Vita di mare (con mia madre)
Note e risorse
Trascrizione
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Ciao tutti, io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, e nello specifico state ascoltando un episodio di livello avanzato. Questo episodio è stato scritto e letto da mia madre, quindi grazie a mia madre. E di che cosa parla? Beh, questo episodio parla praticamente della sua vita di mare da piccola, della sua vita balneare (seaside life) potremmo dire, quindi, diciamo, racconta un po’ il suo passato da piccola. di quando andava al mare qua, diciamo, (vicino). Vicino alla nostra regione. che si chiama Piemonte c’è un’altra regione, la Liguria, e quindi, diciamo, che è la meta turistica (tourist destination) più comune per i piemontesi che vogliono andare al mare, perché in Piemonte non c’è il mare. Quindi il mare più vicino è quello della Liguria. Racconta anche di come ha imparato a nuotare e… l’ho messo tra gli episodi avanzati perché ci sono tante parole che secondo me non sapete e quindi… come impararle? Beh, se non le capite potete andare su podcastitaliano.com, sul sito, e potete rileggere questo episodio, o meglio leggere e anche risentirlo ma leggendolo. Questo è un ottimo modo per imparare e, diciamo. interiorizzare (internalize), tutte queste parole difficili.
Prima di incominciare inoltre vi ricordo anche che questo episodio e Podcast Italiano di questi tempi è sponsorizzato da italki. italki un sito per fare lezioni individuali di qualsiasi lingua praticamente. Io sono un insegnante su italki, quindi se non ne avete abbastanza (if you don’t have enough of) della mia brutta voce e anche della mia brutta faccia nei video e volete fare lezioni, addirittura delle lezioni con me, beh potete farlo. Seguendo il link in descrizione, nella descrizione di questo podcast avrete $10 di sconto e niente… oppure (potete pensare) Davide, io sono stanco di te, voglio fare lezione con un’altra persona. Potete farlo e, anzi, vi consiglio magari di farlo se volete, o di provare, perlomeno, più insegnanti (various teachers – “più” in questo caso non significa “more” ma “vari”, ovvero “più di uno), perché su Italki ci sono tantissimi insegnanti, tantissimi insegnanti bravissimi. Quindi è molto comodo, lo potete fare da casa vostra, ve lo consiglio e… niente, grazie ad Italki e adesso ci sentiamo l’episodio.
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Fin da piccoli (ever since we were kids) i nostri genitori portavano d’estate me e mio fratello in vacanza al mare in Liguria, una regione italiana confinante a sud con il Piemonte e lambita (lapped by, toccato leggermente – in questo caso “bagnato”) appunto dal mar Ligure e, pertanto, meta facilmente accessibile ai torinesi. In particolare ci recavamo (=andavamo) nella graziosa (cute, pretty) cittadina chiamata Finale Ligure, dove soggiornavamo tre settimane presso la pensione Riviera, un accogliente piccolo albergo a conduzione familiare (family-owned). Le nostre giornate scorrevano (went by) tranquille, iniziando con una gustosa colazione, dopo la quale ci recavamo in spiaggia, per poi tornare in albergo per il pranzo, seguito da una passeggiatina digestiva (=una passeggiata per digerire) e dall’immancabile riposino (inevitable nap – ironico) in camera. Verso le 16 si tornava in spiaggia, per poi rientrare nel tardo pomeriggio e prepararsi per la cena, seguita da una passeggiata più lunga in riva al mare (by the sea). Adoravo quelle giornate, ma al di sopra di tutto mi piaceva proprio la vita balneare, ossia trascorrere bei momenti in spiaggia con mio fratello e gli amichetti e soprattutto fare il bagno in mare (swimming in the sea). Una precisazione: di solito andavamo in uno stabilimento balneare (bathing establishment), cioè una struttura a pagamento dotata di ombrelloni (sunshades), sedie a sdraio (sunbeds – da “sdraiarsi”, che significa “to lay down”), bar, bagni, docce, cabine per cambiarsi, pedalò per far qualche giro in mare, e soprattutto i bagnini (lifeguards), il cui compito è di vigilare sulla sicurezza dei bagnanti (watch over the swimmer’s safety), intervenendo in caso di pericolo. In alternativa esistevano, ed esistono tuttora, le cosiddette spiagge libere gratuite, dove occorre portarsi tutta l’attrezzatura (equipment) e non c’è personale addetto alla sicurezza (security personnel). Pertanto, per motivi di comodità, da piccoli abbiamo sempre frequentato spiagge private, che tuttora sono abbastanza costose. Come già anticipato, il momento che attendevo spasmodicamente (I would spasmodically wait for = con molta emozione) era appunto quello del bagno in mare. C’erano però due problemi. Il primo problema era che non sapevo ancora nuotare, o meglio, intorno ai 6-8 anni nuoticchiavo (I kind of swimmed – il suffisso “icchiare” indica un’azione fatta con un po’ di difficoltà oppure non con grande convinzione) con il salvagente (lifejacket), ossia una ciambella (“doughnut”) di plastica gonfia di aria infilata sotto le ascelle (tucked under the armpits), che mi permetteva di stare a galla (stay afloat). Successivamente il salvagente è stato rimpiazzato dai braccioli (armband, water wings), piccole ciambelle allo stesso modo gonfiate e infilate (put on, worn) in alto intorno alle braccia. Oltretutto in città non andavamo, per vari motivi, a corsi di nuoto per bambini, e quindi non c’era modo di imparare. Il secondo problema era che tassativamente (=obbligatoriamente) bisognava aspettare non meno di tre ore dopo i pasti per poter fare il bagno senza interferire con la digestione: regola questa che in tempi più recenti si è un po’ mitigata (= si è ridotta, è diventata meno severa). Perciò cercavo di ingannare il tempo giocando con la sabbia, bagnandomi i piedi ( quello almeno era permesso) e chiedendo ogni mezz’ora a mia mamma se potevo entrare in acqua. Finalmente il momento tanto atteso arrivava, ma mi era concesso di stare in acqua al più venti minuti, per non raffreddarmi e buscare qualche malanno (catch a disease).
Ma veniamo alla questione più interessante: come ho imparato a nuotare senza salvagente. Avrò avuto circa 11 anni, dunque non ero più una bambina. Una nostra vicina di ombrellone (sunshade neighbor), una ragazza simpatica, si era offerta di insegnarmi: perciò mi portava in acqua senza braccioli e mi sorreggeva a galla a pancia in su o a pancia in giù (she would hold me and keep me afloat face-down or face-up) per farmi acquisire le nozioni di base. Però non è che facessi grandi progressi. Un bel giorno mi ricordo che di mia iniziativa (of my own accords), all’insaputa dei miei genitori (unbeknownst to my parents, senza che lo sapessero i miei genitori), entro in acqua senza braccioli e mi lascio scivolare provando due o tre bracciate a stile libero (two or three strokes swimming freestyle). Una grande conquista: sono riuscita a stare a galla da sola e man mano con il passare del tempo e il costante esercizio ho acquisito sempre più sicurezza in acqua, fino a raggiungere la meta più ambita (yearned for, coveted) da noi ragazzi, la boa (buoy), ossia in realtà la piattaforma galleggiante collocata a circa 50 metri dalla riva!
Ma veniamo ad un’altra conquista: come nuotare a faccia in giù, ossia con il viso immerso nell’acqua, e come imparare a respirare correttamente. Di fatto avevo imparato a muovermi in acqua, ma con la testa rigorosamente fuori, e quindi per acquisire uno stile più adeguato bisognava fare un ulteriore passo avanti. Un’estate, alla fine delle vacanze (avrò avuto 14 anni) trovo dal giornalaio un libriccino (un libro piccolo) intitolato “Saper nuotare”. Interessatissima, decido di acquistarlo, ma ahimè (alas) era ora di tornare in città e pertanto non avrei avuto modo di mettere in pratica gli insegnamenti. Però non demordo (I don’t give in) e, una volta a Torino, decido di cimentarmi (try my hand at) ugualmente con il primo, fondamentale esercizio: come tenere aperti gli occhi sott’acqua. Si trattava di riempire una bacinella (bucket) o un lavandino di acqua, collocare sul fondo qualche oggettino, tipo un anello, un braccialetto o simili, immergere il volto fino alla fronte, aprire gli occhi e guardare gli oggettini prima posati. Insomma, mi sono armata di coraggio (I armed myself with courage) e ho seguito alla lettera le istruzioni: non è stato poi così difficile e la soddisfazione che ho provato è stata indescrivibile! Da quel momento la strada verso la conquista del nuoto è stata in discesa (downhill). L’anno successivo i miei genitori hanno acquistato un alloggio (=appartamento) in un’altra località della Liguria, in un condominio con piscina: a quel punto, tutte le occasioni erano buone per acquisire maggior sicurezza negli stili, soprattutto rana (breaststroke swimming) (il mio preferito) e stile libero. Poi più avanti ho anche seguito corsi di nuoto in città, però ricordo ancora con nostalgia il momento cruciale in cui, vincendo le paure, i miei occhi si sono aperti sott’acqua e hanno visto per la prima volta le bollicine d’aria soffiate fuori dalla bocca (air bubbles blew out from the mouth).
Ringrazio di nuovo mia madre, penso che scriva molto bene, che cosa ne pensate? Potete scrivermelo nei commenti a questo episodio sul sito e scrivetemi se volete altri episodi con mia madre. Mi hanno detto alcune persone che mia madre ha una bella voce, quindi mi fa piacere sentirlo. Penso anche… mi chiedo anche se questo significa che io ho una brutta voce, non lo so, ma potete scrivermelo. Anzi, potete rassicurarmi (reassure me) se volete, potete dirmi che vi piace anche la mia, non lo so, come volete, ma siate onesti, l’onestà è importante. E niente, vi consiglio di riascoltare questo episodio 3, 4, 5 volte per abituarvi e interiorizzare tutte queste parole. Andate su Italki e niente, lasciate anche una recensione a questo podcast su Apple Podcasts perché questo come sapete dovrebbe… almeno, non lo so per certo, ma dovrebbe essere utile. Almeno credo. Non lo so per certo, però così dicono tutti e così lo faccio anch’io.
Vi leggo per esempio l’ultima recensione. Tra l’altro se non lo sapevate su Apple Podcasts le recensioni sono divise per paesi (divided by country), quindi se uno va su, diciamo, sul sito americano legge le recensioni americane, sul sito tedesco solo le recensioni tedesche, però… per esempio il mercato americano che è quello più grande ha 87 recensioni, anzi 87 valutazioni, non tutti scrivono, però se scrivete è ancora meglio. Per esempio Armani Barboncino (bel nome) mi ha scritto:
Educational, entertaining, engaging!!!
I am subscribed to a dozen Italian language podcasts but this one is my “hands down” favorite. Davide and Erika are true professionals. Hats off to them!
Grazie Armani per le tue belle parole e… penso che una cosa che potrò fare è leggere le recensioni (sul podcast), penso sia simpatica come idea, anche in altre lingue magari. Ok, questo è tutto, grazie e ci risentiamo presto. Ciao!