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Superstizioni italiane e la loro origine popolare

Intermedio
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47

February 16, 2025

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Note e risorse

In questo episodio di livello intermedio, parliamo delle superstizioni più diffuse in Italia: dal gatto nero al ferro di cavallo, scopriamo le origini e i significati di queste credenze popolari.

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Trascrizione

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Tu che faresti se, mentre stai tornando a casa dal lavoro, un gatto nero attraversasse la strada davanti a te? Probabilmente, continueresti a camminare senza pensarci troppo, giusto? Ecco. Ma, secondo te, cosa farebbe, invece, un italiano in questa stessa situazione? Beh, temo che la risposta sia ben nota: eviterebbe di attraversare la strada. E non è solo il gatto nero a innescare questa reazione. Aprire un ombrello in casa, lasciare un cappello sul letto, brindare con l’acqua o passare sotto una scala: queste sono alcune delle cose che, almeno per alcuni italiani, portano sfortuna e quindi, non bisogna fare.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Io sono Davide e questo è Podcast Italiano, un podcast per chi sta imparando l’italiano e lo vuole imparare attraverso contenuti interessanti. Prima di iniziare, ti ricordo che anche questo episodio, come tutti gli altri, è accompagnato da una trascrizione arricchita da note lessicali, quindi un glossario, e spiegazioni grammaticali. Questa trascrizione è gratis, e si trova sul mio sito, podcastitaliano.com. Comunque ti lascio il link anche nelle note dell'episodio, che potrai trovare nell'app che stai usando per ascoltarmi, come Spotify, Apple Podcast o qualsiasi app di podcast.

Bene, avrai forse capito che l’episodio di oggi è dedicato alle superstizioni italiane. L’Italia, infatti, è un Paese ricco di superstizioni: alcune sono così radicate nella nostra cultura che quasi non le notiamo, e hanno radici antichissime e spiegazioni molto interessanti. Le superstizioni fanno parte, in un certo senso, del nostro patrimonio culturale, in quanto si tramandano di generazione in generazione chissà da quanto tempo. Infatti, proprio come, magari, facevano i nonni dei nonni dei nonni dei nostri nonni, ancora oggi, molti di noi evitano il numero 17, il gatto nero, o lo specchio rotto. Oppure, per scacciare la sfortuna, magari toccano ferro, fanno le corna o si toccano, attenzione… i testicoli. Sì, perché, attenzione, esistono tante cose che portano sfortuna, per gli italiani, ma esistono anche altrettanti rimedi o gesti scaramantici che la tengono lontana, la sfortuna. E devo dire che spesso facciamo questi gesti scaramantici anche solo “per sicurezza”, anche se non ci crediamo davvero, anche se non siamo veramente superstiziosi. Magari anche perché, comunque, fanno parte della cultura popolare, ci fanno ridere, li troviamo buffi, simpatici. Ma anche perché… non si sa mai, no? Sempre meglio prevenire che curare. Oppure, usando un’altra espressione italiana, “non succede, ma se succede…”. Come dire: non si sa mai che non ci sia un fondo di verità. Io, personalmente, non ci credo, però… ecco, alcune di queste le faccio anch’io.

Oggi, dunque, parleremo di alcune di queste superstizioni e vedremo come si pensa che siano nate, perché molte hanno origini popolari particolarmente interessanti e inaspettate. Attenzione: ho detto origine popolare, non storica. L’origine popolare riguarda credenze e tradizioni trasmesse oralmente tra la gente, senza una documentazione scritta. L’origine storica, invece, si fonda su eventi o credenze documentate, basate su prove scritte e testimonianze ufficiali. Quindi, le origini delle superstizioni sono difficili, se non impossibili, da tracciare con certezza; al massimo possiamo fare delle supposizioni. Le superstizioni, infatti, nascono in periodi molto lontani ed è praticamente impossibile trovare una testimonianza scritta e affidabile che attesti la verità dietro alle superstizioni calcolando che sono state tutte tramandate oralmente. Quando si tramanda qualcosa oralmente, poi, si sa, quella cosa subisce ulteriori modifiche, nel tempo e nello spazio. Quindi, possiamo solo supporre l’origine delle superstizioni. Ma, dopotutto… anche il mistero ha il suo fascino, no?

Dunque, iniziamo dicendo che abbiamo una superstizione quando crediamo che cose normali (come un gatto che attraversa la strada, un gatto “nero” che attraversa la strada) crediamo che queste cose accadano per colpa di forze soprannaturali (come la sfortuna), invece che per ragioni semplici, naturali, spiegabili in maniera scientifica, diciamo. Il concetto di superstizione esiste da tempi antichissimi, anche se nell’antichità aveva un significato leggermente diverso. Cicerone, ad esempio, che visse fra il 106 e il 43 a.C., nel suo scritto De Natura Deorum, usava il termine “superstizione” per descrivere il comportamento un po’ eccessivo di chi passava le giornate a pregare e a fare sacrifici alle divinità, sperando che queste divinità proteggessero i propri figli e li mantenessero “superstiti”, cioè “sopravvissuti” ai problemi della vita; che li tenessero, insomma, al sicuro. Quindi, il termine “superstizione” descriveva una devozione un po’ fuori dal comune, basata sulla paura del soprannaturale. E lo scopo di questa devozione era proprio evitare guai, proteggersi da eventuali pericoli compiendo atti religiosi o rituali, talvolta in modo eccessivo o irrazionale, nel tentativo di scongiurare disgrazie. Oggi, il legame tra superstizione e religione è scomparso. La superstizione moderna non teme divinità, ma si concentra piuttosto sui concetti di “fortuna” e “sfortuna”. Quindi su eventi o azioni che, si pensa, possano portare fortuna o sfortuna. Vediamo quali sono gli eventi che portano sfortuna.

Una delle superstizioni più comuni è quella secondo cui il gatto nero che attraversa la strada porti sfortuna. Pensa che, se un gatto nero attraversa la strada, molti italiani si fermano proprio, e aspettano che passi qualcun altro invece di continuare a camminare. Questa credenza sembra risalire al Medioevo, quando si credeva che i gatti neri fossero compagni del diavolo e delle streghe, o proprio streghe reincarnate in gatti, motivo per cui questi felini erano considerati simbolo di magia nera, di pericolo, di cattivo presagio. Questa superstizione si diffuse in tutta Europa e oltre, grazie anche alle migrazioni e alla colonizzazione, che hanno contribuito a farla radicare profondamente nelle culture occidentali. Nelle culture orientali, la situazione è differente: nell’antico Egitto, ad esempio, i gatti, inclusi quelli neri, erano considerati animali sacri e divini; in Giappone, il gatto nero è considerato un portatore di buona fortuna. Invece, in Occidente, questa superstizione ha avuto un peso non indifferente: secondo numerose ricerche condotte da associazioni internazionali e nazionali, tra cui la CFA (Cat Fanciers’ Association) e TICA (The International Cat Association), i gatti neri non vengono adottati tanto quanto i gatti di altri colori. Pensa te, poverini. Magari dipende da una questione di gusti, chi lo sa, ciò che possiamo dire è che, queste associazioni, insieme a organizzazioni animaliste come la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) e IFAW (International Fund for Animal Welfare), hanno promosso campagne specifiche per combattere lo stigma legato al gatto nero. Ad esempio, nel Regno Unito e negli Stati Uniti ci sono giornate dedicate alla sensibilizzazione delle persone su questa paura ingiustificata, anche per incentivare l’adozione dei gatti neri. Purtroppo, comunque, la credenza che i gatti neri portino sfortuna persiste in molte culture. Fortunatamente, comunque, non tutti sono superstiziosi. Io, come lo dicevo, non lo sono affatto. Tu, ormai, lo sai, io sono un uomo di scienza. E, francamente, mi danno anche abbastanza fastidio la maggior parte delle superstizioni, diciamo così.

Comunque, passiamo alla seconda: quella secondo cui rompere uno specchio porti sfortuna. Anzi, non porterebbe semplice “sfortuna”, ma ben sette anni di sfiga. Ah, “sfiga” è una parola colloquiale per dire “sfortuna”. Una persona “sfigata” può essere anche una persona non particolarmente popolare, non particolarmente “di successo”ma può essere anche una persona molto sfortunata. Quindi, “sono così sfigato, mi succedono sempre brutte cose” ecco, questo è il significato di “sfigato” e di “sfiga”. Quindi, dicevo, sette anni di sfiga. Non sei, non otto, ma sette, proprio precisi. Il numero 7 è simbolico; come ben sai, lo ritroviamo in mille cose diverse: i 7 vizi capitali, le 7 virtù, le 7 fatiche di Ercole, i 7 colli di Roma, le 7 meraviglie del mondo, le 7 note musicali, insomma… ce ne sono varie. Per quanto riguarda lo specchio, per come lo conosciamo oggi, è stato inventato solo nel I secolo d.C: prima di questa data, gli specchi erano fatti di bronzo, quindi erano verdastri, di un colore verdastro, tipo verde sporco. Parliamo di una bella differenza, rispetto a quelli che abbiamo oggi, in realtà. E in antichità, lo specchio era un oggetto abbastanza misterioso, poiché avere qualcosa che potesse riflettere le immagini e sdoppiare la realtà era qualcosa di davvero sorprendente. Pensa come si poteva sentire la prima persona che ha visto il proprio riflesso al di là di un riflesso in uno specchio d’acqua, non un riflesso come quello di uno specchio, ecco. Ed è quindi, probabilmente, per questo che rompere uno specchio, il proprio specchio o quello di qualcun altro, poteva essere considerata una perdita di un oggetto molto prezioso e poteva significare dover ripagare qualcuno di una somma molto grande, magari equivalente a anni di lavoro. Ecco, lo specchio è un oggetto da non sottovalutare. Pensa che, nel 166, ha fatto scoppiare una terribile guerra tra la Serenissima, la Repubblica di Venezia, e la Francia: la famosa “Guerra degli Specchi”. Un’altra ipotesi relativa all’origine di questa superstizione sta nel fatto che molte culture, antiche e moderne, credono che lo specchio sia una sorta di porta, per un altro mondo o una porta sull’anima di chi si specchia. Per questo romperlo potrebbe equivalere a distruggere l’anima o il percorso spirituale di qualcuno. Non so se sai che, in alcune culture, si usa coprire gli specchi in presenza di un defunto, proprio per evitare che lo specchio possa intrappolare la sua anima e impedirgli il suo viaggio verso l’aldilà.

E un’altra superstizione che ha a che fare con l’aldilà e la morte è quella secondo cui porta male (cioè porta sfortuna, appunto, porta “sfiga”) mettere un cappello sul letto. Questa credenza è diffusa soprattutto in sud Italia e pare originare dal fatto che, in passato, soprattutto nei secoli scorsi, quando una persona era in fin di vita, il sacerdote o il medico che se ne prendeva cura, spesso, poggiava il proprio cappello sul letto, mentre prestava assistenza al malato. Per questo, l’immagine di un cappello sul letto sarebbe associata, si dice, alla morte e al lutto e porta sfortuna. Ecco, questa è una delle superstizioni che trovo più strane, personalmente.

…Comunque, ora mettiamo da parte la morte e l’aldilà e parliamo di superstizioni più legate alla vita quotidiana. E ti chiedo: ti è mai capitato di far cadere il sale a tavola? Se sì, spero non ci fossero italiani a pranzo con te. Rovesciare il sale, o il contenitore del sale, in Italia, porta sfortuna. E adesso ti dico perché. Nel passato, il sale era un bene estremamente prezioso e pregiato: veniva usato come condimento per il cibo, come conservante per la carne e il pesce, come purificatore dell'acqua e come cura per le ferite. Pensa che, nell’Antica Roma, veniva addirittura usato come moneta: da qui, infatti, viene la parola “salario”. Sembra che i soldati venissero pagati in parte in moneta e in parte in “sale”, o con dei crediti da usare, appunto, per l'acquisto del sale. E da qui, “salario”. Anche se oggi in italiano si usa di più la parola “stipendio”, si può dire anche “salario”, quindi quanto vengo pagato per un lavoro. Quindi, sprecare il sale era considerato un segno di sciagura, di povertà e di cattiva gestione delle risorse. Sappi però che, se fai cadere il sale a tavola, c’è una cosa che puoi fare per rimediare: prendere un pizzico di sale e lanciartelo dietro alla spalla sinistra. A quanto pare, questo gesto, invece, porterebbe fortuna o, almeno, scaccerebbe la sfortuna. Rimanendo in cucina, anche rovesciare e far cadere l’olio porta sfortuna. L'origine è sicuramente simile a quella del sale, perché l’olio, oltre ad essere scivoloso e quindi pericoloso perché può provocare cadute, una volta era anche un bene preziosissimo, a disposizione di pochi. Quindi farlo cadere sarebbe stato uno spreco. Che poi non lo era solo una volta, perché anche oggi l'olio è praticamente più prezioso dell’oro. Negli ultimi anni i prezzi dell’olio sono saliti a dismisura. Anche perché è aumentata la qualità, in Italia. Ovviamente parlo dell’olio extravergine d’oliva, l’olio EVO, come viene chiamato, con un’abbreviazione. Quindi il discorso non fa una piega: far cadere dell’olio è senza dubbio una grande sfortuna. Anche perché macchia, no? Quindi, meglio evitare.

Comunque, se non vuoi attirare la sfortuna, oltre a non rovesciare olio e sale, ti devi anche ricordare di non aprire mai un ombrello dentro casa. Avevo detto che quella di prima era assurda, questa, forse, ancora di più. Se lo fai davanti a un italiano, aspettati uno sguardo terrorizzato! Ecco, non sia mai: non aprire ombrelli al chiuso. Le origini di questa superstizione sono varie: secondo alcuni ha a che fare con il fatto che gli ombrelli di una volta avevano strutture metalliche rigide che potevano danneggiare mobili, oggetti fragili o addirittura ferire qualcuno. Quindi aprirli in spazi chiusi risultava rischioso. Un’altra spiegazione ha radici nelle antiche usanze religiose: si racconta che, in passato, quando un sacerdote andava a trovare un moribondo, una persona che stava per morire, portandogli l’ostia, si proteggesse sotto un ombrello aperto come segno di rispetto per l’eucaristia, cioè per proteggere anche il corpo di Cristo. Di conseguenza, vedere un ombrello aperto in casa richiamerebbe nella casa la malattia e la possibile perdita di una persona cara. Ti ricordo, comunque, che queste ragioni sono puramente popolari e potrebbero essere state completamente inventate, ok? Quindi nessuna superstizione ha fondamenti storici basati sulle fonti, altrimenti, ecco, non sarebbe una semplice credenza popolare.

Un’altra superstizione, a cui credono gli italiani, afferma che passare sotto una scala porti sfortuna. Questa superstizione può essere spiegata da due punti di vista diversi: uno più religioso e uno più profano. Dal punto di vista religioso, la forma triangolare che crea una scala appoggiata a un muro richiamerebbe un triangolo. Il triangolo è una forma geometrica composta da tre lati, tre come la Trinità. Passare sotto una scala, quindi, secondo la leggenda, sarebbe un atto di violazione nei confronti della Trinità. Secondo me, però, la prossima spiegazione, cioè quella profana, ha decisamente più senso: pare che, sin dall’antichità, quando i nemici assediavano, cioè attaccavano i castelli, usassero lunghe scale per raggiungere le mura della città, chiamate proprio “scale d’assedio”. I soldati, per proteggere la propria città e fermare i nemici, lanciavano oggetti pericolosissimi, come olio bollente o massi sulle scale. Da qui, nasce l’idea che passare sotto una scala sia rischioso, perché non sai mai cosa potrebbe colpirti dall’alto. Ecco, forse, ripensandoci, è proprio questa la spiegazione: che uno ha paura che gli cadano cose, dalla scala. Forse è la spiegazione più semplice di quelle che abbiamo visto insieme.

Ma comunque, c’è anche una superstizione legata al brindisi, cioè all’atto di brindare, no? Brindare con un calice o con un bicchiere. Brindare alla salute di qualcuno, per esempio. Quindi, immagina di essere a cena a casa di amici: avete cenato, chiacchierato, e state per brindare alla vostra salute. Secondo una superstizione, durante il “cin-cin” bisogna assolutamente guardarsi negli occhi. Perché non farlo porterebbe sfortuna. Questa leggenda affonda le sue radici nel Medioevo, quando i commensali si guardavano negli occhi durante il brindisi per assicurarsi che nessuno avesse avvelenato la propria bevanda. Ci sta. Ma non finisce qua! Perché un’altra credenza riguarda il brindare con l’acqua, considerato di cattivo auspicio. Ricordati queste mie parole: in Italia non si brinda mai con l’acqua. In realtà io lo faccio, a volte, ma… vabbè, non ditelo a nessuno. A quanto pare, questa superstizione affonda le sue radici in un manuale della Marina Americana del 1896 che riportava un’importante regola: tutti i bicchieri d’acqua dovevano essere rimossi durante il brindisi, perché l’acqua era un elemento associato a pericoli e tragedie in mare, come i naufragi. Chissà. In realtà, io ho una mia teoria: ovvero che un tempo si beveva più vino che acqua, perché l’acqua era di pessima qualità e ti faceva ammalare. Quindi era più sicuro bere qualsiasi cosa che non fosse acqua. Quindi magari è per questo, no? Non lo so. Ma è una mia teoria, ecco, me la sono inventata in questo momento. Non prendetela per vera.

Ma la lista di cose che portano sfortuna, in Italia, è ancora lunga: non possiamo non menzionare il numero 17, considerato un numero sfortunato in Italia, e questo principalmente a causa del fatto che, in numeri romani, il numero 17 si scrive “XVII”. Ecco, se noi facciamo un anagramma, quindi cambiamo l’ordine di queste lettere, possiamo ottenere “VIXI”, che significa “ho vissuto”, no? Come il passato remoto “vissi”. “Ho vissuto”: verbo che implica che… non sto più vivendo. Sono morto. Ecco, anche questa è abbastanza assurda, eh? Bisogna dirlo. Poi, se il 17 del mese cade di venerdì, anche peggio. Venerdì 17 è una ricorrenza considerata particolarmente sfortunata, perché è l’unione di due elementi negativi: il venerdì (dal Venerdì Santo, giorno della morte di Gesù) e il numero 17. E quindi, venerdì 17 non va bene. Tra l’altro, credo che questa sia particolarmente italiana, perché per esempio, in altri Paesi come i Paesi anglosassoni, il 13 è il numero sfortunato, mentre in Italia è il 17. Fortuna che non è un numero così comune, se no…! Ecco, per esempio se il numero 2 fosse sfortunato, sarebbe un bel problema.

Un altro segno di cattivo auspicio è incontrare per strada un carro funebre vuoto, cioè senza la bara dentro. La spiegazione di questa credenza è piuttosto macabra: chi lo vede potrebbe essere il prossimo a riempirlo. E che cosa fa, l'uomo italiano, a quel punto? Si tocca. Letteralmente, si tocca i testicoli. Non so perché lo facciamo ma… lo facciamo. Cioè, io no. Io no, eh. Io non lo faccio, ma tanti lo fanno.

E ora ti spiego perché. Abbiamo varie cose che ci possono portare sfortuna ma anche vari modi per allontanarla, per scacciarla. Quindi… siamo fortunati.

Il primo modo per mandare via la sfortuna è sicuramente toccare… e puoi scegliere tu cosa, tra la gobba di un gobbo, che apparentemente porta fortuna, neanche lo sapevo; i tuoi testicoli, se li hai, o il ferro. Ebbene sì, noi italiani non tocchiamo il legno, ma il ferro. Dopotutto il ferro è un metallo che… beh, ispira protezione. Se invece preferisci, sì, puoi toccarti le parti basse. Già in epoche antiche esistono testimonianze di questa pratica in diversi testi classici, sia in greco, che recita “toccando tre o quattro volte i testicoli, tutte le sventure svaniscono”, sia in latino, che afferma “dopo aver toccato tre o quattro volte (sempre loro…) i testicoli, strappato e lanciato in aria un pelo, ogni malocchio è allontanato”.

E se non ti va di toccare nulla, specialmente in pubblico, puoi sempre comprarti un cornetto. E no, non parlo del cornetto con la crema. Il cornetto, in questo caso, è un talismano, solitamente rosso, a forma di corno animale. La sua origine risale all’antichità, quando già i popoli neolitici consideravano il corno animale sia un’arma che un simbolo di potere. Il cornetto rosso, poi, è anche il talismano che si usa per proteggersi dal malocchio. Ecco, il malocchio è una credenza diffusa in molte culture, in Italia specialmente al Sud, e indica la capacità di alcune persone di esercitare un potere malefico, causando sfortuna e disgrazia, attraverso lo sguardo. Cioè guardando qualcuno, queste persone possono praticamente rovinargli la vita. La parola “malocchio” viene, appunto, da “male” e “occhio”. Queste persone, tra l’altro, sono dette iettatrici (perché gettano il malocchio). Quindi uno iettatore, una persona che porta sfortuna.

Un altro potente portafortuna è il ferro di cavallo, che viene spesso appeso sopra la porta di casa. L’usanza deriva da una leggenda legata a San Dunstano, un fabbro vissuto nel decimo secolo che si dice sia riuscito a ingannare il diavolo, imprigionandolo con un ferro di cavallo e costringendolo a promettere che non sarebbe mai entrato in una casa dove fosse stato presente questo oggetto.

Poi, se non si ha un cornetto o un ferro di cavallo a portata di mano, si può ricorrere a un gesto molto diffuso: fare le corna. Se non sai come si fanno, pensa a un concerto rock. Ok? Te lo stai immaginando? Hai presente, no, il gesto che tutti fanno con le mani: ecco, è proprio quello. Credo sia quello, no? Quello senza il pollice. Stavo guardando la mia mano, il gesto delle corna si fa senza il pollice, credo che nel rock si faccia così. Comunque, senza pollice. Se hai dubbi guarda nelle note della trascrizione di questo episodio, dove troverai un’immagine. Quest’usanza, comune soprattutto in Italia, si dice derivi da un’antica tradizione romana: le donne indossavano degli anelli con funzione di amuleto all’indice e al mignolo, formando così il gesto delle corna. Per questo porterebbe fortuna farle, fare questo gesto. Farle, ho detto, eh, non metterle! Mettere le corna significa tradire un’altra persona. Significa tradire il proprio compagno.

Detto questo, penso di averti dato abbastanza informazioni per proteggerti da praticamente qualsiasi cosa, no? Da qualsiasi tipo di sfortuna del mondo. Ma ora voglio sapere da te: nel tuo Paese, esistono superstizioni simili? Ci sono gesti o oggetti considerati dei portafortuna, invece? Ma, soprattutto, voglio sapere: tu sei superstizioso, o superstiziosa? Fammelo sapere con un commento nell’app in cui mi stai ascoltando, come Spotify, dove puoi lasciare commenti. E, se ti piace questo podcast, magari lasciami anche una recensione positiva e 5 stelle. Mi farebbe molto piacere e aiuterebbe molto Podcast Italiano.

Siamo arrivati alla fine: ti saluto e ti ringrazio per l’ascolto.

Buona fortuna, e alla prossima.

Tu che faresti se, mentre stai tornando a casa dal lavoro, un gatto nero attraversasse la strada davanti a te? Probabilmente, continueresti a camminare senza pensarci troppo, giusto? Ecco. Ma, secondo te, cosa farebbe, invece, un italiano in questa stessa situazione? Beh, temo che la risposta sia ben nota: eviterebbe di attraversare la strada. E non è solo il gatto nero a innescare questa reazione. Aprire un ombrello in casa, lasciare un cappello sul letto, brindare con l’acqua o passare sotto una scala: queste sono alcune delle cose che, almeno per alcuni italiani, portano sfortuna e quindi, non bisogna fare.

Scarica la versione PDF della trascrizione
Trascrizione interattiva dell'episodio

Io sono Davide e questo è Podcast Italiano, un podcast per chi sta imparando l’italiano e lo vuole imparare attraverso contenuti interessanti. Prima di iniziare, ti ricordo che anche questo episodio, come tutti gli altri, è accompagnato da una trascrizione arricchita da note lessicali, quindi un glossario, e spiegazioni grammaticali. Questa trascrizione è gratis, e si trova sul mio sito, podcastitaliano.com. Comunque ti lascio il link anche nelle note dell'episodio, che potrai trovare nell'app che stai usando per ascoltarmi, come Spotify, Apple Podcast o qualsiasi app di podcast.

Bene, avrai forse capito che l’episodio di oggi è dedicato alle superstizioni italiane. L’Italia, infatti, è un Paese ricco di superstizioni: alcune sono così radicate nella nostra cultura che quasi non le notiamo, e hanno radici antichissime e spiegazioni molto interessanti. Le superstizioni fanno parte, in un certo senso, del nostro patrimonio culturale, in quanto si tramandano di generazione in generazione chissà da quanto tempo. Infatti, proprio come, magari, facevano i nonni dei nonni dei nonni dei nostri nonni, ancora oggi, molti di noi evitano il numero 17, il gatto nero, o lo specchio rotto. Oppure, per scacciare la sfortuna, magari toccano ferro, fanno le corna o si toccano, attenzione… i testicoli. Sì, perché, attenzione, esistono tante cose che portano sfortuna, per gli italiani, ma esistono anche altrettanti rimedi o gesti scaramantici che la tengono lontana, la sfortuna. E devo dire che spesso facciamo questi gesti scaramantici anche solo “per sicurezza”, anche se non ci crediamo davvero, anche se non siamo veramente superstiziosi. Magari anche perché, comunque, fanno parte della cultura popolare, ci fanno ridere, li troviamo buffi, simpatici. Ma anche perché… non si sa mai, no? Sempre meglio prevenire che curare. Oppure, usando un’altra espressione italiana, “non succede, ma se succede…”. Come dire: non si sa mai che non ci sia un fondo di verità. Io, personalmente, non ci credo, però… ecco, alcune di queste le faccio anch’io.

Oggi, dunque, parleremo di alcune di queste superstizioni e vedremo come si pensa che siano nate, perché molte hanno origini popolari particolarmente interessanti e inaspettate. Attenzione: ho detto origine popolare, non storica. L’origine popolare riguarda credenze e tradizioni trasmesse oralmente tra la gente, senza una documentazione scritta. L’origine storica, invece, si fonda su eventi o credenze documentate, basate su prove scritte e testimonianze ufficiali. Quindi, le origini delle superstizioni sono difficili, se non impossibili, da tracciare con certezza; al massimo possiamo fare delle supposizioni. Le superstizioni, infatti, nascono in periodi molto lontani ed è praticamente impossibile trovare una testimonianza scritta e affidabile che attesti la verità dietro alle superstizioni calcolando che sono state tutte tramandate oralmente. Quando si tramanda qualcosa oralmente, poi, si sa, quella cosa subisce ulteriori modifiche, nel tempo e nello spazio. Quindi, possiamo solo supporre l’origine delle superstizioni. Ma, dopotutto… anche il mistero ha il suo fascino, no?

Dunque, iniziamo dicendo che abbiamo una superstizione quando crediamo che cose normali (come un gatto che attraversa la strada, un gatto “nero” che attraversa la strada) crediamo che queste cose accadano per colpa di forze soprannaturali (come la sfortuna), invece che per ragioni semplici, naturali, spiegabili in maniera scientifica, diciamo. Il concetto di superstizione esiste da tempi antichissimi, anche se nell’antichità aveva un significato leggermente diverso. Cicerone, ad esempio, che visse fra il 106 e il 43 a.C., nel suo scritto De Natura Deorum, usava il termine “superstizione” per descrivere il comportamento un po’ eccessivo di chi passava le giornate a pregare e a fare sacrifici alle divinità, sperando che queste divinità proteggessero i propri figli e li mantenessero “superstiti”, cioè “sopravvissuti” ai problemi della vita; che li tenessero, insomma, al sicuro. Quindi, il termine “superstizione” descriveva una devozione un po’ fuori dal comune, basata sulla paura del soprannaturale. E lo scopo di questa devozione era proprio evitare guai, proteggersi da eventuali pericoli compiendo atti religiosi o rituali, talvolta in modo eccessivo o irrazionale, nel tentativo di scongiurare disgrazie. Oggi, il legame tra superstizione e religione è scomparso. La superstizione moderna non teme divinità, ma si concentra piuttosto sui concetti di “fortuna” e “sfortuna”. Quindi su eventi o azioni che, si pensa, possano portare fortuna o sfortuna. Vediamo quali sono gli eventi che portano sfortuna.

Una delle superstizioni più comuni è quella secondo cui il gatto nero che attraversa la strada porti sfortuna. Pensa che, se un gatto nero attraversa la strada, molti italiani si fermano proprio, e aspettano che passi qualcun altro invece di continuare a camminare. Questa credenza sembra risalire al Medioevo, quando si credeva che i gatti neri fossero compagni del diavolo e delle streghe, o proprio streghe reincarnate in gatti, motivo per cui questi felini erano considerati simbolo di magia nera, di pericolo, di cattivo presagio. Questa superstizione si diffuse in tutta Europa e oltre, grazie anche alle migrazioni e alla colonizzazione, che hanno contribuito a farla radicare profondamente nelle culture occidentali. Nelle culture orientali, la situazione è differente: nell’antico Egitto, ad esempio, i gatti, inclusi quelli neri, erano considerati animali sacri e divini; in Giappone, il gatto nero è considerato un portatore di buona fortuna. Invece, in Occidente, questa superstizione ha avuto un peso non indifferente: secondo numerose ricerche condotte da associazioni internazionali e nazionali, tra cui la CFA (Cat Fanciers’ Association) e TICA (The International Cat Association), i gatti neri non vengono adottati tanto quanto i gatti di altri colori. Pensa te, poverini. Magari dipende da una questione di gusti, chi lo sa, ciò che possiamo dire è che, queste associazioni, insieme a organizzazioni animaliste come la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) e IFAW (International Fund for Animal Welfare), hanno promosso campagne specifiche per combattere lo stigma legato al gatto nero. Ad esempio, nel Regno Unito e negli Stati Uniti ci sono giornate dedicate alla sensibilizzazione delle persone su questa paura ingiustificata, anche per incentivare l’adozione dei gatti neri. Purtroppo, comunque, la credenza che i gatti neri portino sfortuna persiste in molte culture. Fortunatamente, comunque, non tutti sono superstiziosi. Io, come lo dicevo, non lo sono affatto. Tu, ormai, lo sai, io sono un uomo di scienza. E, francamente, mi danno anche abbastanza fastidio la maggior parte delle superstizioni, diciamo così.

Comunque, passiamo alla seconda: quella secondo cui rompere uno specchio porti sfortuna. Anzi, non porterebbe semplice “sfortuna”, ma ben sette anni di sfiga. Ah, “sfiga” è una parola colloquiale per dire “sfortuna”. Una persona “sfigata” può essere anche una persona non particolarmente popolare, non particolarmente “di successo”ma può essere anche una persona molto sfortunata. Quindi, “sono così sfigato, mi succedono sempre brutte cose” ecco, questo è il significato di “sfigato” e di “sfiga”. Quindi, dicevo, sette anni di sfiga. Non sei, non otto, ma sette, proprio precisi. Il numero 7 è simbolico; come ben sai, lo ritroviamo in mille cose diverse: i 7 vizi capitali, le 7 virtù, le 7 fatiche di Ercole, i 7 colli di Roma, le 7 meraviglie del mondo, le 7 note musicali, insomma… ce ne sono varie. Per quanto riguarda lo specchio, per come lo conosciamo oggi, è stato inventato solo nel I secolo d.C: prima di questa data, gli specchi erano fatti di bronzo, quindi erano verdastri, di un colore verdastro, tipo verde sporco. Parliamo di una bella differenza, rispetto a quelli che abbiamo oggi, in realtà. E in antichità, lo specchio era un oggetto abbastanza misterioso, poiché avere qualcosa che potesse riflettere le immagini e sdoppiare la realtà era qualcosa di davvero sorprendente. Pensa come si poteva sentire la prima persona che ha visto il proprio riflesso al di là di un riflesso in uno specchio d’acqua, non un riflesso come quello di uno specchio, ecco. Ed è quindi, probabilmente, per questo che rompere uno specchio, il proprio specchio o quello di qualcun altro, poteva essere considerata una perdita di un oggetto molto prezioso e poteva significare dover ripagare qualcuno di una somma molto grande, magari equivalente a anni di lavoro. Ecco, lo specchio è un oggetto da non sottovalutare. Pensa che, nel 166, ha fatto scoppiare una terribile guerra tra la Serenissima, la Repubblica di Venezia, e la Francia: la famosa “Guerra degli Specchi”. Un’altra ipotesi relativa all’origine di questa superstizione sta nel fatto che molte culture, antiche e moderne, credono che lo specchio sia una sorta di porta, per un altro mondo o una porta sull’anima di chi si specchia. Per questo romperlo potrebbe equivalere a distruggere l’anima o il percorso spirituale di qualcuno. Non so se sai che, in alcune culture, si usa coprire gli specchi in presenza di un defunto, proprio per evitare che lo specchio possa intrappolare la sua anima e impedirgli il suo viaggio verso l’aldilà.

E un’altra superstizione che ha a che fare con l’aldilà e la morte è quella secondo cui porta male (cioè porta sfortuna, appunto, porta “sfiga”) mettere un cappello sul letto. Questa credenza è diffusa soprattutto in sud Italia e pare originare dal fatto che, in passato, soprattutto nei secoli scorsi, quando una persona era in fin di vita, il sacerdote o il medico che se ne prendeva cura, spesso, poggiava il proprio cappello sul letto, mentre prestava assistenza al malato. Per questo, l’immagine di un cappello sul letto sarebbe associata, si dice, alla morte e al lutto e porta sfortuna. Ecco, questa è una delle superstizioni che trovo più strane, personalmente.

…Comunque, ora mettiamo da parte la morte e l’aldilà e parliamo di superstizioni più legate alla vita quotidiana. E ti chiedo: ti è mai capitato di far cadere il sale a tavola? Se sì, spero non ci fossero italiani a pranzo con te. Rovesciare il sale, o il contenitore del sale, in Italia, porta sfortuna. E adesso ti dico perché. Nel passato, il sale era un bene estremamente prezioso e pregiato: veniva usato come condimento per il cibo, come conservante per la carne e il pesce, come purificatore dell'acqua e come cura per le ferite. Pensa che, nell’Antica Roma, veniva addirittura usato come moneta: da qui, infatti, viene la parola “salario”. Sembra che i soldati venissero pagati in parte in moneta e in parte in “sale”, o con dei crediti da usare, appunto, per l'acquisto del sale. E da qui, “salario”. Anche se oggi in italiano si usa di più la parola “stipendio”, si può dire anche “salario”, quindi quanto vengo pagato per un lavoro. Quindi, sprecare il sale era considerato un segno di sciagura, di povertà e di cattiva gestione delle risorse. Sappi però che, se fai cadere il sale a tavola, c’è una cosa che puoi fare per rimediare: prendere un pizzico di sale e lanciartelo dietro alla spalla sinistra. A quanto pare, questo gesto, invece, porterebbe fortuna o, almeno, scaccerebbe la sfortuna. Rimanendo in cucina, anche rovesciare e far cadere l’olio porta sfortuna. L'origine è sicuramente simile a quella del sale, perché l’olio, oltre ad essere scivoloso e quindi pericoloso perché può provocare cadute, una volta era anche un bene preziosissimo, a disposizione di pochi. Quindi farlo cadere sarebbe stato uno spreco. Che poi non lo era solo una volta, perché anche oggi l'olio è praticamente più prezioso dell’oro. Negli ultimi anni i prezzi dell’olio sono saliti a dismisura. Anche perché è aumentata la qualità, in Italia. Ovviamente parlo dell’olio extravergine d’oliva, l’olio EVO, come viene chiamato, con un’abbreviazione. Quindi il discorso non fa una piega: far cadere dell’olio è senza dubbio una grande sfortuna. Anche perché macchia, no? Quindi, meglio evitare.

Comunque, se non vuoi attirare la sfortuna, oltre a non rovesciare olio e sale, ti devi anche ricordare di non aprire mai un ombrello dentro casa. Avevo detto che quella di prima era assurda, questa, forse, ancora di più. Se lo fai davanti a un italiano, aspettati uno sguardo terrorizzato! Ecco, non sia mai: non aprire ombrelli al chiuso. Le origini di questa superstizione sono varie: secondo alcuni ha a che fare con il fatto che gli ombrelli di una volta avevano strutture metalliche rigide che potevano danneggiare mobili, oggetti fragili o addirittura ferire qualcuno. Quindi aprirli in spazi chiusi risultava rischioso. Un’altra spiegazione ha radici nelle antiche usanze religiose: si racconta che, in passato, quando un sacerdote andava a trovare un moribondo, una persona che stava per morire, portandogli l’ostia, si proteggesse sotto un ombrello aperto come segno di rispetto per l’eucaristia, cioè per proteggere anche il corpo di Cristo. Di conseguenza, vedere un ombrello aperto in casa richiamerebbe nella casa la malattia e la possibile perdita di una persona cara. Ti ricordo, comunque, che queste ragioni sono puramente popolari e potrebbero essere state completamente inventate, ok? Quindi nessuna superstizione ha fondamenti storici basati sulle fonti, altrimenti, ecco, non sarebbe una semplice credenza popolare.

Un’altra superstizione, a cui credono gli italiani, afferma che passare sotto una scala porti sfortuna. Questa superstizione può essere spiegata da due punti di vista diversi: uno più religioso e uno più profano. Dal punto di vista religioso, la forma triangolare che crea una scala appoggiata a un muro richiamerebbe un triangolo. Il triangolo è una forma geometrica composta da tre lati, tre come la Trinità. Passare sotto una scala, quindi, secondo la leggenda, sarebbe un atto di violazione nei confronti della Trinità. Secondo me, però, la prossima spiegazione, cioè quella profana, ha decisamente più senso: pare che, sin dall’antichità, quando i nemici assediavano, cioè attaccavano i castelli, usassero lunghe scale per raggiungere le mura della città, chiamate proprio “scale d’assedio”. I soldati, per proteggere la propria città e fermare i nemici, lanciavano oggetti pericolosissimi, come olio bollente o massi sulle scale. Da qui, nasce l’idea che passare sotto una scala sia rischioso, perché non sai mai cosa potrebbe colpirti dall’alto. Ecco, forse, ripensandoci, è proprio questa la spiegazione: che uno ha paura che gli cadano cose, dalla scala. Forse è la spiegazione più semplice di quelle che abbiamo visto insieme.

Ma comunque, c’è anche una superstizione legata al brindisi, cioè all’atto di brindare, no? Brindare con un calice o con un bicchiere. Brindare alla salute di qualcuno, per esempio. Quindi, immagina di essere a cena a casa di amici: avete cenato, chiacchierato, e state per brindare alla vostra salute. Secondo una superstizione, durante il “cin-cin” bisogna assolutamente guardarsi negli occhi. Perché non farlo porterebbe sfortuna. Questa leggenda affonda le sue radici nel Medioevo, quando i commensali si guardavano negli occhi durante il brindisi per assicurarsi che nessuno avesse avvelenato la propria bevanda. Ci sta. Ma non finisce qua! Perché un’altra credenza riguarda il brindare con l’acqua, considerato di cattivo auspicio. Ricordati queste mie parole: in Italia non si brinda mai con l’acqua. In realtà io lo faccio, a volte, ma… vabbè, non ditelo a nessuno. A quanto pare, questa superstizione affonda le sue radici in un manuale della Marina Americana del 1896 che riportava un’importante regola: tutti i bicchieri d’acqua dovevano essere rimossi durante il brindisi, perché l’acqua era un elemento associato a pericoli e tragedie in mare, come i naufragi. Chissà. In realtà, io ho una mia teoria: ovvero che un tempo si beveva più vino che acqua, perché l’acqua era di pessima qualità e ti faceva ammalare. Quindi era più sicuro bere qualsiasi cosa che non fosse acqua. Quindi magari è per questo, no? Non lo so. Ma è una mia teoria, ecco, me la sono inventata in questo momento. Non prendetela per vera.

Ma la lista di cose che portano sfortuna, in Italia, è ancora lunga: non possiamo non menzionare il numero 17, considerato un numero sfortunato in Italia, e questo principalmente a causa del fatto che, in numeri romani, il numero 17 si scrive “XVII”. Ecco, se noi facciamo un anagramma, quindi cambiamo l’ordine di queste lettere, possiamo ottenere “VIXI”, che significa “ho vissuto”, no? Come il passato remoto “vissi”. “Ho vissuto”: verbo che implica che… non sto più vivendo. Sono morto. Ecco, anche questa è abbastanza assurda, eh? Bisogna dirlo. Poi, se il 17 del mese cade di venerdì, anche peggio. Venerdì 17 è una ricorrenza considerata particolarmente sfortunata, perché è l’unione di due elementi negativi: il venerdì (dal Venerdì Santo, giorno della morte di Gesù) e il numero 17. E quindi, venerdì 17 non va bene. Tra l’altro, credo che questa sia particolarmente italiana, perché per esempio, in altri Paesi come i Paesi anglosassoni, il 13 è il numero sfortunato, mentre in Italia è il 17. Fortuna che non è un numero così comune, se no…! Ecco, per esempio se il numero 2 fosse sfortunato, sarebbe un bel problema.

Un altro segno di cattivo auspicio è incontrare per strada un carro funebre vuoto, cioè senza la bara dentro. La spiegazione di questa credenza è piuttosto macabra: chi lo vede potrebbe essere il prossimo a riempirlo. E che cosa fa, l'uomo italiano, a quel punto? Si tocca. Letteralmente, si tocca i testicoli. Non so perché lo facciamo ma… lo facciamo. Cioè, io no. Io no, eh. Io non lo faccio, ma tanti lo fanno.

E ora ti spiego perché. Abbiamo varie cose che ci possono portare sfortuna ma anche vari modi per allontanarla, per scacciarla. Quindi… siamo fortunati.

Il primo modo per mandare via la sfortuna è sicuramente toccare… e puoi scegliere tu cosa, tra la gobba di un gobbo, che apparentemente porta fortuna, neanche lo sapevo; i tuoi testicoli, se li hai, o il ferro. Ebbene sì, noi italiani non tocchiamo il legno, ma il ferro. Dopotutto il ferro è un metallo che… beh, ispira protezione. Se invece preferisci, sì, puoi toccarti le parti basse. Già in epoche antiche esistono testimonianze di questa pratica in diversi testi classici, sia in greco, che recita “toccando tre o quattro volte i testicoli, tutte le sventure svaniscono”, sia in latino, che afferma “dopo aver toccato tre o quattro volte (sempre loro…) i testicoli, strappato e lanciato in aria un pelo, ogni malocchio è allontanato”.

E se non ti va di toccare nulla, specialmente in pubblico, puoi sempre comprarti un cornetto. E no, non parlo del cornetto con la crema. Il cornetto, in questo caso, è un talismano, solitamente rosso, a forma di corno animale. La sua origine risale all’antichità, quando già i popoli neolitici consideravano il corno animale sia un’arma che un simbolo di potere. Il cornetto rosso, poi, è anche il talismano che si usa per proteggersi dal malocchio. Ecco, il malocchio è una credenza diffusa in molte culture, in Italia specialmente al Sud, e indica la capacità di alcune persone di esercitare un potere malefico, causando sfortuna e disgrazia, attraverso lo sguardo. Cioè guardando qualcuno, queste persone possono praticamente rovinargli la vita. La parola “malocchio” viene, appunto, da “male” e “occhio”. Queste persone, tra l’altro, sono dette iettatrici (perché gettano il malocchio). Quindi uno iettatore, una persona che porta sfortuna.

Un altro potente portafortuna è il ferro di cavallo, che viene spesso appeso sopra la porta di casa. L’usanza deriva da una leggenda legata a San Dunstano, un fabbro vissuto nel decimo secolo che si dice sia riuscito a ingannare il diavolo, imprigionandolo con un ferro di cavallo e costringendolo a promettere che non sarebbe mai entrato in una casa dove fosse stato presente questo oggetto.

Poi, se non si ha un cornetto o un ferro di cavallo a portata di mano, si può ricorrere a un gesto molto diffuso: fare le corna. Se non sai come si fanno, pensa a un concerto rock. Ok? Te lo stai immaginando? Hai presente, no, il gesto che tutti fanno con le mani: ecco, è proprio quello. Credo sia quello, no? Quello senza il pollice. Stavo guardando la mia mano, il gesto delle corna si fa senza il pollice, credo che nel rock si faccia così. Comunque, senza pollice. Se hai dubbi guarda nelle note della trascrizione di questo episodio, dove troverai un’immagine. Quest’usanza, comune soprattutto in Italia, si dice derivi da un’antica tradizione romana: le donne indossavano degli anelli con funzione di amuleto all’indice e al mignolo, formando così il gesto delle corna. Per questo porterebbe fortuna farle, fare questo gesto. Farle, ho detto, eh, non metterle! Mettere le corna significa tradire un’altra persona. Significa tradire il proprio compagno.

Detto questo, penso di averti dato abbastanza informazioni per proteggerti da praticamente qualsiasi cosa, no? Da qualsiasi tipo di sfortuna del mondo. Ma ora voglio sapere da te: nel tuo Paese, esistono superstizioni simili? Ci sono gesti o oggetti considerati dei portafortuna, invece? Ma, soprattutto, voglio sapere: tu sei superstizioso, o superstiziosa? Fammelo sapere con un commento nell’app in cui mi stai ascoltando, come Spotify, dove puoi lasciare commenti. E, se ti piace questo podcast, magari lasciami anche una recensione positiva e 5 stelle. Mi farebbe molto piacere e aiuterebbe molto Podcast Italiano.

Siamo arrivati alla fine: ti saluto e ti ringrazio per l’ascolto.

Buona fortuna, e alla prossima.

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