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L'Italia ha troppi turisti?

Avanzato
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34

August 4, 2024

Note e risorse

L'iperturismo (ossia il turismo eccessivo) è un problema di cui si discute sempre più spesso in molti paesi del mondo. Perché è un problema e che conseguenze ha sulle città italiane?

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Trascrizione

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Ma quanto sono belle Roma, Venezia, Firenze, le Cinque Terre, Pompei? E le Dolomiti? E la costiera amalfitana? E i trulli ad Alberobello? Se avete visitato questi luoghi, probabilmente siete d’accordo che si tratta di posti meravigliosi. Ma è anche probabile che siate tornati a casa con un po’ di amaro in bocca per via di un aspetto non così piacevole che caratterizza questi luoghi: la quantità impressionante di turisti. Eh sì, in Italia, come in altri paesi del mondo, c’è un problema di cui si discute sempre più spesso: il turismo di massa, anche chiamato iperturismo, sovraturismo o “overtourism” (sì, perché quando si tratta di usare un anglicismo facilmente traducibile, noi italiani non ci tiriamo di certo indietro!). In Italia il turismo è un settore importante ed effettivamente in crescita da molti anni: ma questo è un bene? Ne parliamo oggi.

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Trascrizione interattiva dell'episodio

Ciao e bentornato o bentornata su Podcast Italiano, un podcast per imparare la lingua italiana, Io sono Davide, e questo è un episodio di livello avanzato. In questo podcast trovi episodi di livello intermedio e avanzato, ma se stai cercando contenuti più semplici cerca “Podcast Italiano Principiante”, dove pubblico episodi in italiano chiaro e semplice. Se stai studiando l’italiano, ti consiglio anche di andare sul mio sito web, dove troverai la trascrizione gratuita di questo episodio. Mi raccomando, non perdertela: ci sono varie note lessicali e spiegazioni grammaticali, quindi potrebbe esserti utile se non capisci qualche parola. E poi è gratis! Ti lascio il link nelle note dell’episodio che potrai trovare nell’app che stai usando per ascoltarmi.

Nel 1851, un imprenditore inglese, Thomas Cook, organizzò un viaggio di 150.000 persone per la Grande Esposizione di Londra. Fu il primo grande viaggio della storia moderna organizzato per scopi turistici e fu di fatto l’origine del fenomeno oggi conosciuto come turismo di massa. L’agenzia di viaggi di Cook, poi, fallì col tempo, ma di certo non il suo modello di turismo, quello dei viaggi organizzati. Oggi, viaggiare non è più un lusso per pochi, ma un hobby alla portata di sempre più persone in tutto il mondo. Sempre più paesi nel mondo hanno classi medie con più soldi di prima che, di conseguenza, vogliono viaggiare e visitare i posti di cui tutti dicono un gran bene. Se penso alla generazione dei miei nonni, la differenza di abitudini è evidente: io in poco di meno trent’anni ho viaggiato in molti più luoghi e paesi esteri di loro in tutta la loro vita.

Il problema è che, se tutti viaggiamo e tutti, poi, andiamo più o meno negli stessi posti, si creano delle situazioni di turismo di massa che non sono sostenibili. Il problema, infatti, non è il turismo di per sé -  che, per carità, nessuno vuole abolire, e alla fine tutti siamo turisti in certi momenti della nostra vita - ma il turismo incontrollato, quel fenomeno per cui il numero di turisti presenti in una certa destinazione supera la capacità di quella località di accoglierli in modo accettabile, sostenibile e, aggiungerei, vivibile. Questo fenomeno ha diverse conseguenze negative che incidono non solo sull’esperienza del turista stesso (a nessuno di noi piace essere in mezzo a orde di turisti, no?), ma anche, e soprattutto, sulla qualità della vita dei residenti locali, sull'ambiente e sull'economia del luogo di destinazione.Nel 2023 in tutto il mondo hanno visitato un paese straniero per turismo ben 1,3 miliardi di persone, e il record attuale risale al 2019, con 1,5 miliardi. C’è stato un calo durante la pandemia, ma il numero sta piano piano risalendo. L’Italia, nell’ultimo anno, è passata dall’essere il quinto paese più visitato al mondo al quarto, superando la Turchia: nel 2023 hanno visitato l’Italia 134 milioni di persone (giusto per avere un metro di paragone, l’Italia è abitata da circa 60 milioni di persone). Ora, l’Italia è un paese meraviglioso, si sa, che offre vari tipi di turismo: balneare, naturalistico, enogastronomico, persino religioso, anche se il più apprezzato è di gran lunga quello artistico-culturale. L’Italia, per ragioni storiche, è un paese a forte vocazione turistica. È il paese con più beni protetti dall’UNESCO in tutto il mondo e questo qualcosa vorrà pur dire. E non si può negare che l’Italia e la sua economia traggano benefici dal turismo. Chi viene in Italia spende, e a volte spende tanto e può permettersi, grazie al suo maggior potere di acquisto, di spendere più di un italiano, immettendo soldi nell’economia. Allo stesso tempo, però, non è tutto oro quello che luccica, cioè, non ci sono solo vantaggi. Chi lavora nel campo del turismo spesso riceve stipendi bassi e non tanto più alti rispetto a chi fa quegli stessi lavori ma in posti non turistici. D’altronde si tratta di lavori spesso non molto qualificati, in un settore, quello del turismo, a basso valore aggiunto. Chi realmente trae il maggior vantaggio economico dai flussi turistici sono, a conti fatti, poche persone: di fatto chi possiede attività economiche, ristoranti, negozi di souvenir, case-vacanza, chi più ne ha più ne metta, in posizioni molto vantaggiose.

Il turismo è sicuramente un settore importante nell’economia italiana ed è in crescita, ma non è un settore “trainante” dell’economia come amano ripetere alcuni politici o chi ha degli interessi in questo settore. E soprattutto, si può discutere su quanto sia opportuno che il settore del turismo cresca indiscriminatamente. Ora, non sono un economista, ma mi viene difficile pensare che un paese possa fondare la sua crescita economica sul turismo, un settore economico poco produttivo, e sulla turistificazione delle sue città e luoghi naturali.Sì, perché l’aumento incontrollato dei visitatori, di contro, crea non pochi problemi. Inquinamento, stravolgimento delle abitudini della città e dei suoi cittadini; prezzi che crescono a dismisura rendendo difficile per i residenti locali la vita nelle proprie città; trasformazione di luoghi unici e speciali in vere e proprie vetrine per turisti; strade e piazze di intere città sovraffollate e congestionate, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, se avete avuto la fortuna, o sfortuna forse, di visitare luoghi come Firenze o Venezia d’estate sapete di che cosa sto parlando. Che poi, detto fra noi, ma perché andare in posti così… così famosi e conosciuti ad agosto con 35 gradi all’ombra? Ok, capisco, c’è chi è obbligato a partire d’estate, ma ecco, un consiglio spassionato: se possibile, evitatelo. Le città d’arte italiane non sono un posto bello da visitare d’estate, con il caldo e tutti i turisti del mondo, ecco, fidatevi di me.

Il fenomeno dell’iperturismo può, naturalmente, creare tensioni tra cittadini locali e turisti. Non so se avete sentito cosa è successo di recente a Barcellona, in Spagna. Ci sono state proteste abbastanza dure contro il turismo di massa: alcuni barcellonesi hanno spruzzato acqua sui turisti seduti nei ristoranti, urlandogli in faccia di andarsene. Lo slogan della manifestazione era proprio “turisti a casa”. Tra l’altro manifestazioni contro il turismo ci sono state anche a Malaga, Palma di Maiorca e Tenerife, dove il problema è molto sentito. E anche in Italia sta crescendo la sensibilità nei confronti del fenomeno. Da una parte, credo sia sbagliato prendersela con i turisti: tutti noi siamo turisti in alcuni momenti della nostra vita e contribuiamo a creare lo stesso problema in altre città e altri paesi. Credo che sia più produttivo protestare con chi permette questo turismo incontrollato nelle città. Dall’altra parte comprendo il disagio degli spagnoli: il prezzo degli alloggi a Barcellona e Madrid è aumentato di quasi il 20% negli ultimi anni, creando grandi disagi e difficoltà ai residenti locali. Chi possiede una casa alza i prezzi in base alla domanda: e se la domanda è infinita (perché tutto il mondo vuole andare a Barcellona), e beh, i prezzi aumenteranno tantissimo. Questa è domanda e offerta, semplicemente.

Il problema che questo causa è evidente, credo: mentre un turista che sta a Barcellona, a Roma o a Firenze per due settimane ****è disposto a pagare anche tanto per un appartamento, perché è in vacanza solo per un breve periodo, e magari viene da paesi dove il salario medio è molto più alto rispetto a quello della Spagna o dell’Italia, un residente locale non può di certo sostenere la stessa spesa per pagare un affitto. In Italia, poi, c’è anche un altro problema: c’è una certa ritrosia a mettere in affitto i propri immobili, intendo per periodi lunghi, per via di un’altra questione: ovvero che se il tuo inquilino (cioè chi vive nel tuo appartamento) per qualsiasi motivo smette di pagare l’affitto è molto difficile riappropriarsi dell’appartamento e si entra in un iter legale piuttosto lungo, costoso e anche spiacevole. E questa prospettiva spaventa molti proprietari di alloggi, che anche per questa ragione non hanno dubbi, preferiscono di gran lunga affittare per brevi periodi a turisti, soprattutto se l'appartamento in questione si trova in una zona turistica dove puoi affittare a un turista con uno schiocco di dita e quel turista, in due settimane, se n’è già andato.

E se aggiungiamo a tutto ciò l’esplosione di AirBnB, che negli scorsi anni ha reso molto più semplice mettere in affitto il proprio appartamento, è semplice capire comprendere il perché questo fenomeno si stia acuendo in molte città del mondo. La triste conseguenza è che i residenti di varie località turistiche prese d’assalto, negli anni, finiscono per doversi trasferire in zone periferiche o in città meno costose, espulse, di fatto, dai turisti. Per questo motivo il sindaco di Barcellona ha presentato un piano per eliminare gli affitti a breve termine entro il 2028. Ma quello della città della Catalogna non è un caso isolato, perché, come vedremo, è successa la stessa identica cosa anche a Firenze, la seconda città più visitata d’Italia. Negli ultimi anni i prezzi delle case vacanza sono saliti talmente tanto che molti appartamenti residenziali sono stati trasformati in alloggi turistici. Per provare a contrastare questo fenomeno, il comune di Firenze nell’ottobre 2023 ha introdotto un divieto sugli affitti brevi nel centro storico, come a Barcellona. Ovviamente, però, chi aveva nel turismo di massa interessi economici non ha apprezzato granché, e anzi, ha combattuto la misura. Il risultato è che oggi il divieto è stato abrogato, è stato annullato, anche se la nuova sindaca di Firenze sembra intenzionata a proseguire sulla stessa strada del suo predecessore. Staremo a vedere.

È evidente l’effetto che il turismo di massa ha avuto su certe città italiane, specie quelle più compatte come Firenze e Venezia: sono, di fatto, diventate dei grandi parchi divertimento, delle Disneyland a cielo aperto. Vi sarà capitato di andare in vacanza in una di queste città, magari proprio ad agosto, e di trovare le strade strapiene di turisti accaldati che non sembrano nemmeno godersi troppo l’esperienza. Oppure di dover aspettare ore per entrare in un museo, per prendere un gelato, o per mangiare in un ristorante ipercaro e magari pure di bassa qualità. Anche una città come Napoli, che anni fa non era così turistica, oggi lo sta diventando sempre di più e sta prendendo la direzione delle altre città d’arte italiane più turistiche, e questo potrebbe essere il destino di altre città in Italia. Per non parlare dei borghi ameni e pittoreschi delle Cinque Terre, nel 2023 visitati da quattro milioni di turisti, con picchi di 17.000 turisti al giorno. Sono dei numeri impressionanti, se pensiamo che i paesini delle Cinque Terre sono abitati da poche centinaia di persone.

Un altro effetto negativo del turismo di massa è che, spesso, le destinazioni più popolari perdono la loro autenticità culturale, speciale e unica, a favore di comodità più commerciali che soddisfino le esigenze e i gusti dei turisti, piuttosto che quelle dei residenti. Sono molte le città che stanno perdendo la propria identità, la propria autenticità per fare spazio a un’immagine finta e stereotipata. Se nella tua città ci sono solo turisti, beh, non ha senso economico dedicarsi a un altro tipo di attività: ci si troverà a pagare un affitto carissimo e non avere abbastanza clienti, perché ai turisti interessano beni e servizi per turisti, non di certo avvocati, dentisti o, che so, commercialisti.E poi c’è anche  l’impatto distruttivo che il turismo di massa ha sull’ambiente e sugli ecosistemi. Un esempio è la fragilissima Venezia, con i suoi canali e le sue stradine sempre troppo affollate: una città che, detto onestamente, è un miracolo stia ancora in piedi. Indicativo di ciò è il fatto che negli scorsi anni per ben due volte il comitato dell’UNESCO World Heritage abbia chiesto di inserire la città nella lista dei patrimoni mondiali in pericolo (cosa che poi non è successa), anche a causa del turismo di massa, che, insieme a cambiamento climatico e deterioramento causato dall’uomo, rischia di causare danni irreversibili alla città, la cui identità… beh, secondo me, ormai, è abbastanza ormai compromessa. Pensate che, l’anno scorso, il numero di posti letto per turisti ha superato il numero di abitanti nel centro storico di Venezia: circa 49.000. Ogni anno, più di 13 milioni di turisti visitano Venezia, tra i quali molti arrivano su navi da crociera enormi e molto inquinanti che, sebbene da qualche anno non possano più attraccare in città e attraversare il canale della Giudecca, e menomale, perché le foto delle navi da crociera visibili da piazza San Marco hanno fatto il giro del mondo e sono abbastanza scandalose, comunque causano un impatto ecologico preoccupante sul fragile ecosistema della laguna di Venezia.

Il comune di Venezia, per contrastare la turistificazione della città (o almeno questo è quello che dicono) ha adottato una tecnica differente da quella spagnola e toscana: si è deciso di sperimentare un biglietto d'ingresso per i visitatori giornalieri. Il prezzo dei biglietti è di €5 e lo paga chi entra in città nei fine settimana tra le 8:30 e le 16. I veneziani, ovviamente, non lo pagano (anche se devono comunque mostrare un documento che, ecco, forse non fa molto piacere), così come altre categorie di persone esenti al pagamento (lavoratori, studenti, proprietari di seconde case, ecc.ecc.). Secondo il sindaco l’obiettivo è, in particolare, quello di incentivare le persone a fermarsi in città, e non a visitarla solamente in giornata come fanno in tanti: questo per avere maggiori ricadute economiche sul commercio. Non si capisce bene, però, come pensa il comune di raggiungere il suo obiettivo con un biglietto di cinque euro: non è una cifra che può dissuadere chi è già abituato a spendere un sacco di soldi tra treni, aerei, ristoranti e hotel e visite di vario genere, no? E poi secondo me il problema cruciale rimane comunque quello del tetto massimo di persone, cioè ogni città ha un numero massimo di persone che può accogliere, e Venezia quel numero lo ha superato ampiamente secondo me. In ogni caso, la prima fase di sperimentazione è finita nel luglio 2024 e i risultati non sembrano poi così entusiasmanti: di certo, la misura è servita a “far cassa”, come diciamo in italiano, a far guadagnare un bel po’ di soldi alla città, ma il flusso di turisti non è stato ridotto.

Ci siamo concentrati soprattutto sull’Italia, ma questo è un problema che coinvolge molti paesi del mondo, sebbene si concentri in maniera prevalente in pochissime aree, in realtà: pare che l’80% dei turisti visiti il 10% dei luoghi del mondo, pensate. In Italia, il 70% dei turisti si concentra nell’1% del paese. Una sproporzione che si osserva nelle stesse città d’arte: spesso basta allontanarsi un po’ dai luoghi più famosi del centro storico di una città per vedere le strade e le piazze svuotarsi. Perché, alla fine, tutti siamo uguali, tutti andiamo su Google a cercare “10 cose da visitare nella città X” e tutti andiamo negli stessi posti; adesso dico “tutti”, magari alcuni di noi vanno a cercare cose più nascoste, ma, alla fine, se è la prima volta che visitiamo una città, penso sia normale voler andare nei luoghi, diciamo, “must-see”, che bisogna vedere, perché ci sembra un’eresia andare, che ne so, a Roma e non visitare la fontana di Trevi o Piazza di Spagna.

L’iperturismo è anche un fenomeno relativamente giovane. Nel 1950 si stimavano circa 25 milioni di arrivi turistici nel mondo. Questo significa che, 74 anni fa, in tutto il mondo, solo 25 milioni di persone si spostavano per turismo. Oggi, come dicevo all’inizio dell’episodio, l’anno con più partenze è stato il 2019, con 1,5 miliardi: un primato che è destinato a essere superato. Si stima che nel 2050 raggiungeremo i 3 miliardi di arrivi turistici nel mondo. Nel nostro paese, in Italia, il turismo è cresciuto moltissimo negli scorsi 20 anni: chi di voi ha avuto la fortuna di visitare le città d’arte trenta, quaranta o cinquant’anni fa, avrà dei ricordi molto diversi da quella che è la situazione attuale.

Ne abbiamo già menzionati vari, ma i fattori che alimentano l’iperturismo sono molti. Prima di tutto, l’aumento del reddito globale: il mondo sta diventando più ricco. Questo, per carità, è un bene, eh, non mi fraintendete. Significa che più paesi del mondo hanno più possibilità e il mondo, da questo punto di vista, sta diventando un pochino più egualitario. La normale conseguenza di ciò, però, è che chi se lo può permettere va a visitare i luoghi famosi di cui tutto il mondo parla; è un desiderio normale, è umano, ce l’abbiamo tutti, dopotutto: sogniamo di vedere i luoghi di cui tutti parlano. Poi ci sono i voli a basso costo, che hanno reso possibile viaggiare a prezzi molto competitivi, aumentando significativamente il numero di turisti.E un altro fattore chiave è, senza dubbio, lo sviluppo della tecnologia e, in particolare, dei social media. Quante volte, entrando su Instagram, vediamo foto di amici o conoscenti in vacanza a Santorini, a Venezia, a Malta, a Tenerife, negli Stati Uniti, in Giappone… insomma, sono tanti i luoghi che sono diventati ancora più famosi di quanto già non lo fossero grazie alle immagini che circolano su Instagram e su altre piattaforme, anche su YouTube, ovviamente. I social media hanno generato un fenomeno di “turismo da selfie”, dove si viaggia anche per la foto, o il reel, o **il TikTok, quello che volete, nel luogo iconico. C’è chi ci ha costruito una carriera, sulla condivisione di foto, di video; prima ancora dei social c’erano anche i blog. E quindi si parla, si mostra, si pubblicizza la bellezza di questi posti, gli influencer fanno il loro lavoro, ovvero “influenzano” le persone ad andare in determinati posti, e chi li segue li imita, e purtroppo, quello che succede, è brutto da dire, ma… questi posti vengono rovinati da masse di turisti che qualche anno prima, magari, non si vedevano.

Tra le soluzioni che vedo proposte di più, c’è quella di distribuire, di spalmare il turismo nello spazio e nel tempo. Quanto allo spazio, si tratta di convincere le persone a visitare non soltanto i paesi o i posti più noti e gettonati, ma di dirottarle in località meno conosciute e famose. Ciò che mi lascia un po’ perplesso di questa soluzione è che, realisticamente, se uno non è mai venuto in Italia, è difficile che tralasci le famose città d’arte per, che ne so, fare un giro dei borghi dell’Abruzzo. Ma anche venire nella mia Torino, per esempio. Oppure che si concentri su quartieri meno noti di Roma e non vada, prima, a vedere il Colosseo o la fontana di Trevi. Cioè, i turisti, giustamente, vogliono iniziare dai luoghi iper-famosi di cui tutti parlano e che tutti fotografano, prima di andare nei posti sconosciuti o meno conosciuti.

Detto ciò, quello che mi sento di consigliare è, una volta visti i grandi classici, di cercare di prediligere mete un po’ meno conosciute ma comunque bellissime, di cui l’Italia è piena. A questo proposito, vi consiglio di ascoltare l’episodio #87 della serie Riflessioni con il nostro caro Marco Cappelli, dove diamo qualche consiglio in tal senso. E se trovate perle poco conosciute, mi raccomando, tenetevele per voi e non parlatene troppo in giro, perché poi si sparge la voce e roviniamo pure quel posto. Ok? Quindi, mi raccomando.

Quanto al fattore tempo, bisognerebbe trovare il modo di incoraggiare le persone a viaggiare “fuori stagione”, cioè quando il numero di turisti in un dato luogo è basso. Questo significherebbe avere più ferie e in diversi periodi dell’anno. Ora, non so all’estero com’è, ma in Italia la stragrande maggioranza degli italiani viaggia d’estate e, in particolare, ad agosto. A volte si è praticamente obbligati dalla propria azienda, che chiude proprio in quel mese e ti obbliga, di fatto, a partire durante la sua chiusura. In molte città o quartieri non turistici un sacco di negozi, ristoranti e bar chiudono., perché i proprietari partono. E se tutto chiude, le persone partiranno perché non c’è niente da fare; e se le persone partono e la città si svuota, sempre più esercenti vorranno partire. Insomma, un cane che si morde la coda, un circolo vizioso. In tal senso, nella mia cittadina vicino a Torino, agosto è praticamente un deserto: è tutto chiuso, non c’è niente da fare.Inoltre, se si hanno figli che vanno a scuola si è limitati anche da quel punto di vista. Dunque, è evidente che non tutti possono andare in vacanza quando vogliono. Ma se si può, beh, meglio farlo.

A livello di impatto ecologico, se possibile è meglio evitare gli aerei (certo, è difficile però viaggiare da un continente all’altro in treno, no? o in macchina) e evitare anche le navi da crociera, per ovvie ragioni di inquinamento. Quest’ultime, in particolare, sono estremamente inquinanti; e poi contribuiscono enormemente anche loro all’iperturismo, trasportando e scaricando in determinate città migliaia di persone, per poche ore, che poi non hanno neanche un grande impatto economico, su quella città… perché un crocerista mangia e soggiorna sulla nave e, magari, in città si compra solo qualche souvenir. Qualcuno consiglia anche di evitare gli appartamenti messi in affito su AirBnB e di preferire gli hotel e alberghi tradizionali, soprattutto quelli a conduzione familiare (cioè, di proprietà di famiglie o di persone locali), che hanno un maggiore impatto sull’economia locale.

Per il resto, si danno anche consigli di buon senso, che però sono importanti, cioè: essere culturalmente rispettosi e sensibili, non gettare rifiuti, ma anche cose magari meno ovvie, per esempio, informarsi su come funziona il riciclo dell**’immondizia** nel luogo dove si va, scegliere ristoranti locali e non grandi multinazionali, o preferire le piccole botteghe di artigiani locali ai negozi di souvenir importati dall’estero. Che poi sono bruttissimi, orribili, perché le persone li comprano? Vabbè, questa è una mia osservazione. Comunque, cercando online è facile trovare consigli su come essere turisti responsabili, vi consiglio di dare un’occhiata; anch’io cercherò di farci caso e darci più importanza le prossime volte che viaggerò.

Un consiglio personale è, se possibile, quello di visitare un luogo con una persona che in quel luogo ci vive. Perché trovo che migliori molto l’esperienza e permetta di vedere il posto con gli occhi di un locale, che magari sarà anche in grado di farti conoscere luoghi meno turistici e un po’ più autentici. E inoltre, se stai imparando la lingua del posto, è un’occasione in più per fare pratica. Due piccioni con una fava, come si suol dire. Tuttavia, per quanto nel nostro piccolo possiamo e dobbiamo cercare di essere turisti responsabili, e non comportarci da cafoni, i numeri parlano chiaro, sempre più persone vogliono venire a visitare i luoghi più famosi, d’Italia e del mondo, ed è quindi un problema strutturale, che va affrontato in primo luogo dalle amministrazioni locali e dai governi. A mio modo di vedere, qualcosa va fatto. Il problema è evidente e anche piuttosto grave. Non so cosa, ma le città (e anche i luoghi naturali, di cui ho parlato meno, in questo episodio, ma che hanno gli stessi problemi) hanno una naturale soglia, una capacità oltre la quale, semplicemente, non si possono accogliere più persone, è impossibile; e in alcuni posti d’Italia questa soglia è stata già ampiamente superata.

Ora però voglio sapere che ne pensi tu, quali sono le tue opinioni su questo fenomeno. Hai notato gli effetti dell’iperturismo in Italia, nel tuo Paese? Dove vivi tu, ci sono molti turisti o la situazione è più sotto controllo? E soprattutto, secondo te, come possiamo risolvere questo problema? Dobbiamo mettere delle restrizioni, mettere dei biglietti per entrare nelle città, oppure saresti contrario? E come fai tu per essere un turista responsabile? Se ti va, lascia un commento sotto questo episodio per farmi sapere cosa ne pensi: puoi farlo se mi ascolti su Spotify. Altrimenti puoi scrivermi, magari anche mandandomi un’email o scrivendomi su Instagram. E, se l’episodio ti è piaciuto, magari puoi darmi 5 stelle su Spotify o Apple Podcast. Aiuterebbe questo podcast ed anche tanti altri studenti d’italiano che magari non lo conoscono ancora. Sul mio podcast l’iperturismo non è un problema: non ti preoccupare, invita quante persone vuoi a visitarlo. Ah, sto preparando un nuovo corso di livello intermedio-alto. Magari ti può interessare. Ecco, se t’interessa, magari iscriviti alla lista d’attesa, che ti permetterà di avere condizioni uniche e speciali quando il corso uscirà. Ti lascio il link per scaricarlo nelle note di questo episodio. E… ti ho detto tutto. Grazie per l’ascolto e alla prossima! Ciao.

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