Il TALIAN: quando il Brasile parla veneto 🇧🇷
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In un video recente abbiamo parlato del Lunfardo in Argentina, questo gergo argentino con una forte influenza italiana. Ma l’Argentina non è l’unico paese che ha ricevuto una forte immigrazione dall’Italia. Una delle ondate migratorie più importanti è quella che ha riguardato il Brasile. Pare che oggi in Brasile vivano, pensate, 30 milioni di discendenti italiani, alcuni anche tra di voi. A questo proposito, oggi vorrei parlarvi del Talian.
Trascrizione con glossario e audio isolato (Podcast Italiano Club)
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Che cos’è il Talian? Non è italiano, anche se il nome ci assomiglia, bensì un dialetto della lingua Veneta.
Benvenuti su Podcast Italiano (oggi Podcast Talian), un podcast e canale YouTube per chi impara o ama la lingua italiana. Attiva i sottotitoli se ti servono e ti ricordo che sul mio sito trovi la trascrizione di ciò che dico. Link in descrizione!
Voglio prima fare un passo indietro per parlare di comunità italiane e immigrazione italiana. Esistono comunità italiane in quasi tutti i paesi dell'America Latina: ma che cosa significa, in questo caso, l’aggettivo “italiane”?
Le prime migrazioni dall’Italia avvennero prima dell’Unità d’Italia, l’unificazione del paese nel 1861. Ma perché chiamarle migrazioni “italiane”, se l’Italia come Stato ai tempi nemmeno esisteva? Beh, l’Italia era da molto tempo un concetto geografico. Un piemontese e un veneto, a quel tempo, non si sarebbero sentiti poi così vicini culturalmente tra di loro: erano persone provenienti da entità politiche diverse che si trovavano a condividere lo stesso spazio geografico.
In ogni caso, la stragrande maggioranza delle migrazioni dall’Italia è avvenuta nel periodo successivo all’Unità. Spesso si sente dire che queste comunità ai tempi e i loro discendenti oggi parlano italiano: beh, in realtà non è così. Nessuno di loro lo parlava davvero. Chi di voi è discendente di italiani e si ricorda com’era l’”italiano” parlato dai propri antenati sa che quella lingua non è quella che sto parlando in questo momento. Durante l’epoca delle migrazioni, l’italiano in Italia era una lingua molto minoritaria ed esclusiva, delle élite. Nel 1861 in Italia l’italiano era parlato, a seconda della stima che reputiamo più corretta, dal 2,5% al 10% della popolazione. Le persone parlavano una varietà della loro lingua regionale, i famosi “dialetti”, come sono conosciuti in Italia: veneto, lombardo, piemontese, napoletano, siciliano e via dicendo. E in questo senso quando parliamo di comunità italiane l’aggettivo “italiano” usato in senso linguistico, significa anche “che parla UNA lingua italiana”, una delle lingue parlate in Italia.
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È il momento ora di concentrarci sull’immigrazione verso il Brasile.
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La maggior parte degli immigrati italiani che si stabilirono in Brasile arrivò tra il 1875 e il 1914. E la maggior parte di questa maggior parte proveniva dal Veneto, ma anche dalla Lombardia, dal Friuli e dal Trentino. Principalmente quindi da regioni del Nord Est italiano che in quel periodo erano tra le più povere d’Italia (oggi, curiosamente, sono tra le più ricche). Si stima che durante questo periodo siano arrivate da queste regioni poco più di 100.000 persone. Negli anni ‘80 del 1880, il 60% dell'immigrazione in Brasile era italiana.
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Il viaggio avveniva in navi sovraffolate, dove le epidemie erano comuni, tanto che sovraffollate, una volta arrivati in Brasile, gli emigrati dovevano trascorrere del tempo in quarantena. Dopo la quarantena le opzioni erano principalmente due: o trasferirsi nella zona di San Paolo per andare a lavorare nelle piantagioni di caffè oppure andare nel remoto stato di Rio Grande do Sul, in particolare nella sua parte settentrionale: la Serra Gaúcha, Serra Gaúcha (portoghese è bellissimo…) ed è proprio qui che si formò il Talian.
Il governo brasiliano, oltre ad aver bisogno di manodopera per ragioni puramente economiche (come abbiamo visto anche in Argentina), aveva però un altro motivo per cercare lavoratori europei: dopo l’abolizione della schiavitù nel 1888, lo Stato aveva avviato politiche per “sbiancare” il Paese. Sì, “sbiancare” che è terribile e significa ciò che pensate: diminuire la percentuale di discendenti africani nel paese.
Al loro arrivo fondarono tre colonie: Dona Isabel (oggi Bento Gonçalves), Campo dos Bugres (oggi Caxias do sul) e Conde d'Eu (oggi Garibaldi, da Giuseppe Garibaldi, che giocò un ruolo fondamentale sia nell’indipendenza italiana ma che combatté anche per l’indipendenza dello stato di Rio Grande do Sul dall’Impero Brasiliano); man mano che arrivavano altri immigrati, si stabilivano in altri luoghi e creavano nuovi insediamenti. La lingua parlata da questi coloni era di fatto il veneto, o differenti varietà di veneto, e anche differenti varietà di altre lingue regionali del nord, che hanno poi continuato ad adoperare negli anni a venire e si sono fuse nel Talian di cui parleremo tra poco. Ma prima parliamo di una pagina drammatica della storia del Brasile e delle lingue minoritarie.
Getúlio Vargas era un politico brasiliano piuttosto controverso. Fu presidente, dittatore, ministro... un po’ di tutto.
Vargas era, per usare un eufemismo, piuttosto nazionalista e le sue politiche prevedevano la “brasilianizzazione” dell’intera popolazione del Brasile. Uno dei primi strumenti di ogni politica nazionalista è attaccare la lingua, primo segno di identificazione di un popolo. Non ci stupisce che le comunità minoritarie in Brasile, giapponesi, tedesche e italiane, abbiano subito una feroce persecuzione culturale e linguistica.
A quel tempo (parlo del periodo dal 1930 al 1945) nelle scuole si incoraggiava l'abbandono della lingua materna a favore del portoghese e si attuavano addirittura divieti e persecuzioni contro coloro che rivendicavano l’uso della propria lingua. Nel 1939 fu fondato il Dipartimento di Stampa e Propaganda, un organo di censura, in sostanza, che incentivava l'uso dell'unica lingua nazionale, il portoghese, e perseguitava tutte le altre. Ricorda qualcosa?
Tra l’altro il Brasile nel ‘42 si unì alle potenze alleate, quindi era in guerra con l’Italia, fattore che non aiutava di certo gli italiani che vivevano nel paese.
Il Brasile, come quasi tutti gli altri paesi dell’America Latina, è stata la destinazione di moltissimi immigrati sin dalla metà del XIX secolo. Le comunità di immigrati cercavano condizioni di vita migliori e andavano ovunque venissero chiamate e gli venissero proposte condizioni vantaggiose. Anche per questo le persecuzioni linguistiche e culturali di quegli anni furono molto traumatiche per queste comunità, che non capivano perché ricevessero questo trattamento molto tempo dopo il loro arrivo e dopo anni di duro lavoro. Le persecuzioni, ovviamente, ebbero conseguenze anche sul destino del Talian. A proposito, è arrivato il momento di parlarne.
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La storia del Talian è senza dubbio una storia di mescolanza, una mescolanza che incominciava dal momento stesso del viaggio in nave, che durava dalle due o quattro settimane. La stragrande maggioranza degli immigrati, come abbiamo visto, veniva dal Veneto, ma anche dalla Lombardia, dal Trentino, dal Friuli e da altre parti d’Italia. Sono stati i veneti però a mettere la base linguistica a cui gli altri dovevano adattarsi.
Quando emigravano nelle colonie meridionali, venivano in contatto con altri immigrati italiani e in questa maniera continuava il processo di mescolanza tra diverse varietà di lingue (ripeto, lingue diverse, non varietà dell’italiano “toscano” che sto parlando adesso), tanto che alcuni linguisti parlano di una koinè. Ma in ogni caso la base era quella veneta, che era la lingua maggioritaria, sempre con la continua influenza del portoghese.
Quindi attualmente il Talian è considerato dalla maggior parte dei linguisti una varietà del veneto, ma di un veneto arcaico, del diciannovesimo secolo, che ha acquisito caratteristiche particolari, con una spruzzata di elementi provenienti da altre lingue del Nord Italia e influenzato dal portoghese. Viene parlato soprattutto negli stati di Rio Grande do Sul e Santa Catarina e non è una lingua uniforme e standardizzata, ma che ha molte variazioni regionali: proprio come succede con i dialetti italiani.
Ma vediamo un testo in Talian (e farò del mio meglio con la pronuncia, spero di non fare un disastro).
Il fenomeno linguistico che gavemo in questa region no se parla l’italiano, qua se
parla il taliàn. Che cos’è il taliàn? Il taliàn è un po’ di tuto: un po’ di cremones, un
po’ de mantovan, un po’ de furlan, un po’ de trevisan, un po’ de brasilian i ha formà
un’altra lengua, il taliàn. Sì, probabilmente ho fatto uno scempio, scusate.
Come in ogni lingua che non ha una regolamentazione forte, ci sono molti modi per scrivere il talian. Ad esempio, nel testo precedente vediamo l'uso dell'articolo “il”, mentre nel seguente vediamo l'uso di “el”:
Vardé, càri da Dio, lé fin pecà che non se parle pì el vero talian, má nó quel gramaticale,
inventà da Mussolini [secondo l’autore l’italiano ufficiale è un’invenzione di Mussolini], ma quel del Vêneto che i nóstri vécí i gá portá dal’Itália
e che daromai gnessun lo parla … Lé próprio na maraveia, parchê con el nostro
talian se dize quel che se vol … se pol misturarlo sú anca col bresilian, se pol dontarghe
o tirarghe via un poco e túti capimo polito.
Quando arrivarono Vargas e il suo Estado Novo alla gente fu proibito parlare una lingua diversa dal portoghese e ai parlanti di Talian fu vietato l’uso dell’unica lingua che conoscevano: la pena poteva essere addirittura il carcere. Questa politica repressiva ebbe più effetto nei centri urbani, mentre nelle zone rurali, più isolate e difficilmente raggiungibili, la situazione fu molto più permissiva. Naturalmente fu in questo periodo, durante l'Estado Novo, che il talian si riempì di prestiti dal portoghese. E allora al posto del più veneto “spaia” (spiaggia in italiano) si dice “praia” in Talian, come in portoghese, o al posto di “butiglia” si ha “garafa” (come “garrafa” in portoghese).
Come successe in Italia ai tempi del Fascismo, anche la toponomastica, cioè nomi di luoghi geografici, subì dei cambiamenti. Due piccoli comuni come Nova Trento e Nova Vicenza diventarono Flores da Cunha e Farrouliha. Ma il caso più interessante è quello del Palmeiras, una delle squadre di calcio più prestigiose del Brasile, che un tempo si chiamava Palestra Italia, essendo stata fondata da italiani.
Dopo la dittatura, le cose erano cambiate: il Talian rimaneva vitale solo nelle zone rurali, tutte le città parlavano già portoghese, la lingua del progresso. E poi è successo quello che succede sempre: il suo uso fu stigmatizzato. Il Talian era diventato una lingua di contadini, gente considerata poco acculturata, poco istruita. Ricorda la situazione di un altro paese? Hm, non me ne viene in mente nessuno…
Negli anni '70, '80 e '90, a 100 anni dall’arrivo dei primi coloni, iniziarono movimenti di rivendicazione del Talian, si cominciarono a scrivere opere letterarie (in realtà qualcosa si era già scritto prima) e opere musicali, a trasmettere programmi radiofonici e televisivi, tutto in Talian. Ho trovato una bellissima radio tra l’altro in cui si parla Talian, è fantastica, ascoltatela. Recentemente è stata scritta la prima grammatica di Talian ed esistono diversi dizionari. La lingua è riconosciuta ufficialmente in diversi comuni degli stati di Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Paraná e Espírito Santo. Tuttavia è una lingua sempre più a rischio di estinzione, perché parlata soprattutto dalle generazioni più anziane e da persone che cercano di preservarla. Il Talian ha subito un forte colpo dalle politiche di Vargas.
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So che molti di voi sono brasiliani e sono discendenti di italiani o veneti nello specifico: m’interesserebbe conoscere e leggere nei commenti la storia dei vostri antenati. Come sono arrivati in Brasile? Parlavano Talian? Conoscete persone che parlano ancora oggi il Talian? Fatemi sapere nei commenti e se invece siete veneti e parlate veneto, come vi sembra il Talian? Fatemi sapere, vi leggerò con interesse! Detto ciò, anni fa ho anche pubblicato un episodio del mio podcast per imparare l’italiano sull’emigrazione italiana in Brasile, dove vado un po’ nel dettaglio del fenomeno: ve lo lascio in descrizione.
Mi raccomando, provate Italki. Gennaio, momento di apprendimento e di nuovi obiettivi. Alla prossima!