Luca Lampariello e l’italiano
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Trascription
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Benvenuti su Podcast Italiano. In questa intervista ho l’onore di intervistare Luca Lampariello; per quelli che non conoscano chi è Luca Lampariello, Luca è un poliglotta, ovvero una persona che parla tante lingue.
E’ italiano, è di Roma, ed è uno dei poliglotti più famosi al mondo; credo parli 13 lingue o qualcosa del genere e sono comunque in costante aumento (constantly increasing). Abbiamo parlato di cose che normalmente non discute: gli ho fatto delle domande che non gli vengono poste solitamente, come per esempio il suo rapporto con l’italiano, quanto spesso usi l’italiano, e abbiamo parlato di altri temi, come la gestualità, la mimica facciale degli italiani, del suo uso dei gesti quando parla altre lingue, del romanesco – ovvero il modo di parlare italiano a Roma – e dei problemi degli stranieri che parlano l’italiano.
Spero che l’episodio sia di vostro gradimento e vi auguro Buon Ascolto.
D: Ok, ciao Luca! Per me è un onore averti qua su Podcast Italiano, perché tu sei forse in Italia la persona più conosciuta nell’ambito delle lingue. Tu parli spesso, beh anche in altre lingue e delle lingue in generale, però oggi volevo parlare, dato che siamo entrambi italiani, volevo parlare in italiano e dell’italiano. E una cosa che mi interessa è: che ruolo ha l’italiano nella tua vita quotidiana? Io so che vivi.. vivi con degli stranieri, che frequenti (hang out with, spend time with) stranieri e che questa è una grande parte della tua vita. Come usi l’italiano?
L: Allora, innanzitutto grazie per la domanda perché è una domanda che non mi fa quasi nessuno, nel senso che tutti mi fanno le domande su come imparo le lingue, ma nessuno mi ha mai chiesto come, che rapporto ho con la mia lingua madre. Quindi ti ringrazio per la domanda interessante. In secundis (second of all, from latin), ne parlavo proprio oggi con i miei coinquilini, del fatto che, nonostante il fatto che io viva in Italia, viva a Roma, utilizzo l’italiano parlato almeno relativamente poco, nel senso che ho poco contatto giornaliero. Io divido spesso —diciamo, l’ambiente linguistico, l’ambiente in generale—in microambiente e macroambiente. E per semplificare, il microambiente è la casa e in casa parlo praticamente o inglese o spagnolo. Mi hanno chiesto di parlare un po’ in italiano, ma non è la stessa cosa in termini di quello che in inglese viene definito “language maintenance” – cioè, per salvaguardare e anche migliorare o raffinare l’italiano ovviamente parlare con stranieri aiuta relativamente poco. Ovviamente ho contatto esterno quando vado al supermercato, quando devo sbrigare delle faccende (run some errands) in banca, quando ovviamente vedo i miei genitori, quando vedo i miei amici, ma è relativamente ristretto. E per allargare un po’ il quadro (widen/broaden the framework) e rispondere alla tua domanda in maniera un po’ più articolata (in a more comprehensive way) direi che il mio rapporto con l’italiano è un ottimo rapporto, nel senso che anche se non lo parlo troppo – comunque parlare con gli amici al bar non è la stessa cosa che fare un discorso – diciamo che leggo tutti i giorni per esempio il giornale, la Repubblica (giornale italiano), o quasi tutti i giorni le notizie on-line, qualche volta leggo dei libri in italiano anche se relativamente poco, diciamo.. per la maggior parte leggo giornali, riviste e libri stranieri.
Per concludere, per rispondere alla tua domanda, direi che, adesso come adesso, siccome sono un language coach, cioè lavoro come istruttore o coach linguistico, parlare l’italiano ad un livello particolarmente raffinato non mi serve, mentre 4 -5 anni fa invece era tutto completamente diverso, perché quando andavo a scuola di interpretariato a Parigi, una delle cose che si richiedeva di più era proprio la conoscenza, la padronanza della lingua italiana, cioè della propria madrelingua. Può sorprendere, ma in realtà un interprete – soprattutto se ha lingue passive – cioè lingue che ascolta, che capisce e deve restituire (here meaning translating) il discorso nella propria lingua madre — le lacune (shortcomings) più grandi della maggior parte degli studenti, risiedono non tanto nella conoscenza delle lingue straniere quanto nella conoscenza della propria lingua madre. Perché è difficile, molte persone danno per scontato (take for granted) la propria lingua madre, ma esprimersi a livelli elevati e restituire discorsi di natura politica, economica e in un linguaggio più articolato e complesso è molto più difficile e mi sono accorto delle ..forse non delle lacune, ma ricordo con chiarezza che la mia professoressa mi faceva notare, non so se a torto o a ragione (rightly or wrongly), delle mie lacune in termini di registro, cioè mischiavo delle parole di registro basso col registro alto, questa era la rimostranza (complaint).
D: ..e questo comunque nell’italiano..
L: ..questo nell’italiano, perché io avevo 4 lingue, avevo cominciato con 4, poi sono diventate 3. Avevo l’inglese, il francese e il tedesco come lingue passive, cioè lingue che ascoltavo, che dovevo capire quasi alla perfezione, e dovevo restituire il discorso sempre in italiano. Quindi quello che i famosi clienti di un interprete vogliono non è la conoscenza della lingua straniera che si dà per scontato, ma la qualità del tuo discorso, nella tua lingua madre, e nel mio caso era proprio l’italiano.
Per finire, il mio rapporto con l’italiano è buono, anzi è ottimo, perché non solo è la mia lingua madre, ma adoro l’italiano come lingua, come suona. Dicono spesso che i madrelingua non sanno, non hanno idea di come suona, o come suoni l’italiano, ma invece sì, lo sappiamo, nel senso che per me è una lingua bellissima, piena di vocali, aperta, poi con grande varietà dialettale, varietà di accenti, insomma… una lingua stupenda.
D: Correggimi se sbaglio, però penso che conoscere tante lingue ti faccia capire meglio anche la tua propria lingua, anche come fonetica o come lessico, le sue particolarità..
L: Te la fa apprezzare di più. Goethe diceva proprio che (se non mi sbaglio era Goethe), conoscere una lingua straniera significa conoscere soprattutto, anche la propria, no? Chi non sa nulla di lingue straniere non conosce intimamente la propria lingua madre, sono pienamente d’accordo.
D: Quindi, come abbiamo detto, tu parli soprattutto lingue che non sono l’italiano nella tua vita di tutti i giorni, in percentuale. Però percepisci delle differenze sostanziali tra l’italiano – che è la tua lingua madre – e le lingue straniere che conosci meglio, che immagino siano l’inglese, il francese e il tedesco? Percepisci delle differenze proprio a livello profondo, a un livello comunicativo in cui magari ci sono delle emozioni in ballo, della rabbia, dello stress? Senti che l’italiano comunque ti viene più naturale, più spontaneo, rispetto alle altre lingue, o invece, non ci sono-al tuo livello non senti queste differenze?
L: Una domanda particolare, si possono dare risposte in chiavi completamente diverse (I can answer this question from completely different angles). Primo, direi che la prima lingua che mi esce dalla bocca se qualcuno mi urta per strada (bumps into me on the street) o se succede qualche cosa che mi fa emozionare o che mi provoca una reazione è il romanesco, neanche l’italiano. Dice “ma che sta’ a ffà, ma che sta’ a combinà” (in italiano: ma che stai facendo, che stai combinando?) e questa è la prima cosa che mi uscirebbe dalla bocca. Quindi l’italiano è sempre, diciamo, connesso con con l’istinto primario (basic instinct). A volte mi esce dalla bocca l’inglese come seconda lingua, ma, per la maggior parte delle situazioni, se qualcuno mi provoca o succede qualcosa per strada, (cosa rara ma succede), mi esce il romanesco – che io vedo come prima lingua ancora prima dell’italiano. Ma di questo se ne potrà discutere in un altro podcast.
D: Ma anche quindi in paesi stranieri, in Polonia qualcuno ti urta e tu gli dici “ma che sta’ a ffà”?
L: Si, sì, oppure anche quando sono con amici e mi capita una certa situazione, per esempio l’espressione che mi esce dalla bocca più frequentemente in italiano è “Ah, annamo bbene” (in italiano: andiamo bene / a sarcastic remark, kind of like “that’s just great”) che è tipico romano, no? E quindi i miei amici mi fanno: “Ah, che hai detto Luca?” perché parliamo, che ne so, in polacco, o in russo o in un’altra lingua e improvvisamente dico “Ah, annamo bbene”, poi accompagnato sempre con il gesto, perché gli italiani spesso accompagnano sempre con il tipico gesto a dire “See annamo bbene”con questo – con questo gesto della mano che oscilla davanti alla tua faccia. E quindi si chiedono se io abbia preso qualche funghetto allucinogeno (psychedelic mushrooms)
D. Nel mezzo di conversazioni in altre lingue intercali (insert / un intercalare = an expression you say a lot) queste espressioni
L.Sì esatto, esattamente. Però per rispondere alla tua domanda in chiave diversa (from a different angle) direi che le lingue sono tutte comunicative allo stesso modo, non direi che ce n’è una più comunicativa o meno, e semplicemente che quello che mi piace pensare è che non abbiamo, non sviluppiamo una personalità diversa a seconda della lingua che parliamo, ma sviluppiamo una delle facce della nostra personalità; nel senso che io sono sempre io, sono sempre Luca Lampariello, ma sono arrivato-quando uno arriva ad un certo livello linguistico- sono il me stesso nato possibilmente in Francia, come sarebbe Luca Lampariello se fosse nato francese, se fosse nato tedesco?
Una cosa che è molto interessante che ho notato, su cui sto scrivendo (vorrei elaborare un po’ di più), è che se io parlo l’italiano a chiedere “ma che sta’ a ffà” ancora prima dell’italiano “cosa stai facendo?” questo è il gesto che mi viene prima di tutto, cioè il tipico gesto per cui ci prendono un po’ benevolmente in giro (for which they make fun of us in a friendly way), con le dita unite della mano e che davanti a te oscilli questa mano e dici “ma che sta’ a ffà?”. Mentre se io parlo in inglese non mi verrebbe mai (I would never do it, it wouldn’t come natural to do it), e dico la frase corrispondente “What are you doing?” in inglese o “Qu’est-ce que tu fais?” in francese, non mi verrebbe mai di fare questo gesto. Non mi verrebbe mai di dire “What are you doing?” così (making this hand gesture). Il mio cervello non associa il gesto della mano in inglese alla parola “What are you doing?” ma quando lo dico in italiano e/o in romano questa è la prima cosa che mi viene, oppure “Oh, annamo bbene” – intraducibile – ma per dirti, la gestualità (gestures, body language), la mimica facciale (facial expressions) sono legate strettamente alla lingua.
Un altro esempio, in Francia, per esempio direi .. ti faccio un esempio in italiano, “Che fai oggi, vieni con noi?”. Io in italiano risponderei “Bah..bah” guarda la mia faccia (ovviamente le persone che ci stanno ascoltando la mia faccia non la vedono ma tu la puoi vedere / sorry about the lack of video :D–ed) Io farei come “Bah, non lo so” Mentre invece un francese direbbe “Bon! Je sais pas, bon peut-etre” che è un po’ diverso come espressione, quindi non è solo.. è sviluppare interamente con la mimica facciale e anche con i gesti e l’intero corpo una parte della tua, o della mia in questo caso, personalità.
D: Sì, sì questo è un argomento interessante. Quindi tu non senti che stai trasferendo la mimica dell’italiano alle altre lingue?
L: No, perché ho sviluppato un lato della mia personalità direttamente in un’altra lingua. Forse all’inizio si sono, diciamo, sovrapposte (overlapped). Ti faccio notare un’altra cosa che è veramente interessante: se io dico la stessa cosa, cioè “What are you doing?”, ma lo dico con l’accento romano, allora il gesto mi viene (Luca shows me the well-known italian hand-gesture). “What are you doing?”, così. Quindi significa che la gestualità e il modo di porsi (your attitude, how you carry yourself) non dipende tanto da quello che dico quanto dal suono che produco. Se il mio suono è un suono italiano, che quindi io sovrappongo (overlap, stack on top of) all’inglese, cioè parlo in inglese con la pronuncia italiana, la mia personalità italiana è quella che esce fuori. E il messaggio è “What are you doing?” detta all’italiana mi viene da – mi viene da pormi in italiano, quindi il lato della personalità preponderante (predominant) è l’italiano attraverso il suono, ma non tanto attraverso le parole.
D: E’ come se la fonetica, l’intonazione e la gestualità fossero tutte in una stessa sfera…
L: E’ come se.. immaginati una radio e quindi le frequenze-ad una certa frequenza corrisponde un certo tipo di intonazione, un certo tipo di fonetica, diciamo generale, e in più un certo tipo di gestualità, minima facciale e atteggiamento generale.”
D: Sì è vero, anche a me capita (it happens to me, I do it involuntarily) la stessa cosa quando parlo inglese cercando di imitare un accento italiano, mi accorgo che proprio inizio a fare gestualità che non farei nemmeno io quando parlo italiano perché normalmente non faccio magari tantissimi gesti, come l’italiano medio. Però proprio mi viene da fare gesti molto esagerati e molto stereotipati anche.
L:Sì magari tu sei torinese quindi anche questo è un altro discorso su un altro piano, ma immagino che torinesi e romani siano diversi da vari punti di vista, no?
D: Sicuramente, sicuramente.
L: Però sempre italiani siamo.
D: Cambiando argomento, sull’italiano appreso dagli stranieri, tu hai mai insegnato l’italiano a qualcuno? Immagino che tu abbia avuto modo o di parlare italiano, non so se proprio insegnare in modo più formale l’italiano a qualcuno. Quali sono le difficoltà che gli stranieri hanno? Magari se puoi dirmi le difficoltà di, non so, uno spagnolo, qualcuno che parla una lingua romanza rispetto a qualcuno che parla lingue slave o inglese.
L:Allora.. sì, per rispondere alla tua domanda, lavoro come coach da 5 anni; il primo studente che – stavo ripensando ai casi della vita, tutto torna (it has come full circle), perché adesso sto studiando ungherese -il primo studente è stato ungherese. Ti premetto (let me start by saying) che diversi madrelingua, cioè parlanti di lingue diverse, hanno problemi diversi, perché le lingue sono sistemi più o meno distanti, quindi lo spagnolo è molto più vicino come sistema all’italiano di quanto lo possa essere, non lo so, un russo. Ma alcuni sono, diciamo- è interessante perché nella gamma di problemi (range of problems), alcuni problemi sono generali, cioè la maggior parte degli stranieri hanno un certo tipo di problema con l’italiano perché l’italiano ha certe caratteristiche; altri sono soggettivi e dipendono dalla lingua madre di colui o colei che sta apprendendo l’italiano.
Per essere un po’ più precisi, i problemi che trovo, che ho riscontrato (that I have identified, observed) come language coach (cioè come coach linguistico) sono sostanzialmente–il problema più grosso è l’intonazione. Nel senso che l’italiano ha un’intonazione, l’italiano standard è (io chiamo l’italiano in generale)- l’intonazione italiana è come un’anguilla (eel). E’ impossibile prenderla. Anche per noi stessi, italiani. Pochissimi parlano con un’intonazione perfetta, un italiano puro e quindi ..
D: Da doppiatore.
L: Da doppiatore. Ce ne sono, saranno lo 0,05% della popolazione. Tu hai un italiano abbastanza pulito, però in generale per avere un italiano standard uno deve fare dizione, deve andare in certe scuole ecc., quindi per lo straniero l’italiano è molto particolare perché non solo cambia pronuncia, ti faccio un esempio: uno di Roma dice “Ah, oggi sono andato al mare, era bello, era bello, faceva caldo” (accento romano). Un altro, un toscano direbbe “oggi sono andato al mare, perché faceva caldo” (accento toscano). Non solo la pronuncia, ma anche l’intonazione è diversa; quindi uno straniero che impara l’italiano all’estero vede tutti questi accenti, questa intonazione diversa a seconda delle regioni ed è un po’ difficile. Oltre al fatto che l’italiano ha tantissime vocali e ha un’intonazione abbastanza sfuggente (elusive, slippery) da capire. Ho sentito stranieri parlare un italiano quasi perfetto, addirittura un amico canadese che parla con l’accento di Rimini, quindi è molto divertente. Ma è secondo me il problema più grosso non è tanto la pronuncia, cioè non tanto “erre”, “esse” , “T” ecc., quanto l’intonazione.
Sempre nell’ambito della fonetica, cioè dei suoni, il problema più grosso che di solito le persone hanno, le persone che parlano certe, determinate lingue è la “erre”. Per esempio i francesi hanno problemi con la “erre”, gli inglesi hanno problemi a “rollare la erre”, mentre invece gli spagnoli o i russi non ce l’hanno questo problema perché la “erre” è praticamente identica. E altri due problemi di solito sono: i verbi – a livello intermedio- la coniugazione dei verbi per persone che parlano lingue come l’inglese, dove i verbi sostanzialmente non si coniugano; e poi ovviamente le preposizioni, che è un problema per quasi tutti, nel senso che ci vuole un po’ di tempo per adattarsi alle preposizioni. Il fatto che ogni verbo abbia una propria preposizione. Però direi questi sono i problemi più grossi. In generale secondo me l’italiano non viene considerato una lingua particolarmente ostica (difficult, tough) e tendo ad essere d’accordo, a parte se la lingua è completamente diversa. Un cinese avrebbe problemi a imparare l’italiano come un italiano ha problemi ad imparare il cinese e/o il giapponese perché sono completamente diverse. Però direi che in generale l’italiano non mi sembra così difficile come lingua.
D: Sì, perlomeno chi già sa una lingua diciamo indoeuropea non dovrebbe avere troppi problemi.
L: Esattamente.
D.: Dato che parlavamo degli accenti, tu cosa pensi degli accenti stranieri in italiano? Perché ci sono sempre diverse posizioni, c’è gente che dice “a me piacciono gli accenti, non so, sudamericani, mi sembrano esotici, mi piacciono”
L:Penso che l’accento è un concetto del tutto relativo. Chi dice dell’altro che ha un accento non sente il proprio. Ci sono però degli accenti che in generale secondo me per la maggior parte delle persone vengono percepiti – anche per questioni, connotazioni storiche, non solo fonetiche – vengono percepiti quasi come o ostili oppure sgradevoli. Ti faccio l’esempio del tedesco. Il tedesco storicamente – a causa della seconda guerra mondiale e di quello che ne è venuto – i tedeschi di solito quando parlano in italiano.. “Voglio andare a fare tutto questo” (Luca imitates a german accent) vengono considerati sgradevoli da sentire; gli stessi tedeschi pensano che il tedesco sia brutto da sentire e che l’italiano sia bello e si vergognano a volte quando parlano italiano. Ma la percezione, il filtro che abbiamo è anche per ragioni storiche; mentre invece lo spagnolo è visto come più gradevole per noi, no? Di qualcuno che dice, che ne so, ti faccio un esempio di applicare uno spagnolo. Per esempio avevo un amico, degli amici di mia madre e dei miei genitori che venivano, lui stava all’ambasciata spagnola ed era una persona molto erudita (smart, learned), molto intelligente. Solo che parlava italiano con questo accento, diceva “Bueno, siamo andati a fare questa cosa e poi facciamo” (Luca imitates a spanish accent), no? Parlava, diceva “oggi abbiamo fatto questa spesa e facciamo questo, questioni storiche”.
L’importante è sempre il messaggio, però applicava questo marchio (stamp) fonetico all’italiano. Per quanto riguarda gli accenti in generale, la percezione che si ha degli accenti è secondo me irrilevante nel momento in cui la persona che parla parla bene, si esprime bene e comunque l’accento non impedisce agli italiani di capire. Per esempio c’era un tedesco che aveva un accento tedesco così forte che il mio cervello si sintonizzava (tune in) sul tedesco e non riusciva a capire che cosa costui (=lui, questa persona) volesse dire in italiano. Quelli sono però casi particolari. Diciamo, in generale, per me è gradevole, abbastanza gradevole (pleasant, nice) quando c’è un accento straniero, il marchio di un accento straniero sull’italiano, perché è normale avere un accento e.. tra virgolette trasferirlo alla lingua straniera che si parla.
D: Interessante. Poi più sugli accenti e anche sui dialetti però italiani magari parliamo in un altro episodio. Credo sia un argomento molto vasto e molto interessante. In conclusione volevo chiederti quali consigli puoi dare, anche molto generali, sia relativamente proprio all’apprendimento dell’italiano e magari qualche consiglio,non so, che ritieni sia fondamentale nell’imparare qualsiasi lingua.
L:Allora, sarò breve. Ce ne sono a migliaia di consigli da dare.
D: Diciamo i più fondamentali, i più importanti.
L: I più importanti sono sostanzialmente tre: nel senso che la prima cosa da fare è sapere perché si impara l’italiano, o si impara una lingua. Io divido di solito le motivazioni o le ragioni per imparare una lingua in due categorie: una ragione o le ragioni estrinseche ed intrinseche. Estrinseche vuol dire anche dal latino “fuori da te”, per esempio se tu Davide improvvisamente hai voglia di imparare l’arabo e io ti chiedo “ma perché vuoi imparare l’arabo?” e tu mi rispondi “Perché ho sentito dire che è bello”, quella è una ragione estrinseca. Oppure “perché è figo, perché la gente lo impara”. Non è molto solida come ragione. Mentre intrinseca è, che ne so, perché hai conosciuto una ragazza, perché ti piace, perché ti vuoi leggere il Corano, perché sei stato in un paese arabo. Quindi viene da dentro ed è forte. Quindi il primo consiglio è ancora prima di cominciare è di sapere perché lo fai, perché ovviamente imparare una lingua è un processo lungo ed è un percorso lungo e ci sono degli ostacoli di mezzo. Quindi se non sei motivato la motivazione spesso va letteralmente a picco (andare a picco = to sink). E secondo, che è il consiglio, una volta che hai cominciato, più importante in assoluto, è di lavorare – non mi piace la parola studiare – di imparare tutti i giorni, tutti i giorni o quasi tutti i giorni. Senza questo è molto difficile soprattutto all’inizio “prendere quota” (get off the ground, usually used for aircrafts), decollare, ed è il consiglio principale. E terzo – che collima (to match with, to correspond) con gli altri due ovviamente – è la motivazione, la motivazione che ha a che vedere anche col modo di organizzare il tempo. Quindi io direi che come terzo consiglio è: se vuoi imparare una lingua comincia a pianificare il tuo piano di studi e, anzitutto, neanche il cosa, ma il quando (not the what, but the when). Cioè: il consiglio che do sempre, per l’italiano come per altre lingue – questi sono consigli del tutto generali -, è quello di pianificare. Cioè la domenica ti fermi un attimo, per mezz’ora, e cominci a scrivere: “Ah, ok, Questa settimana dedicherò mezz’ora all’italiano di lunedì, di martedì, mercoledì”. Io mi faccio la pianificazione di domenica. Prendere trenta minuti per pianificare la settimana successiva ti sgrava (frees yourself from) di un’enorme quantità di decisioni che devi prendere ogni giorno, quindi sai già esattamente cosa fare. Come coloro che vanno in palestra sanno già che mercoledì, venerdì e domenica vanno in palestra, così si può fare con le lingue. E poi devi semplicemente seguire il piano. E queste sono tre cose basilari. Io ho questa azienda che abbiamo costruito on-line. Il primo corso che è gratis per tutti è proprio questo, che si chiama Ten essential elements for successful language learning (cioè “Dieci elementi essenziali per imparare una lingua in maniera efficiente”) e il primo consiglio è lavorare tutti i giorni. Ma ce ne sono altri di ragioni, diciamo di elementi importanti. Ma questi tre sono una conditio sine qua non (prerequisite, from latin), cioè una condizione senza la quale imparare una lingua diventa difficile.”
D: Quindi ricapitolando: prima di tutto trovare le ragioni per cui impari l’italiano o una lingua. 2) Studiare tutti i giorni, o lavorare, imparare tutti i giorni”
L: ..esatto, e 3) pianificare..
D: ..pianificare la settimana e dire “questo giorno lavoro trenta minuti, questo giorno non posso, però il giorno dopo magari mi sveglio prima e..”
L: Esattamente, esattamente, perché il tempo non è qualcosa che si ha o no si ha, ma qualcosa che si trova, si crea a seconda delle priorità che hai nella vita.
D: Va bene. Grazie mille, Luca. Penso siano consigli molto utili e informazioni molto interessanti che possono interessare a chiunque e siano anche applicabili ovviamente non solo all’italiano. Direi che questo è tutto per il primo episodio. Ne registreremo altri e toccheremo altri temi. Spero siano altrettanto interessanti.
L: Grazie a te
D: Grazie a te , alla prossima.
L: Ciao