3 TRUCCHI di PRONUNCIA per parlare come gli italiani
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Oggi torniamo a parlare di uno dei miei argomenti preferiti: la pronuncia! Nello specifico vedremo tre trucchetti per parlare più come un madrelingua.
Benvenuti su Podcast Italiano, un progetto per chi impara o ama la lingua italiana. Io mi chiamo Davide e vi ricordo di attivare i sottotitoli , se vi servono, e che troverete la trascrizione e l’audio del video come bonus nel mio PI Club. Cominciamo.
1) Il primo trucco per sembrare un po’ più italiano è una cosa di cui ho già parlato nel mio video sulle vocali ma che vale la pena di rivedere.
Trascrizione PDF con glossario audio isolato (PI Club)
Prendiamo questa parola: [ˈka:za]. Sentite che la prima /a/è lunga? [ˈka:za]. Non dico [ˈkaza] ma [ˈka:za]. In italiano allunghiamo la sillaba accentata della parola su cui cade l’accento di frase.
- Ok, Davide però, per favore, parla italiano.
Mi spiego peggio. In ogni frase c’è una parola su cui cade l’accento dell’intera frase. Prendiamo una frase, per esempio, come:
“Domani torno a CASA”.
L’accento di frase è su “casa”.
Ma potrei dire: “Domani TORNO a casa”, non parto da casa, non rimango a casa, ma torno.
O ancora: “DOMANI torno a casa”, non oggi. Il significato cambia, vedete? Questo è l’accento di frase. Quindi nel primo esempio: “domani torno a CASA” (l’accento di frase è su “casa”) dentro la parola “casa ”l’accento cade su “ca”, che è una sillaba aperta (finisce per vocale). E dunque allunghiamo la /a/. [ˈka:za]. Sentiamo la differenza se a questa frase dopo “casa” aggiungo “mia”. “Torno a casa mia”. Ora ad allungarsi è la “i”, [ˈmi:a],mentre “casa” è più breve.
Oppure: “Tutto bene!” Allunghiamo la /ɛ/ di “bene”. Non [ˈbɛne]ma [ˈbɛ:ne]. Ma: “è bene che tu torni a casa”. [ˈbɛne] La “e” di “bene” è meno allungata (un pochino allungata, a esser puntigliosi, ma meno di “ca-sa”, dove cade l’accento di frase.) Se la sillaba invece è chiusa, ovvero finisce per consonante non per vocale ma per consonante, tipo “cen-to”, che facciamo?
- Dimmelo tu. Ma è chiaro, allungheremo la consonante. “Venti”. Allunghiamo la “n”. “Venti volte”.
Allunghiamo la “l”. “Venti volte al giorno”. Allunghiamo la “r”. ma comunque trovo che sia più importante farlo nella pronuncia delle vocali. “Torno a casa” Provate a integrare questo trucchetto nella vostra pronuncia, senza fare però quello che fanno alcuni, cioè l’intonazione da Supermario.
- Ah intendi questa? “Torno a casa”, “sono Mario”, “pizza”, “pasta”. Ecco, no.
2) Anche il secondo trucco riguarda le vocali. Ascoltiamo queste frasi.
“Sono andato al mare”
“Lo faccio entro domani”
“Carlo andava e veniva”
Sentite?
In queste sequenze di due vocali tra due parole separate la prima vocale è molto breve. Adesso sto esagerando per farvi capire. In queste sequenze la prima vocale non costituisce una sillaba, ma diventa “asillabica”, cioè si fonde, si lega, si unisce alla sillaba successiva.
- E di nuovo con questi termini difficili, Davide, parla come mangi.
Ci provo. In una frase come “sono andato al mare” parlando naturalmente non avremo 8 sillabe ma soltanto 6. E parlando rapidamente potremmo addirittura dire “son’ andat’ al mare” togliendo completamente la prima vocale di queste sequenze, facendo un’elisione (solo fonetica, però, perché non possiamo scrivere così).
L’elisione, infatti, in alcuni casi è obbligatoria anche nella scrittura, in casi che conoscerete. L’articolo LO seguito da parola che inizia per vocale: “L’eroe”. Ecco, qui “lo eroe” è proprio impossibile.
Con “la” l’elisione è molto comune ma non obbligatoria. “L’amica” è molto più comune di “la amica”, che però non è impossibile. In questi casi, come ho detto, l’elisione è anche grafica, non solo fonetica, quindi scriviamo l’apostrofo.
In casi come “son’ andat’ al mare” se facciamo una vera elisione totale l’elisione è solo fonetica e non è comunque obbligatoria: dipende dalla velocità a cui parliamo e dalla frase in sé; ma comunque quando abbiamo due vocali vicine in due parole diverse, sul confine di parola, la prima tende a essere pronunciata rapida e a non creare una sillaba.
Ciò però non succede quando la prima vocale è accentata: Andò immediatamente Città eterna Ecco, qui la ò e la à e qui sono ben pronunciate.
Sentite la differenza tra “lo faccio entro domani” e “lo farò entro domani”. Abbiamo poi spesso un’elisione fonetica con “gli +articolo”. “Gli amici degli altri”. “gli italiani”.
“Gli eschimesi” Pronunciando naturalmente queste frasi la “i” “di “gli” non si pronuncia. Graficamente in passato si scriveva proprio “gl’italiani”, con l’apostrofo, per non mettere due “i” consecutive.
A me piace questa soluzione, ma oggi è molto molto rara, non si fa quasi più.
E ancora, succede una cosa simile in combinazioni come: “Dieci anni”, “undici anni”, “dodici anni”, fino a “sedici anni”.
- Ah, perché dopo sedici anni cresci e impari come si pronuncia, no?
Non hai capito niente. Anche qui la “i” sparisce. “/djeˈʧanni/,non è impossibile /ˈdjɛʧi ˈanni/ ma è molto comune /djeˈʧanni/. Qualcuno dice anche “diciott’anni”, non tutti: “diciotto anni” è abbastanza comune. Quasi tutti diciamo “vent’anni”, mentre invece “diciassett’anni” e “diciannov’anni”mi sembrano poco comuni ma non impossibili.
Se siete italiani scrivetemi come dite tutte queste cose, mi interessa. Graficamente comunque scriveremo DIECI, UNDICI, DODICI, ecc. per non scrivere DIEC’ANNI che sembra /djeˈkanni/ e non va bene. Avevate mai notato questa particolarità di pronuncia dell’italiano?
3) Continuiamo con il terzo trucco, che è un po’particolare.
Riguarda la pronuncia delle parole che finiscono per consonante. - Ma Davide, in italiano non esistono parole che finiscono per consonante!” In parte hai ragione. In italiano, come saprete, generalmente le parole finiscono per vocale. “Casa”, “bello”, bene”.
È vero che ci sono parole grammaticali che finiscono per consonante: “con”, “sul”, “al”, “del”, “per”; oppure aggettivi come “bel” che sta per “bello” (per es. “un bel posto”, “un bel gatto”) e altre. Tuttavia queste parole grammaticali non ci interessano (“non c'interessano”, non dico “ci interessano”), perché sono parole sempre “atone”, cioè su di loro non cade mai l’accento di frase: si attaccano, si legano, infatti, alla parola successiva.
A noi interessano piuttosto parole su cui possiamo mettere l’accento di frase. Beh, si dà il caso che in italiano abbiamo molte, sempre più parole straniere, soprattutto inglesi.
E in inglese le parole possono finire per consonante. E dunque come pronunceremo una parola come “blog”?
Così: “blog”. Sentite? Aggiungiamo una piccola vocale alla fine della parola, una sorta di schwa, la vocale indistinta tipica dell’inglese(in parole come “about” o “below”).
Ma succede qualcos’altro. Sentiamo con attenzione. “Blog”. Sentite? Oltre ad aggiungere questa vocale raddoppiamo anche la consonante precedente, quindi in questo esempio è come se ci fossero due /g/. O ancora: “YouTube”, “fan”, “gol” “sport”, “film” (in sport e film la /t/ e la /m/ non si possono raddoppiare perché sono dopo una consonante). Nelle altre però si raddoppia la consonante finale.
Poi in parole come “podcast”, “smartphone” alcuni parlanti aggiungono questa vocale pure all’interno della parola; perché alcune combinazioni di consonanti, come /dk/ in “podcast” o / rtf/ in “smartphone” in italiano sono davvero innaturali, quindi diciamo [poddəkastə] e [zmartəfonnə].È abbastanza comune. Io infatti ‘ste parole non le so dire.
Postcast. Porcast. Polka. Attenzione! Quando la parola che finisce per consonante (“podcast”) è seguita da una che inizia per vocale(“italiano”) non si aggiunge niente, non è necessario. “Podcast Italiano”, “sport estremo”, “gol incredibile”.
Non si aggiunge niente. Nemmeno quando abbiamo sequenze di consonanti che sono possibili in italiano, che non ci danno fastidio.
Per esempio: “Sono un grande fan di questo gruppo”. /nd/esiste in italiano, “andare”, “mondo”… Oppure “Ha fatto un gol bellissimo”./lb/ è possibile, per esempio “Alba”. Ma se diciamo per esempio “mi piace fare sport con gli amici” molti parlanti aggiungerebbero una vocale dopo “sport“ /sportəkon/ perché /tk/ è innaturale in italiano.
C’è chi ci prende in giro per questa nostra caratteristica di aggiungere mille vocali. È una caratteristica molto evidente quando parliamo lingue straniere come l’inglese.
Tuttavia fa parte della nostra fonologia, della nostra pronuncia. Personalmente non direi mai “fan”, “blog”, “podcast”, “smartphone” parlando italiano, ma “fan”, “blog” “podcast” e “smartphone”; pronunciare
all’inglese, anche se uno sa farlo, parole che si usano nella lingua di tutti giorni, ormai sarebbe a mio avviso pretenzioso e snob.
- Ecco, va, lascia stare, che già sembri abbastanza snob così. Fatemi sapere voi come vi comportate voi con le parole straniere, come le pronunciate?
MI interessa saperlo sia che siate italiani, sia che siate stranieri. Come pronunciate le parole italiane nella vostra lingua, per esempio? Questo era tutto per oggi. Fatemi sapere nei commenti se vi eravate mai accorti di queste particolarità della pronuncia italiana e se vi piacciono questi video di pronuncia fatemelo sapere.
A proposito, vi lascio alla fine una playlist con altri video di pronuncia, se sono di vostro gradimento. Io ringrazio i membri del PIClub che sostengono questo progetto e ottengono una miriade di bonus esclusivi, come la trascrizione e l’audio di ogni video, podcast esclusivi di approfondimento (ci sarà un approfondimento anche su questo, perché non ho detto tutte le cose che volevo), l’accesso a un gruppo Telegram, analisi di testi di canzoni italiane, un club del libro e molto altro. Ah, e ho recentemente fatto una lezione sulle consonanti in italiano, la prima all’interno di una serie che continuerà; e la trovate sempre sul Club.
Quindi se vi interessa andate a dare un’occhiata. Ah, iscrivetevi anche al mio Instagram, già che ci siete, podcast_ italiano. Non lo dico mai, ma oggi voglio dirlo. Grazie per la visione e alla prossima. Ciao!