! Certo che qualche verità c’è dentro questa opinione, ma in generale io penso che se vuoi imparare una lingua bene e velocemente devi assolutamente vivere nel paese dove la lingua si parla, oppure devi metterti in una situazione in un ambiente nel tuo paese dove sei circondato dalla lingua più dell’80% del giorno, che è una cosa molto difficile. Poi c’è anche l’opinione.. che succede spesso, che uno va in Cina però la maggior parte del suo tempo lo passa con i suoi amici stranieri, quando è a casa usa internet e usa l’inglese, lavora in un’azienda dove si parla soprattutto l’inglese e poi (e allora, e in quel caso) la differenza tra essere, non so, in Italia e Cina è piccolissima. Però questo è più un errore da parte della persona in questione, non l’errore di non essere in grado di imparare una lingua del paese dove sei, dove dove si parla meglio che [se la si dovesse] imparare nel paese da dove vieni. Quindi secondo me, assolutamente.. io non non sarei mai stato in grado di imparare il cinese così come lo parlo oggi se non fossi stato a Taiwan per 5 anni. Mai. Quindi io sono di questa opinione.

D. Ci sono paesi la cui lingua conosci dove non sei stato mai?

V. Sì, sì. Iran, non sono mai stato in Iran e parlo persiano. Non molto bene ma lo parlo. Poi l’olandese, non sono mai stato in Belgio e neanche in Olanda e il portoghese anche, non sono mai stato in Brasilee non sono mai stato in Portogallo. Quindi sì, ci sono alcune lingue che.. non le parlo bene, guarda.

D. Hai qualche consiglio pratico per chi impara l’italiano, magari proprio delle risorse che adori? Dei canali YouTube, dei podcast, dei libri? Qualcosa di pratico.

V. Allora, adesso non più, ma quando stavo mantenendo il livello del mio italiano prima stavo ascoltando (corretto: ascoltavo) uno show (meglio: trasmissione) che si chiama “Focus Economia“, Radio Sole 24 Ore di Sebastiano Barisoni, ed è podcast che esce ogni giorno, lungo due ore o qualcosa del genere e mi piace per varie ragioni. Mi piace la persona di Sebastiano Barisoni, che è molto carismatico e conosce l’economia, parla di tantissime cose diverse in queste due ore, quindi hai un ampio vocabolario che puoi in teoria imparare, se vuoi. Il servizio di questo podcast è molto professionale esce regolarmente e quindi.. non so, magari adesso ce ne sono di più ma 10 anni fa, o magari di più, 12 anni fa quando io ho iniziato a imparare l’italiano non c’erano così tanti podcast. Sfortunatamente non conosco nessuno youtuber italiano che mi piacerebbe (meglio: che potrebbe piacermi). C’era uno che si chiama Ernesto Cinquenove ma sfortunatamente non fa più video.

D. Ti posso consigliare Breaking Italy, è un ragazzo sardo che fa video di 10, 15, 20 minuti tutti i giorni settimanali sugli ultimi eventi diciamo e a volte dà anche l’opinione. Secondo me è interessante.

V. Grazie, grazie.

D. Volevo anche chiederti qualche consiglio sempre pratico in generale. Cosa puoi fare, qualcosa che magari non è non è consigliato molto spesso. Una cosa che io ho preso da te – cioè, in realtà facevo già però è interessante che l’hai detto – è quello di utilizzare i vloggers perché parlano in prima persona e dunque è un linguaggio [utile]. C’è qualcosa di questo tipo, che puoi consigliare? A parte le cose più classiche.

V. Allora a parte ascoltare e guardare i vlogger – perché come avevi detto loro parlano in prima personae dicono cose tipo “penso che sia”, “sono andato ieri”, “ho mangiato”, ecc., quindi dicono esattamente le cose che devi imparare tu – un’altra cosa che faccio, o facevo perlomeno, è di fare interpretazione simultanea nella mia mente.

D. Sì, volevo anche chiederti di questo, perché mi sembra una cosa che non fanno in molti. Secondo te può essere utile per tutti, anche per chi..

V. Non lo so Davide, io sono interprete quindi conosco la tecnica. Magari per chi non sa come farlo potrebbe essere molto difficile, ma c’è anche un’altra tecnica che si chiama traduzione consecutiva, cioè tu ascolti una frase nella lingua che stai imparando, metti una stop (meglio: fai stop) e la traduci e poi la registrazione va avanti con un’altra frase, metti uno stop (fai stop) e la traduci di nuovo. Quindi frase per frase, non è come nel caso della traduzione simultanea dove devi tradurre tutto. Non lo so Davide, a me questa cosa ha aiutato tantissimo perché a me piace fare più cose allo stesso tempo. Quindi stavo ascoltando (ascoltavo) Sebastiano Barisoni e la sua, non so, cronaca finanziaria. Quindi veramente ascoltando le notizie, imparando l’italiano, praticando l’interpretazione simultanea e mantenendo la lingua italiana (e magari anche inglese, se facevo la traduzione verso l’inglese). Secondo me quando stai facendo la traduzione simultanea, ma anche consecutiva 1) sei in grado di mantenere l’attenzione per tutta la registrazione – che è una cosa molto molto importante, perché spesso succede che dopo 5-10 minuti non sei grado di mantenere l’attenzione, invece se stai facendo (fai) la l’interpretazione simultanea logicamente se sei sempre focalizzato (meglio: concentrato). Poi magari se la velocità è troppo veloce su YouTube c’è la possibilità – e non soltanto YouTube – c’è di solito la possibilità di rallentare l’audio, rallentare il video, quindi dovrebbe in teoria perlomeno diventare più facile fare questa interpretazione simultanea.

D. Ultima domanda: quando vieni in Italia?

V. Mah! Domani se avrei (corretto: avessi) la possibilità. Non lo so, oramai sono 13 anni che non sono stato (meglio: che non vado) a Forlì, quindi mi piacerebbe veramente tanto tanto andarci.

D. Un viaggio della memoria dove hai imparato a fare la pasta col tonno.

V. Dove ho imparato a fare la pasta col tonno da Lorenzo, esatto. Mi piacerebbe magari anche quest’anno, ma si vedrà, si vedrà.

D. Ti aspettiamo a braccia aperte, lo dico a nome di tutto il paese, 60 milioni di italiani. [ride]

V. [ride].

D. Ti aspettiamo tutti. Ti ringrazio di nuovo, secondo me è stata un’intervista interessante, spero di averti posto qualche domanda che non ti abbiano (qui è meglio l’indicativo, che non ti hanno) [mai] posto prima.

V. Tantissime domande che non mi hanno [mai] posto prima. Grazie mille.

D. Va bene, grazie ancora, complimenti per l’italiano. Sicuramente hai stupito molte persone, me per primo, per la tua capacità di rispondere anche a domande non semplicissime.

V. Grazie mille, Davide.

D. Buona giornata.

V. Buona giornata a te, ciao.

D. Ciao ciao.

Se avete ascoltato entrambe le interviste con Vlad, quindi un’ora di materiale, per intero siete dei campioni. Se avete altre persone che vi piacerebbe che io intervistassi scrivetemi e posso provare a mettermi in contatto. Grazie per l’ascolto e vi auguro una buona giornata. Alla prossima!

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