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Come si usa il passato remoto?

July 14, 2024

Trascrizione

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Quando arrivasti per la prima volta su questo canale ti accorgesti che c’erano moltissimi video. Li iniziasti a guardare e ti piacquero moltissimo. Io me ne rallegrai moltissimo.

Sì, oggi parliamo del passato remoto: un tempo piuttosto temuto da studenti e pure da alcuni italiani.

Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club

Come si usa, e quando? È proprio vero che serve a descrivere eventi remoti nel tempo, come sembra suggerire il nome stesso? E poi, è ancora vivo o ormai è morto, non si usa più? In che contesti si usa? Ыerve sforzarsi a impararlo o… chissenefrega?

Questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama la lingua italiana. Sul mio sito trovi la trascrizione di tutto ciò che dirò nel video. Inoltre, ho preparato un PDF con gli appunti di questa lezione, che puoi scaricare gratuitamente. Trovi tutti i link in descrizione.

Per capire come funziona il passato remoto, bisogna prima capire come funziona il passato in generale. Vedi, ci sono due forze in gioco: il tempo verbale (che conosci) e l’aspetto (di cui forse non hai mai sentito parlare).

Sul tempo, in realtà, non indugiamo molto: semplicemente, il tempo verbale dipende anche, in parte, dal tempo della realtà e il passato grammaticale è legato al passato vero e proprio.

La seconda forza, invece, è un po’ più misteriosa. Sto parlando dell’aspetto: no, i verbi non si truccano, non si pettinano e non mettono lo smalto. L’aspetto verbale è una categoria della grammatica che ci dà alcune informazioni sul verbo, e specificamente su come viene percepito il tempo.

Il discorso è molto complesso, ma per questo video comunque ci basta distinguere due categorie importanti di aspetto, ovvero l'aspetto perfettivo e l’aspetto imperfettivo. E dunque, il primo indica un’azione conclusa, vista nella sua interezza, dall’inizio alla fine; mentre il secondo indica un’azione in corso, vista durante il suo svolgersi, senza considerarne la fine. Tranquilli, so che sembra astratto e astruso, ma ora facciamo esempi un po’ più concreti.

Prendendo quindi il passato remoto, è importante capire che non è soltanto un tempo passato, ma ha anche un aspetto perfettivo. Cioè, quando dico che Petrarca nacque nel 1304, considero questo come un evento concluso, inteso nella sua interezza, preso dall’inizio alla fine, come un punto sulla linea del tempo: è perfettivo.

Analogamente, quando dico che fece buio, quindi decisi di tornare a casa, intendo dire che, a un certo punto nel passato, fa buio e una volta che questo fatto è avvenuto e si è concluso, io – dopo – decido di tornare a casa. Cioè, sono azioni terminate, viste nella loro globalità, come cose successe.

Se invece uso l'imperfetto nella prima parte e dico faceva buio, quindi decisi di tornare a casa, intendo dire che la notte sta sì arrivando, ma che questo fatto non lo vedo come compiuto, il buio sta arrivando (o stava arrivando in quel momento, potrei anche dire stava facendo buio) e io, contemporaneamente, decido di tornare a casa. Quindi in fece buio c’è un passato remoto, e il suo aspetto è perfettivo, cioè è un’azione che è vista come conclusa, qualcosa che è avvenuto, e il contenuto del verbo viene inteso dall’inizio alla fine, come qualcosa di compiuto; faceva buio, invece, è un imperfetto, e quindi il suo aspetto – e lo dice anche il nome – è imperfettivo, il contenuto del verbo viene osservato mentre l’azione o l’evento, diciamo, si svolge, quindi andando a scavare all’interno del fatto che sta avvenendo. Cioè, cambia la prospettiva, o meglio, l’aspetto del verbo.

Fin qui chiaro? Più o meno? Non è semplicissimo, ma con altri esempi sarà più facile. Vediamo la seconda parte della frase di prima. È normale dire decisi di tornare a casa, perché qui la decisione è come un blocco unico, come un’azione compiuta dall’inizio alla fine, e non si scava al suo interno, per così dire, come in faceva buio dove stiamo descrivendo ciò che sta accadendo. Decisi, qualcosa di accaduto. Nel caso, invece, di mentre decidevo che cosa mangiare, Marco andò a fumare una sigaretta, si osserva l’azione di decidere nella sua durata, si scava all’interno di questo processo, si guarda nel momento in cui sta avvenendo, e quindi non lo si prende come qualcosa di già concluso, decisi, nella sua globalità, ma si guarda all’interno del processo: decidevo, che è un imperfetto ed è imperfettivo; andò, invece, è un passato remoto ed è anche perfettivo, visto come un’azione compiuta.

Un altro esempio: visto che Carlo piangeva e urlava, ce ne andammo dal ristorante. Da una parte, abbiamo il pianto e le urla, che vanno avanti per un po’ di tempo e che vediamo senza considerarne la fine, quindi non lo vediamo come qualcosa che è già successo e archiviato, diciamo; dall’altra parte, invece, abbiamo un’azione che inizia e che si conclude, quindi vediamo la sua fine. Oppure tutti uscivano dall’edificio, quindi uscimmo anche noi. Qui uscivano è usato all’imperfetto, perché indica un’azione osservata mentre si svolge, nella sua durata e contribuisce a creare il contesto del discorso, e quindi è anche imperfettivo come aspetto; e poi c’è uscimmo, che è l’azione vista nella sua globalità, è un’azione compiuta, che si svolge all’interno del contesto più ampio. Le persone uscivano e noi uscimmo.

Intanto, avete notato una cosa forse: c’è un’alternanza tra passato remoto e imperfetto. Quando si racconta qualcosa al passato, è normale che ci sia questa alternanza, perché alcuni fatti vengono presentati nel loro svolgimento, e creano un contesto, una situazione (il loro aspetto è imperfettivo e il tempo usato è l’imperfetto), mentre altri fatti vengono visti nella loro interezza, come fatti conclusi e compiuti (l’aspetto è perfettivo e si usa il passato remoto). È facilissimo trovare questa alternanza nella narrativa, per esempio nell’incipit di Harry Potter. Non lo leggiamo tutto ma osserviamo nel testo i verbi svegliarono, scelse e continuò: sono eventi osservati dall’inizio alla fine, come fatti conclusi che mandano avanti la storia. Nella narrativa con il passato remoto si indicano gli eventi che stanno in primo piano e raccontano cosa succede, come va avanti la storia, mentre con i tempi imperfettivi (come l’imperfetto, appunto) si indicano gli eventi che stanno sullo sfondo e forniscono il contesto, la cornice, per così dire. Quindi il passato remoto indica le azioni principali di un racconto, della narrazione (si svegliarono, scelse, continuò), mentre tutto il resto avviene in secondo piano e crea il contesto (quindi abbiamo gli imperfetti c’era, costringeva, urlava).

Ecco fatto. La regola dice dunque che quando vogliamo indicare un evento passato, con l’aspetto perfettivo e che stia di norma in primo piano, usiamo il passato remoto, cosa che si fa molto nella narrativa. Che bello! Ma a questa storia manca un pezzo importantissimo, cioè il passato prossimo, di cui non ho ancora parlato, che è di gran lunga più usato del passato remoto nell’italiano di oggi. E inoltre, non abbiamo spiegato neanche il perché di quell’aggettivo “remoto”.

Prima però ti voglio parlare di uno dei modi migliori di fare pratica di italiano, o qualsiasi lingua straniera: esercitarsi con un’insegnante o un tutor. Vedi, magari capisci bene o molto bene i miei video e i miei podcast, ma capire bene non è direttamente correlato a saper parlare bene, come tutti sappiamo. Prima o poi bisogna attivare le conoscenze passive, e il modo migliore di farlo è su Italki. Italki è una piattaforma dove troverai un sacco di insegnanti professionisti o tutor che ti aiuteranno a fare pratica attiva di italiano o la lingua che preferisci. Anche klingon, se vuoi, perché no? Iscrivendoti, puoi andare a dare un’occhiata al profilo dell’insegnante che più ti ispira e magari fare una lezione di prova. Potrai cercarlo in base a parametri come: le lingue che parla (magari vuoi che sappia la tua lingua, o magari che NON la sappia per non cadere in tentazione di comunicare in una lingua diversa da quella che stai imparando), il paese di provenienza, il tipo di lezione che ti serve, il prezzo che vuoi spendere. Una volta individuati alcuni profili interessanti potrai leggerne la descrizione e dare un’occhiata anche alle recensioni degli studenti e quindi puoi prenotare la tua prima lezione, anche di prova, come dicevo.

Potrai fare pratica di grammatica, magari esercitandoti col passato remoto, perché no? Oppure potrai fare semplice conversazione sugli argomenti che preferisci. Qualunque sia il tuo obiettivo, su Italki troverai l’insegnante giusto per te.

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Tra tutti i tempi verbali dell’italiano, infatti, il passato remoto non è l’unico a funzionare da perfettivo (ripeto, quell’aspetto che permette di vedere gli eventi nella loro globalità, come fatti conclusi e non visti nel loro svolgimento). Tra tutti, ce n’è uno che gli fa proprio concorrenza: il passato prossimo. Anche quest’ultimo, infatti, è un tempo passato e ha anche l’aspetto perfettivo, esattamente come il passato remoto. E allora che cambia?

Per l’italiano standard, più formale e controllato, c’è una regola. Mentre il passato prossimo indica eventi psicologicamente vicini, che ancora hanno legami con il momento in cui parlo, con il presente, il passato remoto indica eventi psicologicamente lontani, di cui non osserviamo nessuna rilevanza o effetto nel presente. È importante sottolineare che sto parlando dell’uso standard, quindi quello che caratterizza, per esempio, la lingua letteraria.

Ok, so che ho iniziato a parlare di psicologia, distanza psicologica e sembra strano, ma facciamo subito un esempio: se dico che nel 2021 ho iniziato a frequentare un corso di italiano, sto sottintendendo, forse, che quel corso lo frequento ancora oggi, o in generale che c’è ancora una conseguenza che perdura nel presente. Se invece opto per la frase nel 2021 iniziai a frequentare un corso di italiano, semplicemente non ci sono conseguenze al momento presente in cui sto parlando. Metto una sorte di distanza tra il presente e quel momento, una distanza psicologica. Forse non frequento più quel corso (in quel caso molto male!) Eppure, se sto parlando del 2021, non mi sto riferendo a un passato così remoto nel tempo: in fondo, potremmo dire che il 2021 è tutto sommato recente, no? Ma la scelta tra passato prossimo e passato remoto, almeno, ripeto, nell’italiano standard più tradizionale e letterario, non dipende in primo luogo dalla distanza temporale che ci separa dall’evento, perché il tempo della realtà non è il tempo grammaticale, no? Ne abbiamo parlato in un video recente. “Remoto” dunque va inteso come “remoto psicologicamente”, cioè senza rilevanza al momento presente, al momento in cui sto parlando. La distanza temporale è una cosa secondaria, anche se non è del tutto ininfluente.

Pensiamo a un caso eclatante: è perfettamente corretto dire che la vita è arrivata sulla Terra centinaia di milioni di anni fa, anche se il passato di cui sto parlando è un passato lontanissimo, milioni di anni fa! Ciò che conta è che usando il passato prossimo voglio sottolineare che tra l’evento di cui sto parlando (l’arrivo della vita sulla Terra) e il presente c’è ancora un collegamento, una conseguenza molto evidente. Magari potrei aggiungere e secondo me scomparirà in questo secolo. Viva l’ottimismo!

Allo stesso tempo, posso dire che la vita arrivò sulla Terra centinaia di milioni di anni fa, senza evidenziare il legame col presente. Cambia il punto di vista, diciamo.

Bene. Detto questo, però, bisogna anche dire che la distanza temporale non è irrilevante, perché, pensaci, di solito, gli eventi più recenti sono anche più rilevanti nelle nostre vite, mentre gli eventi più lontani di solito hanno meno conseguenze sul presente.

Osserviamo un altro esempio, questa volta al passivo: è possibile dire che la città di Roma è stata fondata nel 753 a. C., perché la città è ancora in piedi, e magari vediamo ancora gli effetti della sua fondazione, come le sue rovine, o magari perché oggi ricorre l’anniversario della fondazione di Roma. Quindi il presente è il punto di osservazione di quel fatto. Ma certamente posso anche dire che la città di Roma fu fondata nel 753 a. C., sia perché l’evento può essere percepito psicologicamente come lontano, sia perché, in certi contesti (in una narrazione o in un manuale di storia, per esempio) si desidera creare un distacco tra il presente di chi scrive e gli eventi raccontati.

E poi, ci sono casi in cui il passato remoto proprio non va bene, cioè è grammaticalmente sbagliato. Per esempio, quando ho un’indicazione di tempo come da X tempo. Sarò dunque obbligato a dire I dinosauri si sono estinti da milioni di anni, mentre si estinsero da milioni di anni proprio non funziona, è impossibile. E qui vediamo in maniera evidente il legame con il momento in cui parlo, si sono estinti da milioni di anni, ovvero il fatto che dall’estinzione dei dinosauri ad oggi sono passati milioni di anni e che oggi, nel momento in cui parlo, non esistono più.

Per riassumere, il passato remoto e il passato prossimo sono entrambi tempi che hanno un aspetto perfettivo e considerano quindi l’evento come qualcosa di concluso, non lo guardano nel suo svolgimento (come invece il tempo imperfetto, che ha un aspetto imperfettivo). Tuttavia, almeno nell’uso più tradizionale e formale il passato remoto guarda all’evento con un maggiore distacco, mentre il passato prossimo lo osserva dal punto di vista del presente e della rilevanza al momento attuale. Questa è la vera differenza, almeno in italiano standard, quindi l’italiano alto, per così dire, l’italiano della letteratura.

E la questione potrebbe dirsi chiusa, se non fosse che non lo è ovviamente. L’italiano standard, la lingua formale che spesso si trova nello scritto, non è la lingua che gli italiani adoperano nella vita di tutti i giorni, se non in alcuni contesti ben precisi. Finora è stato abbastanza facile trovare una regola generale, perché l’italiano scritto, l’italiano della letteratura e l’italiano formale sono tendenzialmente più uniformi.

La lingua parlata o informale, compresa per esempio la lingua scritta dei messaggi e usata su internet, è invece soggetta a una serie di variabili.

La più importante è la variazione nello spazio: la lingua è diversa in base a dove vai. E questo è importantissimo, perché in Toscana, la regola di cui vi parlavo (quella della rilevanza o no sul presente) sembra funzionare ancora, più o meno. E dunque, una frase come nel 2021 iniziai a frequentare un corso di italiano è possibile. Ma toscani, fatemi sapere se siete d’accordo perché magari sta cambiando questo. In ogni caso, se iniziamo a spostarci a Sud o a Nord, le cose cambiano.

In diverse zone del Sud (ma dipende dalla zona), c’è una tendenza a usare di più il passato remoto. Si usa infatti il passato remoto anche per parlare di eventi percepiti ancora come vicini e rilevanti nel presente. Si potrebbe sentire dunque iniziai a frequentare il liceo un mese fa, anche se è ovvio che lo stiamo frequentando ancora e che l’evento è ancora rilevante oggi. Ma, ripeto, dipende dalla zona. Se sei del Sud, fammi sapere: tu quanto usi il passato remoto? È ancora usato dove vivi tu? Fammi sapere!

In ogni caso, anche al Sud vale la regola per cui con da X tempo non si può proprio il passato remoto, e si dirà dunque che i dinosauri si sono estinti da milioni di anni. Vedete, quindi? Milioni di anni ma si sono estinti, passato prossimo. Hm, non ce la raccontano giusta!

Al contrario, nel Nord Italia c’è esattamente la tendenza opposta, ed è molto accentuata: si usa il passato prossimo in tutti i casi, distanza psicologica o no, e, al di fuori dello scritto o comunque della lingua un po’ formale, il passato remoto praticamente non esiste. Diremo quindi che cinquant’anni fa siamo andati in viaggio di nozze negli Stati Uniti, oppure che ho iniziato a frequentare il liceo nel ‘78, anche se ormai non ci vado più. Almeno, lo spero, ecco. E nessuno direbbe, nel parlato*, che nel 2021 iniziai a frequentare un corso di italiano, perché tutti direbbero ho iniziato.

Anche al Nord, però, il passato remoto gode di una salute migliore non appena si passa alla lingua scritta o più formale; ed è per questo che prima ho parlato di variabili, al plurale: fattori geografici, linguistici, sociali, e via dicendo. Comunque, non bisogna pensare che nel Nord Italia i parlanti non conoscano il passato remoto e che sia qualcosa di completamente alieno: tante persone lo padroneggiano benissimo, ma lo usano soltanto in alcuni contesti, soprattutto scritti, o comunque più formali, e più di rado rispetto agli amici del Sud. È pur vero che chi magari è meno istruito – soprattutto chi legge meno o ha un grado di istruzione inferiore – potrebbe fare un po’ più di fatica a coniugarlo bene.

Comunque, c’è una chiara tendenza: il passato prossimo infatti sta guadagnando terreno in tutta Italia, soprattutto come tempo di aspetto perfettivo slegato dal presente, proprio laddove in italiano standard, tecnicamente, si userebbe il passato remoto. Solo in alcune zone, come al Nord, il processo si può dire pressoché concluso, almeno nel parlato.

Ma perché succede questo? Perché sta regredendo il passato remoto?

Le ragioni sono diverse, ma la più evidente è forse quella linguistica: il passato prossimo è più facile. Il passato remoto è molto irregolare, anche nello stesso verbo: pensa, io feci, tu facesti, lui fece, ma poi facemmo,  faceste e fecero, con questa alternanza di fac e fec. Oppure limitandoci solo alla prima persona singolare, sapere fa seppi, rimuovere fa rimossi, starefa stetti, mettere fa misi, cuocere fa cossi, crescere fa… crebbi. Da dove viene quella B? E alcuni verbi talvolta hanno forme doppie: il verbo dare fa diedi o detti? Anche il passato prossimo ha forme irregolari, ma si limitato solo al participio passato: imparato quello, il gioco è… fatto. Capito? fare → fatto. Vabbè, era un…

C’è poi la questione sociolinguistica, cioè legata alla società, e più in particolare al prestigio, che è un fattore fondamentale che determina il destino di una lingua o di una sua varietà. Sappiamo che il Nord, più benestante e industrializzato, ha sempre goduto di un certo prestigio nel Bel Paese; quindi non ci stupirà scoprire che, anche qui, stia vincendo la tendenza settentrionale.

Comunque, il passato remoto non è un relitto del passato: siamo in una scala di grigi, all’interno della quale sta avvenendo un cambiamento, e da un po’ di tempo.

Magari scomparirà definitivamente dal parlato in tutta Italia e vincerà la tendenza dell’italiano del Nord, ma nella forma scritta, nella narrativa soprattutto, ma non solo, al momento il passato remoto sta molto bene, e non c’è motivo di pensare che di punto in bianco smetterà di essere usato.

Ma dunque, se state imparando l’italiano e vi trovate di fronte al grande muro del passato remoto, che fare? Il mio consiglio è quello di abituarsi a capirlo, e questo si fa leggendo tanto, soprattutto narrativa, romanzi, ma anche, per esempio, leggendo libri o documentari di storia, dove si usa molto. Tanti italiani, per motivi diversi, vivono un’intera vita senza praticamente mai usare attivamente il passato remoto, almeno nel parlato: gli basta riconoscerlo e comprenderne il significato. Meno che mai, dunque, sarà un problema se chi sta imparando l’italiano farà lo stesso! Chi invece vuole raggiungere un livello particolarmente avanzato, oppure usare l’italiano in contesti particolari, magari accademici o per scopi narrativi, può invece considerare di imparare a usarlo attivamente, ma questo riguarda pochi. Che tu sia studente o madrelingua, fammi sapere, qual è il tuo rapporto con il passato remoto? Lo usi, lo sai usare bene? Ti capita di sentirlo o di leggerlo? Fammi sapere nei commenti! Ora, se vuoi ripassare ciò che ho detto, dai un’occhiata agli appunti della lezione che ti lascio in descrizione. E se vuoi raggiungere un livello avanzato in italiano, beh, ho un ebook del tutto gratis dove ti dò il mio parere su come farlo: tutti i link sono in descrizione. Ciao!

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