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Errori con i NUMERI che fanno TUTTI...

February 9, 2025

Trascrizione

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I numeri sono ovunque nella nostra vita quotidiana: per dire l’età, per fare la spesa, per fissare un appuntamento. Se impari l’italiano, però, quasi sicuramente fai degli errori, con i numeri: parlo da insegnante che questi errori li ha sentiti e li sente di continuo. In questo video imparerai tutto ciò che devi sapere sui numeri in italiano e scoprirai quali sono gli errori più comuni da evitare. E se pensi che non sia un argomento così interessante, dopo aver visto questo video, cambierai idea.

Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club

Io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno, e ti ricordo che la trascrizione integrale è sul mio sito, con un glossario molto comodo. Poi, come sempre, ho preparato un PDF che riassume tutto quello che dico, lo integra con esempi e esercizi. Puoi scaricarlo al link in descrizione, oppure scansionando questo comodo codice QR. Incominciamo!

Iniziamo con i numeri cardinali: i numeri che usiamo per numerare le cose. Uno, due, tre. Il primo numero di cui parliamo è “uno”, appunto, che, rispetto agli altri numeri, ha una particolarità: ha il maschile e il femminile. Quindi, quando parliamo di parole al femminile, usiamo sempre “una”, altrimenti il maschile “uno”. Attenzione, non sto parlando dell’articolo indeterminativo, tipo “una macchina”, “un gatto” (che chiaramente è imparentato, no? Con il numero, viene storicamente dal numero) ma del numero stesso. Quindi, quando qualcuno mi chiede (una domanda comunissima, tra l’altro): “quante macchine hai?”, la risposta è “una”, non “uno”, perché la parola “macchina” è femminile. Questa è una peculiarità del numero uno: tutti gli altri numerali, da 2 a mille miliardi e oltre, sono invariabili; non hanno un maschile o un femminile. Per esempio, e se parli spagnolo o portoghese fai attenzione, in italiano diciamo “duecento ragazzi” e “duecento ragazze”. Non cambia.

Uno degli errori più comuni con i numeri riguarda un numero che si studia abbastanza presto nei corsi di italiano, ed è il sedici. Non “diciassei”. Non si contano gli studenti di italiano che invece dicono proprio “diciassei”; ma è “sedici”. Questo errore, comunissimo, è dovuto, in parte, alla storia dell’italiano, allo sviluppo del latino e a una interferenza dello spagnolo o del portoghese. In latino, infatti, le parole dei numeri da 11 a 16 sono formate da un prefisso che contiene le unità e dalla parola “decim” che indica “dieci” e quindi abbiamo “undecim” che significa “undici”, “duodecim” “dodici”,tredecim” “tredici”, e così via, fino a “sedecim” che in italiano è appunto “sedici” . Con i numeri successivi, in latino, c’erano due possibilità: una più antica e una che si è sviluppata dopo. Una era “septendecim”, che forse avrebbe dovuto dare “settedici”… come “sedici”? Ma non esiste. Ma i Romani dicevano anche “decem et septem” (dieci e sette), e da qui, a quanto pare, è derivato il nostro “diciassette”. Ma anche “diciotto” e “diciannove” seguono questo meccanismo.

Lo spagnolo, però, ha preso una strada diversa. Il numero sedici è diventato “dieciseis” che letteralmente significa “dieci - sei”,  ma in italiano è “sedici”. Tra l’altro “diciassei” non è che non esista proprio, è un numero inventato che, a volte, alcuni italiani usano ironicamente per parlare di quantità non precisate, un po’ come ventordici (cioè venti e quattordici) o millemila, che si usa per parlare di quantità enormi, tipo “c’erano millemila persone”. Non esiste, eh, “millemila”. I miei preferiti però sono duemilamai, usato per parlare di qualcosa che non succederà mai, tipo “andrò in pensione nell’anno duemilamai”, o, ancora meglio, duemilacredici, al posto di “duemilatredici”, che però… faceva più ridere nel 2012.

Poi abbiamo “diciassette”: anche qui, un errore molto molto comune è “diecisette”. Ma attenzione: diciassette, con la “a”. Inoltre attenzione anche che, con il diciassette e il diciannove, raddoppia anche la consonante: diciaSSette, diciaNNove. Diciotto è diverso perché c’è la vocale “o”.

Un altro errore abbastanza comune riguarda la formazione dei numeri che hanno l’unità che inizia per vocale e quindi “uno” e “otto”. Come facciamo quando la vocale finale di “venti” o “trenta” incontra la vocale di “uno” o “otto”? In questo caso la “u” di “uno” e la “o” di “otto” mangiano la vocale precedente e quindi non abbiamo “ventiuno”, “trentauno” o “ventiotto”, “trentaotto” ma “ventUno”, “trentUno”, “quarantUno”, “cinquantUno” e così via, e “ventOtto”, “trentOtto”, “quarantOtto”, “cinquantOtto” e avanti.

Un altro numero che causa problemi, ma solo nella scrittura, è il “tre”. Perché “tre” è monosillabo, e finché è monosillabo non ha bisogno di avere un accento scritto. Quando però è inserito in un numero che ha più sillabe (perché prima si aggiungono le decine “venti, trenta, quaranta”) allora diventa necessario mettere un accento su quella “e”; quindi “ventitré”, con l’accento sulla “e”, trentatré, quarantatré, e così via, tutti con l’accento acuto sull’ultima vocale. Perché “accento acuto”? Perché, teoricamente, qui abbiamo a che fare con una pronuncia chiusa della “e”: “é” e non “è”. Anche se, in varie parti d’Italia, come al Nord, “tre” si pronuncia più spesso con una “è”, aperta, quindi “ventitrè”. Oppure il numero “trè”.

Andiamo avanti, arriviamo a “quaranta” e non “quarenta”. Anche qui abbiamo ereditato dal latino un cambio di vocale che confonde diversi studenti che, probabilmente, influenzati dallo spagnolo o dal fatto che anche in italiano diciamo “trenta”, sbagliano, dicendo anche “quarenta” e “cinquenta” eccetera. Ma in italiano diciamo “quarAnta”, “cinquAnta”, “sessAnta”, “settAnta”, “ottAnta” e “novAnta”. E c’è anche un’espressione ricavata dalla parte finale di questi numeri, che usiamo per indicare il passaggio a un’età matura. Quando si compiono i quarant’anni, infatti, abbiamo l’espressione “entrare negli anta” e cioè, quando si iniziano, appunto, a usare questi numeri (quaranta, cinquanta, sessanta…) che finiscono con “anta”. Esempio: “Quest’anno Marco entra negli anta” che significa: “compie quarant’anni d’età”. Un’età che, comunque, in Italia è considerata, tutto sommato, giovane. Io, che ho quasi trent’anni, sono, tutto sommato, un bebè.

Andando avanti, i problemi non arrivano finché non arriviamo alla differenza fra sessanta e settanta. Molti studenti fanno confusione fra questi numeri, evidentemente perché sono due parole abbastanza simili. In questo caso non ci sono grandi segreti, bisogna ricordare che “sessanta” è il numero che ha “sei” come decina, e “settanta” è il numero che ha “sette” come decina. Concentrati quindi su “sei”, “sette”: “sessanta”, “settanta”. Altri numeri che tutti confondono, forse perché hanno un suono simile, sono “quattordici” e “quaranta”. “Quattordici” ha “dieci” dentro, un po’ come “quindici”, “sedici”, “dodici”. “Quaranta”, appunto, è il primo degli “anta”.

Concludiamo il discorso sulle decine parlando del suffisso -ina. Se aggiungiamo -ina ai numeri da 10 a 90, ai numeri tondi, quindi dieci, venti, trenta, otteniamo “decina”, “ventina”, “trentina”,  fino ad arrivare a “novantina”. In realtà abbiamo anche “dozzina” ma non abbiamo “venticinquina”, ok? E questi numeri indicano una quantità indefinita attorno a quel numero: più o meno dieci (decina); più o meno venti (ventina). Per esempio: “In questo autobus ci sono una trentina di persone” che significa “più o meno trenta”; oppure “ho incontrato un uomo sulla cinquantina”, un uomo che ha, all’incirca, cinquant’anni.

Per quanto riguarda le centinaia, non c’è molto da dire: come ho già detto, “cento” non ha maschile o femminile come in spagnolo e portoghese, quindi diremo anche “duecento persone”; non cambia.

E entriamo finalmente nel regno delle migliaia! Anche qui è normale fare confusione fra le varie forme che compongono i numeri: mille, mila, migliaia. Adesso le vediamo una per una. Dunque, dopo il numero 999, abbiamo… dillo ad alta voce…!

Abbiamo “mille” e non “mila”. Se hai fatto questo errore comunissimo voglio un tuo commento! Da qui passiamo a “milleuno”, “milledieci”, “millecento”. Attenzione, quando scriviamo questi numeri in lettere, non dobbiamo aggiungere nulla: non c’è una “e” tra “mille” e “uno”; non c’è un trattino. Scriviamo semplicemente “milleuno” come lo sto dicendo. Anche se, normalmente, questi numeri si scrivono, appunto, “in numeri”. In questo modo arriviamo a 1999, e poi? Da questo numero in poi, le migliaia si formano con il suffisso “-mila”, preceduto dal numero. E quindi “duemila”, “tremila”, “quattromila” e così via. “Mille persone”, “duemila persone”. Questi li sbagliano tutti; sono sicuro che anche tu hai sbagliato, vero?

E le “migliaia”? Cosa sono? Si usa la parola “migliaia” per parlare di una quantità imprecisata che ha mille e mille e mille unità. Può essere tremila, novemila, sedicimila. Varie migliaia. Esiste anche il singolare, però, “migliaio”, che è un po’ come “decina, ventina” e indica, quindi, “più o meno mille”. Per esempio, “ho speso un migliaio di euro per una vecchia macchina usata”. Se invece si tratta di due o più, allora si usa il femminile “migliaia”. Sì, perché il singolare è maschile, “un migliaio di euro”, il plurale è femminile, “varie migliaia di euro”. Quindi: “Ha speso migliaia di euro per una macchina nuova”. Allo stesso modo, non l’ho detto, ma se si parla di cento o più unità si usa la parola “centinaio” al maschile per il singolare, come “ho speso un centinaio di euro” (più o meno cento euro) e “centinaia” al plurale, che è femminile: “Ho speso centinaia, (molte centinaia) di euro”.

Una cosa curiosa, però, è che, quando parliamo di numeri, spesso di cifre, di soldi, superiori a “mille”, tendiamo a omettere il “cento”. Per esempio: “quanto costa quell’auto usata?” - “Mmmm… mi pare quattromilacinque”. Ecco, non significa che costa esattamente 4005 euro, ma 4500.

Dopo le migliaia arriviamo ai milioni. Questi non danno troppi problemi, no? Un milione, due milioni, tre milioni e così via. Di solito si fa un po’ di confusione quando si arriva a parlare di mille milioni, uno seguito da nove zeri. Ecco, in molte lingue, questo numero si chiama con una parola simile a “bilione”; in altre lingue non si usa, si dice “mille milioni”, appunto. Ma, in italiano, diciamo “un miliardo”. La parola “bilione” esiste, ma è molto poco usata e significherebbe “mille miliardi”. Ultimamente può capitare di sentirla come errore per via di alcune traduzioni non molto precise che si fanno dall’inglese, ma in italiano, si dice “miliardo”. E quindi, “quante persone vivono sul pianeta Terra? Otto miliardi” .

E questo completa il discorso sui numeri cardinali, quindi i numeri che esprimono una quantità. Abbiamo però alcune cose da dire anche sui numeri ordinali, i numeri che utilizziamo per dare una sequenza, un ordine: primo, secondo, terzo, e così via. Sono anche i numeri che utilizziamo per indicare le frazioni nella matematica, e sicuramente li hai sentiti quando si parla di dire l’ora. Quando diciamo “sono le otto e un quarto, quel “quarto” è un numero ordinale: un quarto d’ora.

Come si scrivono, innanzitutto? Per indicare che si tratta di numeri ordinali, spesso li scriviamo con una piccola “o” e una piccola “a”. E quindi, per scrivere “primo”, usiamo il numero 1 accompagnato da un piccolo cerchietto (1º), lo stesso segno che si usa per indicare la temperatura, tra l’altro. Per “prima”, invece, si usa sempre il numero 1, seguito da una piccola “a” (1ª). Non è però comune trovare anche questo simbolo sulle tastiere italiane, mentre è presente l’accento circonflesso che è un po’ come come un piccolo triangolino con due lati che assomiglia un po’ a una “a” e quindi è molto comune vedere la parola “prima” scritta con il numero 1 e questo accento circonflesso (1^). Al momento è considerato un uso improprio, ma in futuro… chissà?

Quando parliamo dei numeri ordinali , di solito non ci sono molte difficoltà per quanto riguarda i primi sette numeri: primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo. Probabilmente è per l’influenza di “settimo”, ma quando si tratta di formulare il numero successivo, molti studenti dicono “ottimo”. Questo è un errore, anche un po’ divertente, perché “ottimo” significa “buonissimo”. Il numero che viene dopo “settimo”, invece, è “ottavo”. Quindi: “Abito all’ottavo piano di questo palazzo”. “Questo è l’ottavo caffè che bevo oggi”. Se invece voglio fare i complimenti a qualcuno per la sua cucina, posso dire: “Era tutto ottimo!”(era tutto buonissimo).

Subito dopo viene “nono” collegato al numero nove. Attenzione alle doppie e a non confondere questa parola con “nonno”, che è il padre di mia madre o il padre di mio padre. Quindi “mio nonno abita al nono piano”. Dopo “nono” viene “decimo”, e probabilmente è per questo, e anche per l’influenza dello spagnolo, che molti studenti per il numero undici usano la parola “undecimo”. Ma no, da questo punto in poi, tutti i numeri ordinali finiscono in “-esimo” al maschile, “-esima” al femminile, “-esimi o -esime” al plurale. E quindi abbiamo undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quarantatreesimo, centoventiseiesimo, millesimo, eccetera. E quindi, posso dire “abito al quindicesimo piano”.

Un numero ordinale, che non è esattamente un numero ordinale ma ha la stessa struttura, è la parola “ennesimo”. È una parola che ha origine dal linguaggio della matematica, perché quando si parla di un numero indefinito, si usa spesso la lettera “N”.  Da qui abbiamo “ennesimo” che si usa per definire un numero indeterminato ma tendenzialmente molto alto. Quindi, per esempio: “Te lo ripeto per l’ennesima volta” significa che ho già detto questa cosa molte volte. Oppure: “Abbiamo fatto l’ennesimo tentativo per risolvere il problema…”. “Ho comprato l’ennesimo paio di scarpe”. Tra l’altro, possiamo anche dire “gliel’ho detto enne volte”, a proposito, cioè un numero imprecisato di volte.

E dopo l’ennesimo numero, siamo alla fine del video. Abbiamo visto come anche parole apparentemente semplici come i numeri possano causare alcune difficoltà a chi studia l’italiano. Fammi sapere: hai mai fatto qualcuno di questi errori? E hai scoperto cose che non sapevi e che ti hanno stupito? Ci sono differenze interessanti tra l’italiano e la tua lingua? Lasciami un commento qui sotto.

Se vuoi un PDF che riassume tutte le informazioni del video, le integra con altri esempi e contiene esercizi che ti mettono alla prova su tutti questi errori comuni, lo puoi scaricare al link in descrizione, oppure scansionare questo bellissimo codice QR. Alla prossima!

I numeri sono ovunque nella nostra vita quotidiana: per dire l’età, per fare la spesa, per fissare un appuntamento. Se impari l’italiano, però, quasi sicuramente fai degli errori, con i numeri: parlo da insegnante che questi errori li ha sentiti e li sente di continuo. In questo video imparerai tutto ciò che devi sapere sui numeri in italiano e scoprirai quali sono gli errori più comuni da evitare. E se pensi che non sia un argomento così interessante, dopo aver visto questo video, cambierai idea.

Trascrizione e glossario sul Podcast Italiano Club

Io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli se ne hai bisogno, e ti ricordo che la trascrizione integrale è sul mio sito, con un glossario molto comodo. Poi, come sempre, ho preparato un PDF che riassume tutto quello che dico, lo integra con esempi e esercizi. Puoi scaricarlo al link in descrizione, oppure scansionando questo comodo codice QR. Incominciamo!

Iniziamo con i numeri cardinali: i numeri che usiamo per numerare le cose. Uno, due, tre. Il primo numero di cui parliamo è “uno”, appunto, che, rispetto agli altri numeri, ha una particolarità: ha il maschile e il femminile. Quindi, quando parliamo di parole al femminile, usiamo sempre “una”, altrimenti il maschile “uno”. Attenzione, non sto parlando dell’articolo indeterminativo, tipo “una macchina”, “un gatto” (che chiaramente è imparentato, no? Con il numero, viene storicamente dal numero) ma del numero stesso. Quindi, quando qualcuno mi chiede (una domanda comunissima, tra l’altro): “quante macchine hai?”, la risposta è “una”, non “uno”, perché la parola “macchina” è femminile. Questa è una peculiarità del numero uno: tutti gli altri numerali, da 2 a mille miliardi e oltre, sono invariabili; non hanno un maschile o un femminile. Per esempio, e se parli spagnolo o portoghese fai attenzione, in italiano diciamo “duecento ragazzi” e “duecento ragazze”. Non cambia.

Uno degli errori più comuni con i numeri riguarda un numero che si studia abbastanza presto nei corsi di italiano, ed è il sedici. Non “diciassei”. Non si contano gli studenti di italiano che invece dicono proprio “diciassei”; ma è “sedici”. Questo errore, comunissimo, è dovuto, in parte, alla storia dell’italiano, allo sviluppo del latino e a una interferenza dello spagnolo o del portoghese. In latino, infatti, le parole dei numeri da 11 a 16 sono formate da un prefisso che contiene le unità e dalla parola “decim” che indica “dieci” e quindi abbiamo “undecim” che significa “undici”, “duodecim” “dodici”,tredecim” “tredici”, e così via, fino a “sedecim” che in italiano è appunto “sedici” . Con i numeri successivi, in latino, c’erano due possibilità: una più antica e una che si è sviluppata dopo. Una era “septendecim”, che forse avrebbe dovuto dare “settedici”… come “sedici”? Ma non esiste. Ma i Romani dicevano anche “decem et septem” (dieci e sette), e da qui, a quanto pare, è derivato il nostro “diciassette”. Ma anche “diciotto” e “diciannove” seguono questo meccanismo.

Lo spagnolo, però, ha preso una strada diversa. Il numero sedici è diventato “dieciseis” che letteralmente significa “dieci - sei”,  ma in italiano è “sedici”. Tra l’altro “diciassei” non è che non esista proprio, è un numero inventato che, a volte, alcuni italiani usano ironicamente per parlare di quantità non precisate, un po’ come ventordici (cioè venti e quattordici) o millemila, che si usa per parlare di quantità enormi, tipo “c’erano millemila persone”. Non esiste, eh, “millemila”. I miei preferiti però sono duemilamai, usato per parlare di qualcosa che non succederà mai, tipo “andrò in pensione nell’anno duemilamai”, o, ancora meglio, duemilacredici, al posto di “duemilatredici”, che però… faceva più ridere nel 2012.

Poi abbiamo “diciassette”: anche qui, un errore molto molto comune è “diecisette”. Ma attenzione: diciassette, con la “a”. Inoltre attenzione anche che, con il diciassette e il diciannove, raddoppia anche la consonante: diciaSSette, diciaNNove. Diciotto è diverso perché c’è la vocale “o”.

Un altro errore abbastanza comune riguarda la formazione dei numeri che hanno l’unità che inizia per vocale e quindi “uno” e “otto”. Come facciamo quando la vocale finale di “venti” o “trenta” incontra la vocale di “uno” o “otto”? In questo caso la “u” di “uno” e la “o” di “otto” mangiano la vocale precedente e quindi non abbiamo “ventiuno”, “trentauno” o “ventiotto”, “trentaotto” ma “ventUno”, “trentUno”, “quarantUno”, “cinquantUno” e così via, e “ventOtto”, “trentOtto”, “quarantOtto”, “cinquantOtto” e avanti.

Un altro numero che causa problemi, ma solo nella scrittura, è il “tre”. Perché “tre” è monosillabo, e finché è monosillabo non ha bisogno di avere un accento scritto. Quando però è inserito in un numero che ha più sillabe (perché prima si aggiungono le decine “venti, trenta, quaranta”) allora diventa necessario mettere un accento su quella “e”; quindi “ventitré”, con l’accento sulla “e”, trentatré, quarantatré, e così via, tutti con l’accento acuto sull’ultima vocale. Perché “accento acuto”? Perché, teoricamente, qui abbiamo a che fare con una pronuncia chiusa della “e”: “é” e non “è”. Anche se, in varie parti d’Italia, come al Nord, “tre” si pronuncia più spesso con una “è”, aperta, quindi “ventitrè”. Oppure il numero “trè”.

Andiamo avanti, arriviamo a “quaranta” e non “quarenta”. Anche qui abbiamo ereditato dal latino un cambio di vocale che confonde diversi studenti che, probabilmente, influenzati dallo spagnolo o dal fatto che anche in italiano diciamo “trenta”, sbagliano, dicendo anche “quarenta” e “cinquenta” eccetera. Ma in italiano diciamo “quarAnta”, “cinquAnta”, “sessAnta”, “settAnta”, “ottAnta” e “novAnta”. E c’è anche un’espressione ricavata dalla parte finale di questi numeri, che usiamo per indicare il passaggio a un’età matura. Quando si compiono i quarant’anni, infatti, abbiamo l’espressione “entrare negli anta” e cioè, quando si iniziano, appunto, a usare questi numeri (quaranta, cinquanta, sessanta…) che finiscono con “anta”. Esempio: “Quest’anno Marco entra negli anta” che significa: “compie quarant’anni d’età”. Un’età che, comunque, in Italia è considerata, tutto sommato, giovane. Io, che ho quasi trent’anni, sono, tutto sommato, un bebè.

Andando avanti, i problemi non arrivano finché non arriviamo alla differenza fra sessanta e settanta. Molti studenti fanno confusione fra questi numeri, evidentemente perché sono due parole abbastanza simili. In questo caso non ci sono grandi segreti, bisogna ricordare che “sessanta” è il numero che ha “sei” come decina, e “settanta” è il numero che ha “sette” come decina. Concentrati quindi su “sei”, “sette”: “sessanta”, “settanta”. Altri numeri che tutti confondono, forse perché hanno un suono simile, sono “quattordici” e “quaranta”. “Quattordici” ha “dieci” dentro, un po’ come “quindici”, “sedici”, “dodici”. “Quaranta”, appunto, è il primo degli “anta”.

Concludiamo il discorso sulle decine parlando del suffisso -ina. Se aggiungiamo -ina ai numeri da 10 a 90, ai numeri tondi, quindi dieci, venti, trenta, otteniamo “decina”, “ventina”, “trentina”,  fino ad arrivare a “novantina”. In realtà abbiamo anche “dozzina” ma non abbiamo “venticinquina”, ok? E questi numeri indicano una quantità indefinita attorno a quel numero: più o meno dieci (decina); più o meno venti (ventina). Per esempio: “In questo autobus ci sono una trentina di persone” che significa “più o meno trenta”; oppure “ho incontrato un uomo sulla cinquantina”, un uomo che ha, all’incirca, cinquant’anni.

Per quanto riguarda le centinaia, non c’è molto da dire: come ho già detto, “cento” non ha maschile o femminile come in spagnolo e portoghese, quindi diremo anche “duecento persone”; non cambia.

E entriamo finalmente nel regno delle migliaia! Anche qui è normale fare confusione fra le varie forme che compongono i numeri: mille, mila, migliaia. Adesso le vediamo una per una. Dunque, dopo il numero 999, abbiamo… dillo ad alta voce…!

Abbiamo “mille” e non “mila”. Se hai fatto questo errore comunissimo voglio un tuo commento! Da qui passiamo a “milleuno”, “milledieci”, “millecento”. Attenzione, quando scriviamo questi numeri in lettere, non dobbiamo aggiungere nulla: non c’è una “e” tra “mille” e “uno”; non c’è un trattino. Scriviamo semplicemente “milleuno” come lo sto dicendo. Anche se, normalmente, questi numeri si scrivono, appunto, “in numeri”. In questo modo arriviamo a 1999, e poi? Da questo numero in poi, le migliaia si formano con il suffisso “-mila”, preceduto dal numero. E quindi “duemila”, “tremila”, “quattromila” e così via. “Mille persone”, “duemila persone”. Questi li sbagliano tutti; sono sicuro che anche tu hai sbagliato, vero?

E le “migliaia”? Cosa sono? Si usa la parola “migliaia” per parlare di una quantità imprecisata che ha mille e mille e mille unità. Può essere tremila, novemila, sedicimila. Varie migliaia. Esiste anche il singolare, però, “migliaio”, che è un po’ come “decina, ventina” e indica, quindi, “più o meno mille”. Per esempio, “ho speso un migliaio di euro per una vecchia macchina usata”. Se invece si tratta di due o più, allora si usa il femminile “migliaia”. Sì, perché il singolare è maschile, “un migliaio di euro”, il plurale è femminile, “varie migliaia di euro”. Quindi: “Ha speso migliaia di euro per una macchina nuova”. Allo stesso modo, non l’ho detto, ma se si parla di cento o più unità si usa la parola “centinaio” al maschile per il singolare, come “ho speso un centinaio di euro” (più o meno cento euro) e “centinaia” al plurale, che è femminile: “Ho speso centinaia, (molte centinaia) di euro”.

Una cosa curiosa, però, è che, quando parliamo di numeri, spesso di cifre, di soldi, superiori a “mille”, tendiamo a omettere il “cento”. Per esempio: “quanto costa quell’auto usata?” - “Mmmm… mi pare quattromilacinque”. Ecco, non significa che costa esattamente 4005 euro, ma 4500.

Dopo le migliaia arriviamo ai milioni. Questi non danno troppi problemi, no? Un milione, due milioni, tre milioni e così via. Di solito si fa un po’ di confusione quando si arriva a parlare di mille milioni, uno seguito da nove zeri. Ecco, in molte lingue, questo numero si chiama con una parola simile a “bilione”; in altre lingue non si usa, si dice “mille milioni”, appunto. Ma, in italiano, diciamo “un miliardo”. La parola “bilione” esiste, ma è molto poco usata e significherebbe “mille miliardi”. Ultimamente può capitare di sentirla come errore per via di alcune traduzioni non molto precise che si fanno dall’inglese, ma in italiano, si dice “miliardo”. E quindi, “quante persone vivono sul pianeta Terra? Otto miliardi” .

E questo completa il discorso sui numeri cardinali, quindi i numeri che esprimono una quantità. Abbiamo però alcune cose da dire anche sui numeri ordinali, i numeri che utilizziamo per dare una sequenza, un ordine: primo, secondo, terzo, e così via. Sono anche i numeri che utilizziamo per indicare le frazioni nella matematica, e sicuramente li hai sentiti quando si parla di dire l’ora. Quando diciamo “sono le otto e un quarto, quel “quarto” è un numero ordinale: un quarto d’ora.

Come si scrivono, innanzitutto? Per indicare che si tratta di numeri ordinali, spesso li scriviamo con una piccola “o” e una piccola “a”. E quindi, per scrivere “primo”, usiamo il numero 1 accompagnato da un piccolo cerchietto (1º), lo stesso segno che si usa per indicare la temperatura, tra l’altro. Per “prima”, invece, si usa sempre il numero 1, seguito da una piccola “a” (1ª). Non è però comune trovare anche questo simbolo sulle tastiere italiane, mentre è presente l’accento circonflesso che è un po’ come come un piccolo triangolino con due lati che assomiglia un po’ a una “a” e quindi è molto comune vedere la parola “prima” scritta con il numero 1 e questo accento circonflesso (1^). Al momento è considerato un uso improprio, ma in futuro… chissà?

Quando parliamo dei numeri ordinali , di solito non ci sono molte difficoltà per quanto riguarda i primi sette numeri: primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo. Probabilmente è per l’influenza di “settimo”, ma quando si tratta di formulare il numero successivo, molti studenti dicono “ottimo”. Questo è un errore, anche un po’ divertente, perché “ottimo” significa “buonissimo”. Il numero che viene dopo “settimo”, invece, è “ottavo”. Quindi: “Abito all’ottavo piano di questo palazzo”. “Questo è l’ottavo caffè che bevo oggi”. Se invece voglio fare i complimenti a qualcuno per la sua cucina, posso dire: “Era tutto ottimo!”(era tutto buonissimo).

Subito dopo viene “nono” collegato al numero nove. Attenzione alle doppie e a non confondere questa parola con “nonno”, che è il padre di mia madre o il padre di mio padre. Quindi “mio nonno abita al nono piano”. Dopo “nono” viene “decimo”, e probabilmente è per questo, e anche per l’influenza dello spagnolo, che molti studenti per il numero undici usano la parola “undecimo”. Ma no, da questo punto in poi, tutti i numeri ordinali finiscono in “-esimo” al maschile, “-esima” al femminile, “-esimi o -esime” al plurale. E quindi abbiamo undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quarantatreesimo, centoventiseiesimo, millesimo, eccetera. E quindi, posso dire “abito al quindicesimo piano”.

Un numero ordinale, che non è esattamente un numero ordinale ma ha la stessa struttura, è la parola “ennesimo”. È una parola che ha origine dal linguaggio della matematica, perché quando si parla di un numero indefinito, si usa spesso la lettera “N”.  Da qui abbiamo “ennesimo” che si usa per definire un numero indeterminato ma tendenzialmente molto alto. Quindi, per esempio: “Te lo ripeto per l’ennesima volta” significa che ho già detto questa cosa molte volte. Oppure: “Abbiamo fatto l’ennesimo tentativo per risolvere il problema…”. “Ho comprato l’ennesimo paio di scarpe”. Tra l’altro, possiamo anche dire “gliel’ho detto enne volte”, a proposito, cioè un numero imprecisato di volte.

E dopo l’ennesimo numero, siamo alla fine del video. Abbiamo visto come anche parole apparentemente semplici come i numeri possano causare alcune difficoltà a chi studia l’italiano. Fammi sapere: hai mai fatto qualcuno di questi errori? E hai scoperto cose che non sapevi e che ti hanno stupito? Ci sono differenze interessanti tra l’italiano e la tua lingua? Lasciami un commento qui sotto.

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