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La grande emigrazione, terza parte: il Brasile

Avanzato
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23

December 19, 2019

Note e risorse

Trascription

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Manifesto_Emigrazione_San_Paolo_Brasile

[00:00:00] Ciao a tutti, ragazzi e ragazze, ben tornati, ben ritrovati su Podcast Italiano, il podcast per imparare l’italiano attraverso contenuti interessanti e autentici. E oggi concludiamo la nostra mini-serie sull’emigrazione dall’Italia, la grande emigrazione, che come abbiamo visto nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo ha portato così tanti italiani fuori dall’Italia per altri lidi. Un “lido” (lido: spiaggia, staziona balneare, ma con “altri lidi” intendiamo “altri paesi” - other countries, greener pastures) letteralmente è una costa, ma un lido metaforicamente può essere inteso come una nuova destinazione. Quindi tanti italiani hanno deciso di partire per nuovi lidi, per altri lidi, verso altri lidi per trovare ciò che non avevano in Italia. Finora abbiamo visto nel primo episodio il fenomeno in generale e poi l’emigrazione negli Stati Uniti. Nel secondo episodio abbiamo visto l’emigrazione in Argentina.

[00:01:01] Tra l’altro questo è un appunto che faccio dopo aver registrato l’episodio in sé. Mi è stato fatto notare che nell’episodio precedente sull’Argentina ho utilizzato il termine “indios” per indicare gli indigeni dell’Argentina o gli aborigeni dell’Argentina. A quanto pare la parola non è molto apprezzata. Sarebbe meglio utilizzare, appunto, “indigeni” perché c’è una confusione con gli indiani che vivono in India. Non è un termine molto, come dire, molto bello, molto corretto da utilizzare, quindi chiedo scusa se qualcuno si è offeso. Il mio uso era dettato (dettato da: causato da - dictated by) dalla mia ignoranza delle connotazioni negative che ha questo termine ma sicuramente non da sentimenti negativi nei confronti di queste popolazioni.

[00:01:57] E oggi vedremo l’emigrazione in Brasile. Finalmente arriviamo anche a parlare del Brasile perché so quanti brasiliani ascoltano questo podcast. Davvero tanti. So che tanti mi ascoltate da quando ho messo questo podcast su Spotify, perché evidentemente Spotify è molto molto popolare in Brasile. E so quanti oriundi, quindi italiani nati all’estero, ci sono: tanti che io non conosco perché non conosco la storia e la cultura del Brasile, però conosco soprattutto gli sportivi. Conosco per esempio Josè Altafini, un ex calciatore che ha fatto anche il commentatore sportivo qui in Italia. Conosco Ayrton Senna, che era un pilota di Formula 1 molto molto famoso. Conosco Scolari, Luis Felipe Scolari, che se non sbaglio ha allenato la nazionale del Brasile in passato e anche lui ha origini italiane. Io… quindi conosco soprattutto gli sportivi, ma in ogni caso in Brasile, come in Argentina, il peso degli italiani è molto molto forte, l’influenza che gli oriundi hanno avuto sulla composizione, diciamo, sociologica possiamo dire, della popolazione.

[00:03:15] Come sempre non esistono numeri concreti e affidabili (affidabile: di cui si può fidare - trustworthy) per quanto riguarda la popolazione italo-brasiliana, quindi gli oriundi che oggi vivono in Brasile, perché alcuni parlano del 10 % della popolazione, alcuni parlano di 22 milioni, quasi 23 milioni di discendenti, altri parlano di 18, altri parlano di 30 milioni. Si stima che la popolazione brasiliana oggi conti più di 200 milioni di persone, quindi la popolazione italiana, che siano 18 o che siano 30 milioni è comunque abbastanza consistente (consistente: significativo(substantial, significant / NON consistent!). Ma non è consistente a livello percentuale come in Argentina, dove praticamente il 50% della popolazione ha qualche discendente, o meglio, ascendente, cioè sono discendenti di italiani. In ogni caso gli italo-brasiliani vengono considerati la comunità di oriundi più grande al mondo, quindi più grande degli italo-americani e più grande degli italo-argentini. E ho anche questo dato, che tra il 1884 e il 1959 sono immigrati in Brasile 1,5 milioni di persone. Non so mai perché decidono di prendere dati in questi intervalli di tempo abbastanza particolari, alcuni prendono per esempio tra il 1860 e il 1960, alcuni tra il 1884 e il 1959 o, diciamo, periodi intermedi. Quindi non capisco mai perché vengono presi questi periodi di tempo. Comunque possiamo probabilmente stimare che un milione – probabilmente di più – di italiani dopo l’unità d’Italia sono andati in Brasile. La maggior parte degli immigrati italiani andava al sud del Brasile e al sudest del Brasile, anche se poi alcuni italiani si spostavano (spostarsi:
cambiare luogo, traslocare - to move) internamente e andavano in altri stati del Centro Ovest, come per esempio Mato Grosso do Sul (la mia pronuncia brasiliana non è ottima). Ed è interessante che il 30% degli immigrati veniva dal Veneto. Il Veneto era una regione molto povera a quei tempi – non come adesso perché di fatto il Veneto adesso è una delle regioni più ricche d’Italia. Allora non era affatto così. E c’era uno storico, che si chiama Emilio Franzina, che scrisse:

“si poteva morire di fame. L’unica alimentazione della classe rurale era composta da polenta, la carne bovina era un mito e il pane di farina di grano era troppo costoso“.

Quindi descrive la situazione di povertà che regnava in quel periodo. Questo fatto, che tanti italiani che sono andati in Brasile venivano dal Veneto corrisponde alle mie osservazioni, perché io ho parlato con tanti italo brasiliani, tanti anche studenti di italiano che ho avuto in passato, e molti di loro effettivamente hanno parenti veneti. Quindi questo è molto molto interessante. Quindi come abbiamo visto alcune regioni italiane, le persone che vivevano in alcune regioni italiane preferivano alcune destinazioni, per esempio i siciliani, come abbiamo visto preferivano gli Stati Uniti; i piemontesi spesso andavano in Argentina; i veneti spesso andavano in Brasile.

[00:06:50] Ma cosa è successo in Brasile che ha favorito questo flusso di immigrati italiani? Ha a che fare con l’abolizione della schiavitù (schiavitù:
la condizione di chi è schiavo - slavery), perché nel 1850 fu promulgata una legge (promulgare una legge: mettere in atto, in azione, una legge - to promulgate, to declare) che metteva fine al traffico di schiavi africani in Brasile, quindi 1850 termina la schiavitù in Brasile. Una seconda legge importante nel 1871, la cosiddetta “legge del ventre libero”. Il ventre (ventre: il grembo materno, dove cresce un bambino - womb), forse lo sapete, è quella parte del corpo in cui in una donna cresce un bambino. Quando  la donna è incinta, il ventre, quindi il ventre libero. A partire di (da) questa legge ogni bambino nato da una madre schiavizzata veniva considerato libero. Quindi per questo il ventre libero: la madre era ancora una schiava, era considerata una schiava, mentre il ventre, il bambino futuro, era già libero.
Poi ci fu un’altra legge la legge dei “sessagenari”, cioè dei sessantenni, delle persone che hanno 60 anni, che nel 1885 liberò gli schiavi che avevano più di 65 anni. E infine la schiavitù finisce in maniera definitiva nel 1888 con la “legge aurea”, sotto la spinta (spinta: dal verbo spingere - to push), pressione da un lato della resistenza che veniva portata avanti dagli schiavi e dall’altro lato dal movimento abolizionista, c’era un movimento abolizionista che spingeva affinché venisse abolita la schiavitù. E questa è una cosa sicuramente buona, però al Brasile, che era un paese che aveva bisogno di crescere economicamente, serviva manodopera (manodopera: forza lavoro - manpower) e c’era un fatto che, possiamo dire, “cadeva a pennello”. Ecco cadere a pennello significa che qualcosa è proprio favorevole affinché qualcos’altro si verifichi, no? Cadeva a pennello, c’era una congiuntura di fatti che andava molto bene al Brasile, sto parlando del fatto che gli Stati Uniti avevano iniziato ad ostacolare l’immigrazione a partire dal 1870 e quindi era sempre più difficile arrivare in Brasile.

NOTA: HO MISCHIATO DUE ESPRESSIONI!
– cascare (cadere) a fagiolo: arrivare al momento giunto
– calzare a pennello: essere adeguato, adatto

[00:09:09] Il Brasile poi era un paese dove – come tanti paesi probabilmente a quel tempo – c’erano molte idee razziste di darwinismo sociale, di eugenia (eugenetica*, eugenia è portoghese!), queste cose che oggi ci sembrano scandalose (scandaloso: inaccettabile - outrageous) che portavano a pensare che i neri, i brasiliani neri, discendenti o direttamente schiavi africani, ex-schiavi africani non fossero in grado di sviluppare il Paese. Quindi era necessario importare europei bianchi perché geneticamente si pensava che fossero più portati (essere portato: avere una predisposizione a sviluppare) ...non so, la democrazia, la civiltà. C’è questo termine, il “branqueamento”, cioè lo “sbiancamento” (sbiancamento : da “sbiancare”, cioè fare diventare bianco - whitening) della società, cioè si escludevano i neri e anche i meticci (meticcio: di etnia mista - of mixed race), venivano esclusi dai progetti d’immigrazione, cioè si accettavano solamente i bianchi. All’inizio andavano bene anche i tedeschi, ma il problema dei tedeschi è che non si assimilavano molto bene, probabilmente anche per questioni linguistiche. Gli africani erano totalmente esclusi. Cinesi, indiani, asiatici venivano almeno inizialmente considerate razze inferiori e quindi si dava la precedenza alle razze – odio il termine razze, perché scientificamente è completamente erroneo e impreciso – diciamo le “razze” (con mille virgolette) latine perché dovevano mischiarsi con il popolo brasiliano preesistente che già aveva radici latine per lo più, almeno parzialmente possiamo dire, e creare un popolo meticcio ma comunque prevalentemente bianco, e per questo lo sbiancamento, per diluire (diluire: lett. diminuire la concentrazione di un liquido aggiuggendone un altro - to dilute, to wash down) – diluire significa diminuire la percentuale di qualcosa, un po’ come diluisci il vino con l’acqua o un liquido con un altro liquido – si voleva diluire la presenza di razze considerate inferiori dall’élite. Quindi venivano esclusi gli africani, gli asiatici, con qualche riserva, con un po’ di difficoltà, venivano accettati tedeschi e giapponesi e rimanevano soprattutto italiani, portoghesi, a volte spagnoli nell’immigrazione.

Una "fazenda" (piantagione) di caffè

[00:11:30] E come venivano attirate (attirare / attrarre: to attract, to lure) queste persone? Perché io posso immaginarmi un italiano, un contadino italiano nel 1880 che probabilmente era analfabeta (analfabeta: che non sa né leggere né scrivere - illiterate). Che cosa poteva sapere sul Brasile un italiano? Ma anche sull’Argentina o sugli Stati Uniti a dire il vero. Beh, il Brasile faceva molta pubblicità, molto marketing possiamo dire, e utilizzava anche i sussidi, cioè i migranti praticamente erano esentati (esentare (da fare qualcosa):esonerare qualcuno dal fare qualcosa - to exempt, to let off) – esentati, cioè erano esonerati, possiamo anche dire, dal pagare il viaggio. E c’erano proprio delle imprese, come delle aziende, delle imprese, oppure anche dei privati – con privati intendiamo “individui privati” – che lavoravano per reclutare i migranti proprio in Italia. C’erano delle persone che reclutavano i migranti, andavano a parlare di quanto fosse bello il Brasile, di quanto fosse un paradiso terrestre, praticamente. Il fatto che queste persone, questi agenti erano spesso abbastanza disonesti, e comunque avevano un tornaconto economico (tornaconto: vantaggio personale - personal profit). Un tornaconto significa un interesse, un tornaconto. Cioè, gli tornavano, gli arrivavano dei soldi per ogni emigrante che riuscivano a convincere e quindi potete capire che facevano una pubblicità molto buona al Brasile, dicevano che il Brasile era il paese del guadagno assicurato. In Italia nel 1892 c’erano ben trenta agenzie di migrazione e 5172 agenti che giravano per l’Italia cercando di convincere le persone a fare le valigie (fare le valigie: prepararsi a partire per un viaggio(pack your bags), cioè a partire.

[00:13:15] Il viaggio in sé – abbiamo già visto per quanto riguarda il Nord America -anche per il Sud America, per il Brasile era terribile. C’erano persone che morivano di fame, nel 1888 ci sono state due navi in cui 52 persone sono morte di fame. Nel 1889 un’altra nave in cui 24 persone morirono di asfissia, cioè non c’era aria. Però chi riusciva a superare questa traversata davvero tormentata e terribile arrivava in Brasile, e in Brasile spesso c’erano altri problemi, perché spesso obbligavano gli italiani a pagare. Quindi gli era stato promesso che non avrebbero dovuto pagare e poi bam, in realtà dovevano pagare, pagarsi il viaggio, ripagarsi il viaggio. E a volte arrivavano in Brasile anche persone che non erano in condizione di lavorare la terra, come anziani, oppure vecchi – anziani è un termine un pochino più, come dire, gentile nei confronti della categoria – donne incinta (donne incinta: prepararsi a partire per un viaggio - pack your bags) che aspettavano un bambino. Chiaramente queste persone non erano in condizione di lavorare o perlomeno fare lavori duri come lavorare la terra. E spesso quindi questi emigranti ai quali era stato promesso il paradiso in terra finivano in condizioni di semi-schiavitù, cioè molto simili alla schiavitù. Però non era tutto negativo, il Brasile era ed è ancora oggi un paese dalla bellezza naturale incredibile, una bellezza naturale che in Italia non esiste, almeno come in Brasile. Una bellezza tropicale, con questi frutti tropicali mai visti. Era possibile una vicinanza alla terra per questi immigrati che in Italia non era nemmeno immaginabile.

[00:15:06] Il destino dei migranti sostanzialmente era di due tipi. C’erano due possibilità o andavano nelle cosiddette “fazendas”, cioè queste piantagioni (piantagione: azienda agricola monocultura - plantation) preesistenti, possiamo dire, oppure fondavano dei nuovi nuclei coloniali e loro stessi diventavano proprietari terrieri, e quindi colonizzarono delle nuove zone del Brasile che erano deserte, dove non c’era nessuno. E, a proposito, sono proprio queste colonie italiane in cui spesso è rimasto anche il dialetto. Ne parleremo dopo, comunque anche in Brasile il… non c’era l’italiano, gli italiani non sapevano l’italiano ma spesso sapevano qualche dialetto come il Veneto. Questi veneti che andavano a fondare delle colonie, se erano colonie prevalentemente venete mantenevano per molto più tempo la lingua, mentre se gli italiani andavano, come dire, ad assimilarsi essi insieme a persone di altre nazionalità chiaramente perdevano il dialetto in un batter d’occhio (in un batter d’occhio: molto velocemente - in the blink of an eye), no? Un batter d’occhio, come un battito d’occhio, molto molto molto velocemente. Come anche per Stati Uniti e Brasile se vediamo chi partiva dall’Italia vediamo all’inizio soprattutto persone del nord, quindi settentrionali, come abbiamo visto tanti veneti, e poi in una seconda fase si intensifica anche l’emigrazione dal Sud, dopo il 1885. A sudest, invece, per esempio a San Paolo venivano fatti dei contratti, spesso, per lavorare nelle piantagioni di caffè. Lo Stato di San Paolo è quello che ha ricevuto il maggior influsso di immigrati italiani e che ha anche maggiormente fatto marketing, maggiormente ha fatto pubblicità per attirare italiani. Pensate, nel 1934 il cinquanta per cento degli abitanti di San Paolo erano italiani e figli di italiani.

[00:17:03] Se vediamo l’emigrazione in totale, se vediamo l’emigrazione per il Brasile in totale, cioè, da quando inizia a quando è finita in realtà vediamo anche più o meno tutte le regioni italiane hanno contribuito con dei flussi migratori. Però le Regioni che hanno contribuito maggiormente sono veneto, come abbiamo detto, Campania, Calabria e Lombardia. Ecco, abbiamo parlato dei veneti. I veneti di fatto erano già in Italia dei piccoli proprietari terrieri, cioè avevano della terra ma non erano grandi proprietari, erano piccoli proprietari, che volevano andare in Brasile per diventare “fazendeiros”, cioè proprietari terrieri di dimensioni probabilmente molto più massicce e più grandi. Quindi fare fortuna, arricchirsi in Brasile. Questo i veneti. In realtà tanti altri italiani del Nord finivano di fatto nelle piantagioni di caffè, mentre gli italiani del Sud, i meridionali in Italia, erano soprattutto braccianti (bracciante: lavoratore terriero, chi lavora la terra, con le braccia - day laborer) – quindi braccianti significa contadini, che lavoravano per qualcuno, braccianti – e loro in realtà privilegiavano (privilegiare: preferire, prediligere - to prefer, to put first) occupazioni urbane, in realtà andavano anche a occuparsi di agricoltura ma mandavano molto di più anche nelle città, soprattutto nello Stato di San Paolo  – e volevano fare lavori urbani perché, diciamo, non volevano diventare proprietari terrieri, perché associavano l’agricoltura alla miseria (miseria:povertà - poverty, NON “misery” come “unhappiness”)e alla disoccupazione da cui venivano, abbiamo visto nel primo episodio tante persone rimanevano con pochissima terra perché veniva spartita tra gli eredi. Non so se vi ricordate. Quindi nel Sud d’Italia c’erano tanti problemi con l’agricoltura.

[00:18:57] E l’emigrazione è poi bruscamente (bruscamente:in maniera brusca - sharply, abruptly) – cioè in maniera molto molto veloce, molto improvvisa, brusca – è diminuita nel 1902, con il cosiddetto decreto Prinetti, che proibiva l’immigrazione sussidiata dal Brasile dei cittadini italiani in Brasile. Perché che cosa succedeva? Succedeva che gli italiani spesso si indebitavano (indebitarsi: riempirsi di debiti - run into debts) con lo Stato brasiliano per ripagare il viaggio e quindi di fatto diventavano prigionieri in queste fazendas, in queste piantagioni, queste fattorie potremmo chiamarle, perché spesso non tutto il viaggio veniva sussidiato ma, per esempio, il 50%. Come ho detto venivano fatti dei contratti. A questo è stato posto un freno (mettere/porre un freno: fermare, arrestare - to curb, to put a stop), uno stop con questo decreto del 1902. Dopo il 1902 l’emigrazione diventò molto più urbana e meno rurale e gli italiani iniziarono a occuparsi di altre cose, come il commercio e la manodopera. Anche perché non era desiderabile vivere in queste fazendas, perché non c’era libertà, c’era violenza, abusi da parte dei fazendeiros, dei proprietari terrieri. Le condizioni igieniche erano pessime e anche questo portò a un declino dell’emigrazione in Brasile. Durante il ventennio fascista poi l’emigrazione calò ancora di più, quindi, se vi ricordate, questa è anche un po la differenza tra Brasile e Argentina, perché in Argentina l’emigrazione è continuata anche nel Novecento mentre in Brasile ha subito una drastica e brusca diminuzione.

[00:20:43] Ok, ora una piccola interruzione, perché molti mi chiedono: “Davide, ma tu come impari le lingue? Come hai imparato il russo, per cui hai fatto una certificazione recentemente, hai fatto C2 di russo?” Molti me lo chiedono davvero, questo è vero, non sto dicendo questo per la pubblicità che sto per fare a LingQ. Molti mi hanno fatto questa domanda e quello che io posso dire è: uno degli strumenti che indubbiamente, soprattutto nella fase iniziale mi ha aiutato immensamente quando stavo imparando il russo, era LingQ, che sto utilizzando di nuovo adesso per il tedesco. LingQ, che è una piattaforma dove voi potete leggere e ascoltare un sacco di materiali. Potete scegliere quelli che vi piacciono di più, quelli che per voi sono più interessanti e potete leggerli utilizzando il loro sistema che semplifica la lettura e vi permette di risparmiare un sacco di tempo, perché non dovete cercare ogni parola sul dizionario ma potete rimanere sul loro sito, salvare parole, frasi, ripassarle con il loro sistema di flashcards. E adesso, pensate, permettono persino l’importazione da Netflix e da YouTube. Quindi se guardate un mio video voi potete importar(lo) da YouTube attraverso i sottotitoli oppure la stessa cosa potete farla anche con Netflix che secondo me è davvero fantastico. E LingQ vi permette di ottenere uno sconto del 30% rispetto al piano mensile se pagate una volta sola per l’intero anno, quindi il piano annuale, e se utilizzate il link che trovate nella descrizione di questo episodio lo sconto è del 35% quindi ancora meglio. Quindi vi posso solamente consigliare di provare LingQ. E sì, in questa maniera aiutereste anche me perché i ragazzi di LingQ vedono che voi cliccate sul mio link e sono contenti di questa cosa e magari fanno altre sponsorizzazioni. Io sinceramente preferisco sponsorizzare loro perché sono un servizio che uso, rispetto a sponsorizzare altri servizi che sinceramente non uso. Quindi grazie a LingQ per il sostegno a questo podcast e ora riprendiamo con la nostra programmazione.

Inizia a imparare con LingQ!

[00:23:11] Parliamo ora un po’ di lingua. Oh, finalmente parliamo di lingua. A tutti noi piacciono le lingue, a voi piace la lingua italiana. Beh, in Brasile la situazione, come vi ho già preannunciato prima, era simile a quella argentina. Gli italiani che andavano in Brasile non sapevano parlare italiano, spesso erano addirittura analfabeti, non avevano studiato, semmai (semmai: casomai, eventualmente - if anything) sapevano il proprio dialetto. In Brasile, dunque, per comunicare era necessario imparare il portoghese. A proposito, per i miei amici brasiliani, in italiano noi diciamo “portoghese”, anche se diciamo lingua portoghese l’aggettivo portoghese finisce sempre con la “e”, come francese, non diventa francesA, ma portoghese è sempre portoghese, non diventa portoghesA. E gli italiani bilingui – quindi adesso parliamo soprattutto dei figli dei primi immigrati – erano, come ho detto, bilingui, quindi sapevano comunicare in portoghese con chi sapeva il portoghese e in italiano – o meglio, italiano sempre con l’asterisco – in un dialetto italiano con chi lo sapeva, quindi con conterranei (conterraneo: chi viene dalla stessa terra), possiamo dire. Ma a volte c’era un vero e proprio “code-switching”, quindi all’interno della stessa frase venivano mischiate, venivano mescolate le due lingue. Quindi il dialetto e il portoghese, un po’ come succede oggi, per esempio, negli Stati Uniti, se pensate alla comunità latino, cioè le persone che vengono dai paesi in cui si parla spagnolo, intendo soprattutto la seconda o terza generazione che sa perfettamente l’inglese ma sa anche spesso lo spagnolo. Quindi a volte c’è un vero e proprio code-switching, cioè se un latino parla con un altro spesso c’è una sorta di mix tra inglese e spagnolo e e in Brasile c’era una situazione di code-switching simile.
A quanto pare l’italiano ha influenzato soprattutto il portoghese di San Paolo, perché si è riscontrato (si è riscontrato: è stato scoperto, è emerso - it emerged, it was found out), si è visto, che l’accento paulistano possiede caratteristiche del napoletano, del Veneto e del calabrese. Durante la Seconda Guerra Mondiale poi il portoghese divenne la lingua obbligatoria, cioè fu vietato, fu proibito parlare in italiano. Di fatto gli italiani seppero, cioè riuscirono ad assimilare abbastanza facilmente, come era già successo in Argentina. Un censimento (censimento: conteggio della popolazione - census) del 1940 mostra che gli italiani erano il popolo che meno di tutti gli altri popoli in Brasile parlava la lingua materna. Quindi gli italiani avevano adottato molto facilmente il portoghese, anche se nelle colonie, come abbiamo visto, dove, diciamo, le comunità italiane rimanevano, diciamo, coese (coeso: unito, legato - close-knit) i dialetti rimanevano, nelle città invece i dialetti sparivano quasi completamente, in poche generazioni. Al contrario dei giapponesi e dei tedeschi, perché loro invece come possiamo anche intuire dalla differenza sia culturale sia linguistica erano più restii – restio (restio: riluttante a fare qualcosa - reluctant, hesitant) restii significa, avevano più difficoltà meno anche interesse e voglia ad abbandonare la lingua, erano restii ad abbandonare la lingua. Però è interessante che spesso gli immigrati italiani di prima generazione in Brasile si odiavano tra di loro e questo è il classico campanilismo italiano. “Campanilismo” significa che ogni chiesa metaforicamente con la sua campana odia l’altra chiesa, cioè ogni piccolo villaggio odia ogni altro villaggio, ogni regione odia un’altra regione. Questo è il campanilismo italiano e questo veniva trasportato in Brasile dove gli immigrati si odiavano in base a (da) dove venivano, cioè da dove venivano in Italia, da quale villaggio da quale regione italiana.

[00:27:14] Sicuramente il periodo più difficile è stata la campagna di nazionalizzazione, come abbiamo visto, perché di fatto gli italiani dovevano nascondere il fatto di essere italiani. Era diventato molto positivo essere brasiliani e integrarsi era diventato una necessità, una necessità per sopravvivere a livello economico e sociale. Fu solamente dopo a partire dagli anni Settanta, quindi a cent’anni, di fatto, dall’inizio della migrazione, che essere italiano, l’italianità tornò ad essere un motivo d’orgoglio, una ragione per essere orgogliosi. Quindi in generale non sembra – anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo su questo a quanto pare – non ci sono sicuramente stati gli attriti (attrito: lett. resistenza al movimento - friction; qui: discordia, contrasto - friction, conflict, disagreement)(cioè attriti significa le difficoltà, l’attrito sarebbe per esempio l’attrito dell’aria, diciamo spesso in fisica, quando l’aria ci rallenta per l’attrito, quindi il contatto, possiamo dire, con qualcosa. Però un attrito ha anche questo secondo significato, ovvero di difficoltà, scontri, problemi), non ci sono stati gli attriti che ci sono stati negli Stati Uniti, dove ci sono stati linciaggi, dove c’era un razzismo davvero davvero forte. Chiaramente non è stato tutto rose e fiori (non è tutto rose e fiori: it’s not all sunshine and rainbows), abbiamo visto lo stato di semi schiavitù che gli italiani dovevano sopportare nelle fazendas. Però è stato sicuramente più facile rispetto agli Stati Uniti. Questo è indiscutibile. ,


Italiani a San Paolo

[00:28:48] E così come abbiamo visto anche in Argentina c’è una forte influenza culturale e anche gastronomica della cultura italiana in Brasile. A quanto pare c’è l’abitudine, il costume di mangiare il panettone a Natale, no? Solo che si chiama “panetone” con una sola t, mentre in italiano due t, “panettone”, che è questo cibo tipo pane, possiamo dire, dolce di Natale, con l’uvetta, questi piccoli frutti che ci sono dentro. In realtà credo che il panettone sia anche diffuso in Argentina, quindi non solamente in Brasile. L’altra volta non l’ho detto per quanto riguarda l’emigrazione in Argentina. ma poi ci sono anche gli spaghetti e la pizza, che chiamano espaguete e pizza. Pizza è sempre pizza, non cambia. La polenta fritta, no? La polenta… non so se sapete cos’è la polenta, ne ho già parlato, noi italiani del Nord veniamo presi in giro, veniamo chiamati polentoni. È un piatto diciamo a base di di farina, farina di mais. Il mais, forse sapete, è un cereale. La polenta è un piatto che facevano i poveri. Storicamente era molto molto mangiato in passato, ancora adesso ci sono ricette tradizionali,  anche fritto, quindi la polenta poteva anche essere fritta come in Brasile ancora adesso.

[00:30:20] Questo in sostanza era tutto quello che avevo da dirvi sull’emigrazione in Brasile. Quindi vi ringrazio per essere arrivati fino a qua e ora la mia intenzione è di sentirci o di farvi sentire alcune testimonianze da parte di discendenti, ma prima volevo parlarvi del Podcast italiano Club. Vi ho già parlato ampiamente, però è buono ricordarvelo, il podcast italiano Club è la mia pagina sul sito Patreon, dove voi potete sostenere questo podcast. Ci sono vari tipi di sostegno a livello economico, come dire, monetario. La cosa probabilmente più interessante che potete ottenere in cambio è il podcast “Tre parole”, cioè io per ogni episodio del podcast e per ogni video prendo tre parole o anche espressioni e le spiego, andando a vedere l’etimologia, andando a vedere le parole imparentate a quella parola, andando a spiegare come la utilizziamo e dunque cercando di darvi una comprensione e una spiegazione che rimanga con voi e vi possa aiutare a capire meglio come vengono formate queste parole, come vengono utilizzate. Considerate quindi che alla settimana di solito esce un podcast e esce un video. Quindi per 6 dollari praticamente avete 8 episodi al mese di tre parole. Sono episodi abbastanza lunghi, perché poi io non so mai fermarmi, mi dilungo (dilungarsi: parlare troppo a lungo - to talk at lenght) e a volte parlo anche 20 minuti. Sono davvero contento che già 50 persone abbiano deciso di sostenermi, beh, ragazzi cosa vi posso dire, arriviamo a 100. Oltre ai 50 membri del club volevo anche ringraziare alcune persone che oggi sono due, che sono Jeremy e Ania. Grazie davvero per le vostre donazioni. Dopo tutto questo sproloquio ora possiamo sentirci un po’ di testimonianze.

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[00:32:25] La prima testimonianza riguarda un vero italo brasiliano che è il mio amico Camilo, forse l’avete visto nel video della Croazia, perché faceva una apparizione in quel video. Sentiamoci Camilo.

[00:32:39]
CAMILO:
La famiglia di mio padre, i Delfino, è di origini piemontesi della provincia di Cuneo. Hanno vissuto a Paesana, un piccolo paesino a 50 chilometri da Torino. Invece la mia famiglia di mia madre, i Carbonera, sono del Veneto, della provincia di Treviso. E c’è anche un libro della famiglia Carbonera di cui faccio adesso un riassunto. Otto famiglie Carbonera, in totale 48 persone, sono andate insieme dal Veneto fino al Brasile. Il 26 novembre 1885 lasciarono la loro patria per il porto di Genova. Lì si imbarcarono in una nave dove viaggiarono per 33 giorni in Brasile. Sono arrivati al porto di Santos e poi sono scesi a Rio Grande do sul. Sono arrivati nel Sud a Pasqua nel 1886. Avevano con sé solo ?, pale, martelli e altri strumenti. Si accamparono lì vicino sotto un albero secolare, solcarono una croce nell’albero che si può vedere ancora oggi. Proprio lì hanno bruciato il ? pasquale, ricevuto dal parroco di Treviso in occasione della sua partenza in Brasile. La famiglia Delfino invece era dal Piemonte. Erano undici figli di Filippo Delfino nato in Piemonte nel 1848. Solo tre figli sono andati in America, di cui i due sono andati in Argentina e il mio bisnonno Camillo Delfino è rimasto in Brasile. Non so dire esattamente l’anno di partenza, ma credo che sia tra il 1910 e il 1915 a causa della prima guerra mondiale, magari. Siccome gli altri figli sono rimasti in Italia abbiamo ancora oggi parenti lì, oltre a quelli dell’argentina. Questo è un riassunto della storia delle mie origini. Abbracci, ci vediamo, ci sentiamo. Ciao.

[00:35:03] Grazie Camillo per la tua testimonianza e ora sentiamo la seconda testimonianza di un altro italo-brasiliano ovvero di Ettore.

[00:35:12]
ETTORE: Ciao mi chiamo Ettore, sono brasiliano di Porto Alegre, una città del Sud di Brasile, da dove vengono anche, magare conoscete qualcuno di qua,Taffarel, Ronaldinho e Alison. Sono calciatori. Come molto qua nella regione ho antenati italiani. Al contrario degli emigranti in Argentina la maggior parte degli italiani che vennero qua erano infatti del Nord d’Italia e non del Sud. In particolare ho ancora oggi  rapporti con parenti a Crema e a Mantova nella (in) Lombardia. Questo è interessante, si può sentire ancora oggi da alcuni paesini qua in campagna, nel Sud del Brasile, tipo una variante del dialetto veneto, che si è mischiata* con il Lombardo e il piemontese dell’800, e dunque è molto interessante linguisticamente, perché ci sono delle caratteristiche che non ci sono più, in italiano o nel Lombardo o nel Veneto moderno. È anche per questo perché (poiché*) i migranti erano del Nord, ho sentito che quando un brasiliano del Sud di qua impara l’italiano suona molto come qualcuno del Nord Italia, se lo parla bene. Beh, per me la cosa più interessante è che questa influenza italiana si sente molto nel cibo tradizionale qua, in Rio Grande do Sul. Ogni domenica si mangia per esempio la polenta, la zuppa ad ossobuco, i tortelli di zucca, la pasta al ragù, la zuppa d’agnolini, che infatti sono gli agnolini, anche chiamati cappelletti per voi, credo cappellini o tortellini in brodo, i quali sono tutti piatti tipici del settentrione italiano. Dunque molto molto interessante tutto questo. Beh grazie.

[00:37:26] Ettore, devo dire che mi ha messo fame con questa lista di piatti. Sono le 23 e 54, quindi ora dovrò farmi un piatto di cappelletti. A parte gli scherzi sì. Sono tutti piatti effettivamente molto del Nord. Quindi grazie che hai un po’ rimpolpato, che hai aggiunto qualche altro nome di piatti alla mia lista gastronomica, molto interessante. Ora sentiamo la testimonianza di Cecilia, invece, che viene dall’Argentina.

[00:38:05]
CECILIA:Ciao Davide, mi chiamo Cecilia, sono della città di Cordoba in Argentina, i miei bisnonni erano italiani. Loro sono nati all’inizio del 900 in un paesino chiamato ? in provincia di Messina, nella Sicilia sono arrivati in Argentina l’8 dicembre 1925. Si chiamavano Angelo e Annamaria, ma io li ho conosciuti come Angel e Ana Maria. Perché al momento era abbastaza normale non aver il nome originale, ma avere un nome spagnolo, diciamo “spagnolizzato”. Siccome loro erano adolescenti, sono venuti con un tutore, che è il cognato del mio bisnonno, sono vissuti per un tempo in provincia di Buenos Aires. Poco tempo dopo si sono trasferiti a Rio Segundo, un paese nella provincia di Cordoba, e finalmente nel 1927 forse si sono trasferiti alla città di Córdoba. Qui sono nati i loro figli, il più piccolo era mio nonno, che è nato nel 1930, mio bisnonno faceva il falegname e lavorava in “ferrocarriles argentinos”. Mentre mia nonna faceva la casalinga. Si sono sposati nell’anno 1941 per ricevere l’assegno familiare. Loro erano troppo diversi. Lei diciamo che non amava l’Italia. Lui si sentiva più argentino e italiano, mentre mia bisnonna invece sì, lei aveva nostalgia dell’Italia, voleva tornare. Penso che forse lei voleva tornare. Scriveva delle lettere ai parenti, cantava delle canzoni in italiano, aveva anche l’accento, mio bisnonno invece no. Purtroppo io non li ho conosciuti, tutto questo me l’hanno raccontato mia mamma e mio zio. Grazie Davide per tutto questo che fai per noi che vogliamo imparare l’italiano. Saluti dall’Argentina.

[00:40:28] E ora sentiamoci anche Justin, il mio amico australiano, forse lo avete visto nell’ultimo video su YouTube, lui è australiano e ora ci parlerà della sua situazione, della sua storia in Australia. L’Australia… beh non ho parlato dell’Australia, magari lo farò in futuro, chissà, perché oggi ho parlato delle tre… cioè, oggi intendo in questa serie, ho parlato delle tre destinazioni principali, ma ci sono anche altre destinazioni come l’Australia, ma anche come il Venezuela, qualcuno mi ha chiesto di parlare del Venezuela. Magari ne parlerò in futuro ma adesso sentiamo la testimonianza di Justin.

[00:41:10]
JUSTIN: Buongiorno, buonasera, ascoltatori di Podcast Italiano. Io mi chiamo Justin, ho 25 anni e sono australiano, però d’origine italiana, come già sapete. Vi racconto un po’ della storia dei miei nonni materni, i genitori di mia mamma. Loro erano siciliani, però sono emigrati in Australia negli anni 50. Però la cosa più interessante e affascinante della loro storia è che si sono sposati per procura, questo vuol dire che non si conoscevano prima di sposarsi, una cosa molto rara, però immagino che fosse per facilitare il viaggio il trasferimento di nonna in Australia, perché lui era già qua e la famiglia di lei aveva scelto di farla sposare con uno sconosciuto all’altro lato del mondo. Sapevano che lui era di un paese vicino, lui era di Vittoria e lei di Scicli. Magari sapete, forse sapete, conoscete questi Paesi nella provincia di Ragusa, nel sud della Sicilia, dove filmano Montalbano per coloro che lo conoscono. Lui è venuto prima e lei dopo, con zero inglese, zero soldi, in fuga dalla povertà, ovviamente. In fuga, si dice? Fuggendo dalla povertà. Una cosa interessante è che dopo un paio di mesi il fratello di mio nonno, uno dei fratelli è arrivato per dare un’occhiata diciamo, vedere come va la vita in Australia, però a lui non gli piaceva. Di fatto è ritornato in Italia dopo un paio di settimane. Quindi per dire che non era per tutti. Va bene, la famiglia non è adatta a tanta povera, perché avevano una carrozza con un cavallo che usavano tipo taxi nel paese, città. Però lo stesso (comunque*) non era facile specialmente con cinque fratelli. So bene che lui… entrambi hanno lasciato la scuola  a 6-7 anni per cominciare a lavorare, a imparare i loro mestieri, quindi niente a che fare con la vita di oggigiorno. Sono arrivati senza inglese e la cosa, una cosa assurda è che quando sono morti un paio di anni fa, 6 anni fa entrambi non sapevano bene l’inglese, mentre io a quel punto non sapevo l’italiano, era molto triste guardando indietro, col senno di poi, senno di poi.Mia mamma è cresciuta con il siciliano come madre lingua, quindi perciò lei è arrivata a scuola senza inglese in Australia, mentre i miei nonni non hanno mai imparato bene l’inglese. Quindi dico sempre a quelli che dicono che basta vivere in un paese per imparare la lingua, no, affatto, no, loro hanno vissuto quasi 70 anni in Australia senza aver imparato la lingua, mentre io sono cresciuto con nonni con cui non potevo parlare e non avevo mai l’interesse di imparare l’italiano fino a qualche anno fa. Ma adesso mi sento molto più legato con la tradizione, la cultura, tutto ,mi sono trasferito a Milano e in questo momento sono qua. Ma voglio ringraziare, sono molto grato per i miei nonni, per cosa hanno fatto, il sacrificio, no? Perché entrambi avevano grandi famiglie. Ho tanti parenti in strade in Italia e anche la cittadinanza, come potete indovinare (immaginare*) ha la mia mamma ce l’ha* e ce l’ho anch’io, quindi voglio approfittarne. Vivere qua, prendere la residenza e tutto. E niente, questo è un breve resoconto, scusa che non è stata molto in ordine, ho parlato a ruota libera, come dice Davide sempre o molto. Vi auguro il meglio nella vostra esperienza con l’italiano. Ricordatevi che la cosa più importante è di usarla come mezzo di comunicazione, è la cosa fondamentale. Allora ciao ciao.

[00:45:52] Grazie per essere arrivati fin qua. Spero che vi sia piaciuta questa mini serie, era da tempo che volevo parlare di questo tema molto interessante che tocca le vostre vite, che riguarda la vostra storia, almeno la storia di molti di voi che hanno origini italiane. Vi saluto, ci risentiamo presto. Adesso non posso promettervi che ci saranno contenuti le prossime settimane di dicembre, perché è quasi Natale, quindi non so se troverò il tempo di fare questo podcast, ma nel caso se ci saranno i contenuti li vedrete. Se invece non ci vedremo prima del nuovo anno vi auguro già adesso buon natale e felice anno nuovo. A proposito mi dimenticavo di fare altra pubblicità. Ho fatto, ho messo uno sconto su TeeSpring, dove ho anche messo una nuova bellissima maglietta di Natale in vendita. Ora mi rendo conto che forse non c’è più tempo per molti, molte persone, di comprare questa maglietta, se non forse dagli Stati Uniti mettendo la spedizione veloce, questo “rush shipping”. Ma in ogni caso ho deciso di mettere uno sconto natalizio su tutta la collezione di Podcast Italiano sul sito TeeSpring. Quindi su tutto troverete uno sconto del 10%.  Lo sconto si chiama a Natale, cioè il codice promozionale si chiama “Natale”, quindi utilizzatelo se volete, mentre se fate parte del Podcast Italiano Club c’è anche un altro sconto del 20%. Ma non ve lo dico perché dovete iscrivervi al club se volete lo sconto del 20%. E ora veramente vi saluto, ciao ciao.

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