Perché si parla italiano in SVIZZERA?
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L’italiano standard, l’italiano fiorentino, l’italiano di Milano… E poi i dialetti o lingue regionali: il napoletano, il pugliese, il veneto … E gli accenti: quello napoletano, romano, veneto. Tutti questi temi interessantissimi di cui parlo spesso qui su Podcast Italiano hanno qualcosa in comune: riguardano la realtà italiana. Ma ci sono altri paesi in cui l’italiano è parlato correntemente, e in alcuni di essi l’italiano è addirittura una lingua ufficiale. Uno di questi è la Svizzera. Quindi… l’italiano convive con… lo svizzero? In realtà, la situazione è molto più complessa di così.
Benvenuti Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama la lingua italiana. Se ne hai bisogno attivare i sottotitoli e ricordate che potete trovare la trascrizione dell’episodio sul mio sito: link in descrizione.
Trascrizione con glossario e audio isolato (Podcast Italiano Club)
Innanzitutto, lo svizzero non esiste, e la nazione conosciuta per le mucche, il cioccolato, gli orologi e le banche ha tante sorprese.
Le lingue nazionali della Svizzera sono quattro: ordinate per il numero di parlanti, si tratta del tedesco, del francese, dell’italiano e del romancio, lingua romanza parlata in una piccola fetta del territorio orientale del Paese, che appartiene al gruppo dei dialetti ladini (con la D). Sono effettivamente parlate tutte e quattro, in regioni diverse e talvolta in sovrapposizione tra loro, in tutti gli ambiti della vita: a scuola, al lavoro, a casa.
Secondo la legge svizzera, tutte le case devono avere un rifugio anti-atomico… Ah, no, ho sbagliato… ho sbagliato articolo di legge. Dicevo, secondo la legge svizzera, il quadrilinguismo va rafforzato in quanto elemento essenziale della nazione; e, in questo senso, è previsto un sostegno specifico per due cantoni. Ah, i cantoni – 26 – sono le repubbliche in cui è divisa la Confederazione svizzera.
Il sostegno è previsto per i cantoni Grigioni e Ticino, nei quali si parlano il romancio e l’italiano – entrambe lingue minoritarie, sebbene l’italiano abbia una comunità di parlanti molto più estesa del romancio. Pensate, infatti, che il romancio è parlato soltanto dallo 0,5% della popolazione. L’italiano, invece, dall’8% della popolazione svizzera, e dalla maggior parte di quella del Ticino, che consta di circa 350'000 abitanti: comunque una minoranza.
Una grossa parte dei confini della Svizzera italofona è a diretto contatto con l’Italia: possiamo dunque già immaginare che il percorso della Svizzera italiana e quello dell’Italia (e in particolare settentrionale) si devono essere incrociati molte volte. La lingua e la civiltà italiane sono presenti sul territorio svizzero da molto prima che la stessa Italia – intesa come Stato – esistesse.
Storia della Svizzera
La storia del Ticino risale ai tempi di Roma… Ma ci basti sapere che ancora secoli più tardi l’influenza dei poteri d’area Lombarda era molto forte sul territorio, e per alcuni periodi possiamo parlare di un vero e proprio dominio lombardo sull’attuale Ticino. Nel tredicesimo secolo, per esempio, una parte del territorio era soggetta a Como, oggi città lombarda, che poi a sua volta, nel Trecento, fu soggetta a Milano. Gli anni passarono, e alla fine il territorio finì per trovarsi in mano alla potente famiglia nobile dei Visconti di Milano: la storia del Ticino e quella della famiglia restarono intrecciate fino alla fine del Quattrocento, quando la Svizzera bussò alle porte del Ducato di Milano. E non per chiedere se aveva il sale, ma per conquistare il Ticino.
Ma cos’era la Svizzera, esattamente? La Svizzera, al tempo, aveva più o meno la forma di un gruppo di cantoni confederati, a cui si aggiungevano diverse regioni conquistate dipendenti dai cantoni: potremmo chiamarle regioni “di serie B”. Anche diverse regioni del Ticino, in momenti diversi, finirono per diventare territori subalterni, sotto il controllo della Confederazione. Con il crollo dell’ancien régime francese del 1798, si innescò una vera e propria rivoluzione in territorio svizzero. Questa rivoluzione permise al Ticino di liberarsi di questo status di territorio subalterno e nel 1803 esso entrò a far parte a tutti gli effetti della neonata Confederazione Svizzera.
Quando parliamo di italiano della Svizzera, di svizzero italiano, di italiano ticinese o cose simili, facciamo allusione a una specifica varietà regionale dell’italiano, influenzata naturalmente dalla lingua romanza locale, di cui parleremo più tardi.
Che cosa rende speciale questo tipo di italiano?
Dunque… L’italiano regionale ticinese si distingue dalle altre varietà soprattutto sul piano della fonologia e del lessico: suoni e parole.
Prendiamo la fonologia, per cominciare: alcuni termini di uso comune contengono suoni estranei all’italiano standard, come [y], che troviamo per esempio nella parola di origine francese fondue /fon’dy/ oppure [ø], che troviamo in phön/føn/, usata invece delle varietà “phon” (con pronuncia all’italiana) o “asciugacapelli”. Questi suoni sono propri della lingua lombarda, quindi potranno essere incontrati facilmente anche, per l’appunto, in Lombardia. Ma di base l’accento ticinese è un accento lombardo, e a questo proposito vi consiglio il mio video sull’accento di Milano.
Possiamo trovare altri esempi in parole legate alla realtà quotidiana svizzera, prese in prestito da altre lingue nazionali, e in particolare dal tedesco e dal francese. Dalla prima viene la parola “rösti” /’røʃti/, che indica un piatto a base di patate. Dal francese, invece, viene “chinoise” /ʃi’nwaz/, abbreviazione di “fondue chinoise”, un piatto a base di carne.
Sapete invece cos’è un’”azione”? Oltre al significato italiano che conosciamo, ha anche quello di sconto, di offerta, dal tedesco “Aktion”.
E quando si parla di “ricezione”, invece, ci si può riferire anche alla reception – quella degli hotel, per intenderci. Immaginate… vi chiama il vostro amico ticinese e vi dice che in ricezione gli hanno detto che al supermercato c’era un’azione. Regione che vai, italiano che trovi, giusto?
A volte, però, le cose possono andare nel senso inverso: in Italia si usa il termine collant, preso in prestito dal francese; mentre in svizzero italiano si usa il termine “ghette”, che in italiano standard è ormai un vocabolo piuttosto specialistico e poco usato (che forse qualcuno avrà sentito da Zio Paperone).
Complichiamo il gioco, perché ci sono anche parole usate esclusivamente in Svizzera. Una di queste è natel: si tratta dell’acronimo del nome tedesco Nationales Auto-telefonnetz, cioè “rete telefonica nazionale per auto”. Non è strano che uno svizzero chieda a un altro svizzero quale sia il suo numero “del natel”, o se abbia con sé il natel, ovvero… il telefono cellulare. E ancora… Quando un ticinese parla di bilux, allude ai fari dell’auto. Insomma, quando guidate attraverso le montagne svizzere per depositare in banca i vostri soldi guadagnati in… per godervi il paesaggio ricordatevi di non guardare il natel e di accendere i bilux.
Sul piano grammaticale, le particolarità regionali coincidono in larga parte con quelle di tanti altri italiani regionali del Nord Italia. Per esempio, è comune anteporre l’articolo determinativo ai nomi propri: “sto guardando un video del Davide”. Un’altra particolarità è l’assenza quasi totale del passato remoto nella lingua orale, a favore del passato prossimo, proprio come nel Nord Italia.
Complichiamo il gioco ancora un altro po’: l’italiano ticinese convive con il dialetto ticinese, che è a sua volta una varietà di una vera e propria lingua romanza, con un proprio vocabolario, una propria grammatica, le proprie varietà regionali e una propria storia. Accantoniamo qui la complessa e controversa differenza tra lingua e dialetto; ci basti sapere che il ticinese può essere considerato parte della lingua lombarda, il cui numero di parlanti, nel complesso, tra Svizzera e Italia, è superiore al milione, e potrebbe raggiungere diversi milioni di parlanti.
Ciò che è certo, è che il dialetto ticinese si trova in un continuum linguistico che lo pone in strettissimo contatto con altri dialetti, sia grigionesi che italiani: per esempio, un ticinese di Lugano e un un abitante di Como, potranno comunicare in dialetto senza problemi (oltre che, ovviamente, in italiano).
Veniamo dunque al ticinese. Analogamente a quanto possiamo rilevare anche in Italia, le generazioni più anziane sono cresciute, in Ticino, in una situazione di vera e propria diglossia, cioè convivenza di due lingue, entrambe usate dal parlante ma in contesti diversi: spesso, una delle due lingue è legata ai contesti formali e alla scrittura; l’altra, invece, è la lingua che si parla a casa, con gli amici e in tutti i contesti informali o che si usa quando si fanno battute, ci si arrabbiaecc. Le generazioni più anziane usavano il ticinese a casa, nelle relazioni sociali e talvolta anche a scuola e al lavoro, sebbene l’italiano fosse la lingua della scrittura e dell’istruzione. Lo stesso rapporto alla fine c’è tra italiano e lingua regionale, o dialetto, in Italia.
La generazione degli adulti di oggi è, per una buona parte, cresciuta ancora con il ticinese come lingua madre; tuttavia, l’italiano aveva e ha un ruolo molto più importante nella loro vita, sul lavoro e in alcuni contesti sociali. Oggi i giovani hanno tipicamente una conoscenza solo passiva del dialetto, sentito ogni tanto dai nonni e più raramente dai genitori. Che è più o meno la stessa situazione che incontriamo in alcune regioni d’Italia ed è anche la mia situazione personale con il piemontese.
Questa tendenza ha persuaso il World Atlas of Languages dell’Unesco a classificare la lingua lombarda, e quindi anche il ticinese, come a rischio d’estinzione.
Teoria a parte, ascoltiamo come suona una frase in ticinese!
Cun stu rafreduu a gh’u piü n fazulétt nétt, cioè “con questo raffreddore non ho più un solo fazzoletto pulito” che… è anche vero nel momento in cui registro questo video, scusate per la voce.
Ticinese vs italiano
Ma quindi, se il Ticino aveva la sua propria lingua romanza, perché alla fine è stato adottato l’italiano e non il ticinese come lingua ufficiale? Seguitemi in quest’ultima parentesi storica.
Nel Ducato di Milano, l’italiano fu adottato nel 1426 per la corrispondenza epistolare, ovvero per le comunicazioni scritte. Questa scelta non deve stupirci: le interazioni tra territori linguisticamente diversi d’Italia rese necessario l’utilizzo di lingue comuni per facilitare la comunicazione a livello regionale. Già! Lingue comuni, non una, ma una serie di lingue, perché in ogni territorio ci fu un diverso cocktail di lingua locale, latino e fiorentino. Questa interazione diede origine all’italiano cancelleresco settentrionale, cioè l’italiano delle “pubbliche amministrazioni” dei vari stati italiani del Nord.
E il Ticino? Come abbiamo visto, in quel periodo era legato al Ducato di Milano; e infatti la lingua italiana, o fiorentina, proprio sotto l’influenza di questo italiano della pubblica amministrazione, entrò anche in Ticino, dove venne insegnata ai figli delle élite cittadine.
È però nel Cinquecento che arrivò una vera e propria italianizzazione nel territorio. Le ragioni sono molteplici.
La prima è legata al fatto che, anche dopo la conquista del Ticino da parte dei territori Confederati svizzeri, la Chiesa ticinese restò legata a Milano e a Como. L’italiano, e in particolare l’italiano letterario toscano, era lo strumento comunicativo principale nella predicazione e nella liturgia.
La seconda ragione è legata al fenomeno della migrazione di una serie di professionisti del Ticino, come gli artigiani e gli architetti, verso l’Italia e l’Europa. Questi professionisti avevano bisogno di saper leggere e scrivere per poter svolgere il loro lavoro, e ora anche per poter comunicare con i familiari rimasti in Ticino. Per questa ragione, nella seconda metà del Cinquecento nacquero diverse scuole, gestite da quegli stessi membri della Chiesa che usavano l’italiano letterario toscano.
Infine, gli Svizzeri adottarono una politica per la quale le lingue locali andavano rispettate, sicché l’adozione dell’italiano anche nella comunicazione scritta non fu ostacolata.
Da questo momento in poi, sarebbe nata la situazione di diglossia di cui abbiamo parlato prima. Insomma, dalla fine del Cinquecento la lingua scritta era l’italiano: per il ticinese non c’era più spazio.
Dopodiché, l’entrata del Ticino nella confederazione Svizzera nel 1803, come dicevamo, permise un’ulteriore stabilizzazione della realtà linguistica. A metà Ottocento fu istituita la scuola pubblica, nella quale veniva insegnato quell’italiano letterario che era il modello linguistico anche nella neonata Italia, e nel 1848 la Svizzera sancì anche sul piano legislativo l’uguaglianza tra l’italiano, il tedesco e il francese.
Sotto il Fascismo, poi, anche nella Svizzera italiana si affermò il primato dell’italiano, che entrava sempre di più nelle case – processo oggi accelerato ulteriormente con Internet.
E con questo direi che il nostro viaggio è terminato!
Oggi abbiamo scoperto che il Ticino (a cui vanno aggiunti territori italofoni dei Grigioni) è quasi dieci volte più piccolo della Lombardia, ma non per questo serba una storia linguistica meno ricca e sfaccettata. Abbiamo anche scoperto che un ticinese e un italiano, a meno che non entri in gioco il dialetto, avranno la stessa lingua madre, seppure con qualche piccolissima differenza lessicale e fonetica…
E proprio questa differenza lessicale, talvolta, potrà portare a qualche equivoco o incomprensione, come del resto può avvenire tra altri tipi di italiano regionale. Se dico che mi piacciono i cicles, frase comunissima in [Piemonte], in altre regioni d’Italia potrebbero non capire quello che sto dicendo. A proposito, sarebbero i chewing gum, le gomme da masticare. A chi di voi impara l’italiano chiedo: avete già incontrato qualche termine regionale svizzero o italiano anche che vi ha incuriosito? Siete mai stati in Svizzera e in particolare nella Svizzera italofona? E agli italiani: conoscete altre parole dell’italiano ticinese? Infine, agli Svizzeri in ascolto: quali altre particolarità dell’italiano svizzero ho dimenticato? Fatemi sapere!
Per chi di voi impara l’italiano, ricordo che c’è un ebook gratis su come raggiungere il livello avanzato in italiano. Lascio il link in descrizione. A presto!