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Quiz di GRAMMATICA AVANZATA: accetti la sfida?

January 28, 2025

Trascrizione

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Quanto conosci la grammatica italiana? La conosci come le tue tasche oppure potresti migliorare? Ho una sfida per te: ho preparato un quiz di grammatica avanzata ed è davvero interessante e, lo ammetto, anche un po’ cattivello. Ho scelto dieci domande grammaticali un po’ difficili, di livello piuttosto avanzato, ma che mi aiuteranno a illustrare alcune particolarità interessanti della grammatica dell’italiano che forse non conosci.

Trascrizione con glossario sul Podcast Italiano Club

Io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli, se ne hai bisogno, e la trascrizione integrale è sul mio sito, podcastitaliano.com. Come sempre, ho preparato anche un PDF che accompagna il video. Ti consiglio di scaricarlo e usarlo per seguire questo quiz. Potrai usarlo per dare un’occhiata a tutte le domande e controllare le risposte, che saranno accompagnate anche da altri esempi, che renderanno più chiaro ogni punto grammaticale che vedremo insieme. Ti lascio il link in descrizione ma, se preferisci, puoi anche scansionare questo codice QR.

E, mi raccomando, segnati i punteggi per ogni risposta, sul PDF (che ti consiglio di stampare), oppure da un’altra parte, perché voglio che, poi, tu mi scriva il tuo punteggio nei commenti. Ultima cosa: se vuoi fare il test bene, senza barare, metti in pausa il video per pensare alla risposta. Ok? Mi devo fidare? Andiamo!

1) Prima domanda: iniziamo semplice. Completa la frase con il verbo ausiliare corretto, quindi avere o essere, e coniugando alla forma corretta:

Luca ______ andato a casa.

Non ti do opzioni. Dimmi tu qual è l'opzione corretta. Ci sei? La risposta è... “è”. La risposta è “è”. Luca è andato a casa. Perché con i verbi di movimento, l'ausiliare è di solito “essere” e non “avere”.

E quindi dirò “sono andato in Svezia”.

“Maria è tornata a lavorare”.

“Da dove siete venuti”.

In altre lingue, come l'inglese o lo spagnolo, non funziona così. Si usa l'ausiliare “avere”. Quindi fai attenzione. Noi diciamo “è andato, sono andato, siamo tornati, siete venuti”, eccetera. Se hai indovinato, prendi un punto, scrivetelo, altrimenti prendi zero punti. Iniziamo male.

2) Seconda domanda: anche qui devi completare lo spazio con la parola corretta.

Tutto ______ che hai detto è vero.

E attenzione, potrebbero essere due parole, o forse solo una parola. Non lo so. Pensaci.

E dunque la risposta è... abbiamo due risposte possibili.

Tutto ciò che hai detto è vero”, oppure, “tutto quello che hai detto è vero”.

Molti studenti si dimenticano il “ciò” o il “quello” che, però, sono necessari: tutto ciò che, tutto quello che.

Se invece parli spagnolo o portoghese, beh, nella tua lingua si dice, per esempio in spagnolo, “todo lo que”, però questo “lo” in italiano non esiste. Diciamo, appunto, tutto ciò che o tutto quello che. Hai indovinato? Un altro punto! Scrivetelo, però, voglio il punteggio finale.

3) La prossima domanda si divide in alcune sotto-domande. Sì, ti ho ingannato, non erano dieci domande, erano dieci argomenti grammaticali, alcuni con più di una domanda. Ops. Dai, sono sicuro che ti divertirai. Voglio che tu scelga le forme corrette dell'aggettivo bello.

  1. Questo è proprio un libro ______.
  2. Questo è proprio un ______ libro.
  3. Questi libri sono proprio ______.
  4. Dove hai comprato questi ______ libri?
  5. Hai proprio dei ______ occhi. (Qui cambiamo. Non è libri, ma occhi).

Dunque, vediamo le risposte. Se ti serve tempo, metti in pausa il video e prenditi il tempo necessario. Dunque… hai risposto? Vediamo quali sono le risposte corrette.

Nella frase numero uno, la risposta è bello. Un libro bello. Qui abbiamo l'aggettivo “bello” dopo il nome “libro”. L'aggettivo qui è nella sua posizione normale. In italiano gli aggettivi, normalmente, vanno dopo il nome, ma alcuni aggettivi possono anche andare prima del nome.

Infatti nella due, diremmo un bel libro.Bello” si può mettere prima di un nome, ma vedi che cambia forma? Diventa “bel”. Questo perché l'aggettivo bello, se viene prima di un nome, cambia e si comporta un po' come un articolo: diciamo “un bel libro”, proprio come diciamo “il libro”.

Andando avanti, nella frase tre, diremo questi libri sono proprio belli, perché l'aggettivo è nella sua posizione normale, dopo il nome, quindi il plurale è normale.

Ma nella frase quattro, avrò questi bei libri. “Bei”, proprio come “i libri“.

Quanto alla cinque, la risposta è begli occhi, perché diremmo “gli occhi”. Nella pronuncia è più comune dire “begl’occhi, gl’occhi”, senza dire quella “i”, praticamente.

A proposito, breve ripasso, se non lo sai: perché diciamo “gli occhi” e non “i occhi”? Perché occhi inizia con una vocale, per cui gli articoli che precedono saranno l'occhio, gli occhi e quindi analogamente bell’occhio, begl’occhi. E quindi bello si comporta come l'articolo, anche qui: bell’occhio, begl’occhi.

Quante di queste cinque domande hai azzeccato? Datti 0,5 punti per ciascuna risposta corretta. Il massimo, se la matematica non è un'opinione, è di 2,5 punti. Metti in pausa il video se devi fare i tuoi calcoli. Se l'hai fatto, andiamo avanti.

4) Come completeresti queste tre frasi?

  1. Tra questi occhiali, preferisco ______ che mi hai consigliato tu.
  2. Tra questi occhiali, preferisco ______ con le lenti che cambiano colore.
  3. Tra questi occhiali, preferisco ______ blu.

Pensaci un attimo. Metti in pausa al video, rispondi.

Ci sei? L'opzione corretta per la uno, è quelli. Allora, qui abbiamo un caso di ellissi, cioè stiamo omettendo il nome “occhiali”. In questo caso, però, siccome il nome omesso è modificato da una frase relativa, “che mi hai consigliato tu”, l'unica opzione possibile è quelli. Dunque quelli che mi hai consigliato tu, cioè quello che voglio dire è che non possiamo dire “i” o “gli” che mi hai consigliato tu, cosa che invece si fa in spagnolo e portoghese. Per questo lo sto dicendo. Quelli che mi hai consigliato tu.

E diciamo quelli anche nella frase due: preferisco quelli con le lenti che cambiano colore, dove abbiamo un complemento introdotto dalla preposizione con. Se invece però l'elemento che segue è un aggettivo, posso anche usare semplicemente l'articolo.

Per questo, nella frase tre, posso dire sia preferisco quelli blu come prima, ma posso anche dire preferisco i blu, preferisco i blu. Curioso, vero? Lo sapevi? Così come posso dire voglio il tuo libro, voglio il verde, voglio il nuovo. Come dire quello verde, quello nuovo.

Poi è possibile che tu in queste tre frasi abbia risposto quegli al posto di quelli, che non è corretto, però, perché quegli è una forma che possiamo usare solo prima di un nome, nei casi in cui c'è un nome, al contrario di questo. Nello specifico, un nome che incomincia per vocale, come abbiamo detto poco fa per quanto riguarda gli occhi, begl’occhi. E quindi dirò quegl’occhi o quegl’occhiali sono molto belli, proprio come dirò gli occhiali. Ma se il nome non è presente, perché ometto il nome, dovrò per forza dire quelli e dunque quelli che mi hai consigliato tu, quelli con le lenti che cambiano colore, quelli blu o i blu, come abbiamo visto.

È un po' come… posso dire “voglio un libro breve”, ma se togliamo il nome dovrò dire “ne voglio uno breve”. Ah, prima di un nome che inizia per consonante, cosa diremo?

Per esempio, _____ ragazzi sono davvero simpatici”.

Qui diremo quei ragazzi, proprio come diciamo i ragazzi, dei ragazzi, bei ragazzi. Ma anche qui, se tolgo il nome, se lo ometto, e quindi abbiamo un'ellissi, dovrò dire quelli. Per esempio: “tra tutti i ragazzi che ho conosciuto in palestra, i più simpatici sono quelli che mi hai presentato tu”. E tra l'altro ho detto anche “i più simpatici”, ma avrei potuto dire anche “quelli più simpatici sono quelli che mi hai presentato tu”, ma non avrei potuto dire “sono i che mi hai presentato tu”.

Queste sono delle finezze grammaticali, ma penso che sia interessante. Lo sapevi? Non ti preoccupare, quest'ultima frase non faceva parte del quiz. Facciamo che prendi 0,5 punti per ogni risposta corretta. La terza aveva due risposte possibili, quindi tieni conto di questo, per un massimo di 1,5 punti. Andiamo avanti. Ci sei?

5) Completa la frase con il verbo fare coniugato al tempo verbale corretto:

Una settimana fa Carla mi ha detto che lo ______ ieri.

E al posto di ______ devi coniugare il verbo fare.

Pensaci un attimo, metti in pausa il video se ti serve.

La risposta corretta è... ce n'è più di una!

Quella standard, per così dire, è lo avrebbe fatto. Sì, hai sentito bene. Lo avrebbe fatto e non lo farebbe. Mi ha detto che lo avrebbe fatto ieri. Questo è il cosiddetto futuro nel passato. Abbiamo un verbo che si riferisce a un momento nel passato: “Una settimana fa Carla mi ha detto…” e un secondo verbo che si riferisce a un altro momento nel passato, ma che è successivo a quello di prima “Carla lo avrebbe fatto”.

In italiano, per indicare questo rapporto tra due tempi passati, che appunto si chiama “futuro nel passato”, usiamo il tempo condizionale passato o condizionale composto, quindi quello che ha due parole: avrebbe fatto, sarebbe andato, avremmo saputo, eccetera. Quindi sono delle forme composte. In altre lingue europee invece si usa il condizionale semplice o presente. In inglese per esempio questa frase sarebbe “A week ago, Carla told me she would come yesterday” non “would have come”. E la stessa cosa anche in spagnolo: “Me dijo que llegaría”, non “que hubiera llegado”. L'italiano in questo è un po' particolare, dunque, bisogna fare attenzione.

Ti ho detto però che c'era un'altra risposta possibile. Questo perché, nella lingua parlata, si usa anche l'imperfetto. Carla mi ha detto che arrivava ieri. “Carla mi ha detto che arrivava ieri”. È arrivata, poi? Boh, non lo so. “Carla mi ha detto che lo faceva ieri”. Ora, certe persone, particolarmente pedanti e rompiscatole, direbbero che è sbagliato. “Non si può dire!” Ma non è vero, è un uso che nella lingua parlata va benissimo ed è comunissimo, ti assicuro. E quindi ti prendi un punto in entrambi i casi.

6) Bene, siamo alla numero sei. Supponiamo che io dica questa frase:

Carlo mi ha aiutato a sistemare il salotto prima di uscire.

A chi si riferisce “uscire”? Chi è che esce? Io, che sto parlando, o Carlo? La risposta è... Carlo! Altrimenti, se fossi io la persona che esce, se fossi io a uscire, dovremmo dire “Carlo mi ha aiutato a sistemare il salotto prima che uscissi” o “prima che io uscissi”. Ma siccome il verbo della frase subordinata “prima di uscire” è all'infinito, sarebbe una forma implicita (per i nerd), il soggetto sarà per forza lo stesso della frase principale. Quindi deve essere Carlo, quindi si riferisce a Carlo. Quindi “Carlo mi ha aiutato”. “Uscire” si riferisce a Carlo.

La forma implicita, spesso, implica che il soggetto è lo stesso tra la frase principale e la subordinata. Per esempio: “spero di arrivare” è come dire “io spero che io arriverò”. Il soggetto è lo stesso. Posso dire “spero di arrivare”. Ma, attenzione, questo non è sempre vero. Infatti se dico “mio fratello mi ha chiesto di dargli una risposta”, beh, ovviamente, io devo dare una risposta. Cioè “dargli”, qui, grammaticalmente**, si collega** a “mi”, cioè “a me”, “ha chiesto a me”, e sarò io che darò una risposta a lui. Non è lui stesso che se la dà da solo, non avrebbe senso.

Se hai indovinato ti becchi un bel punto. Complimenti.

7) Ok, qui voglio che tu scelga la forma corretta del participio passato (piccolo spoiler).

Come stanno i tuoi genitori? L'ultima volta che li ho ______ (verbo vedere) è stato un anno fa, a Natale.

Quale forma del verbo vedere, del participio passato di vedere dobbiamo usare?

La risposta corretta è visti. L'ultima volta che li ho visti. Hai risposto “visto”? Ti ho fregato di nuovo! “Visto” sarebbe la risposta giusta se la frase fosse “Ho visto i tuoi genitori a Natale”, ma siccome qui, prima del verbo, abbiamo il pronome “li”, che sostituisce “i tuoi genitori”, il participio passato deve essere maschile plurale. “Li ho visti”. E se invece parlassi, che ne so, delle tue sorelle? Quindi un femminile plurale, dovrei dire “le ho viste”. “Ho visto le tue sorelle”, “le ho viste”. Sapevi che funzionava così?

Se hai indovinato, bravo, brava: ti prendi un bel punto.

Ti stai segnando i punti, vero?

8) Numero otto. Quale di queste frasi vuole l'indicativo al posto del congiuntivo, ed è quindi scorretta?

  1. Nonostante la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.
  2. Benché la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.
  3. Sebbene la adori, (hai capito)
  4. Anche se la adori, (blablabla)
  5. Per quanto la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.

Quale di queste ha un congiuntivo, ma non dovrebbe averlo, e quindi quel congiuntivo non è corretto?

La risposta corretta, e quindi la frase sbagliata, è la C. Quindi se hai detto C, hai indovinato e prendi un punto! Con “anche se” serve l'indicativo e non il congiuntivo. Quindi dovrò dire “anche se la adoro, non mangerei pizza tutti i giorni”. Con tutte le altre congiunzioni di questi esempi, dobbiamo usare il congiuntivo e quindi adori: sebbene la adori, benché la adori, nonostante la adori. Nella lingua parlata, l'opzione più comune per dire questa cosa è “anche se” e “anche se” vuole l'indicativo. “Nonostante” e “per quanto sono abbastanza comuni, mentre, secondo me, “benché” e “sebbene” sono decisamente più formali.

Questo tipo di frase si chiama, in gergo, concessiva. Nella grammatica una “concessione” è una circostanza che non ostacola un'altra circostanza. Cioè, data una circostanza, ci aspettiamo X, ma invece X non avviene: anche se piove esco.

Anche se piove” è una circostanza che non ostacola il fatto che uscirò, che quindi è un po' inaspettato. “Anche se”, quindi, vuole l'indicativo, ma c'è un caso dove si usa anche il congiuntivo. Sono i casi come “anche se volessi non avrei tempo di farlo”. Qui, però, quel “se” introduce una vera e propria condizione, una frase condizionale, possiamo dire “anche nel caso in cui volessi”. Quindi questo è un caso di periodo ipotetico un po' particolare, è un mix di periodo ipotetico, ma con la frase iniziale che è un po' condizionale, un po' concessiva. “Anche se volessi…”, comunque, uno scenario ipotetico, non è reale, mentre “anche se l'adoro” è la realtà, non è ipotetico. “Anche se adoro la pizza” vuol dire che io veramente adoro la pizza. Se dico “anche se adorassi la pizza” è una condizione non reale, ok?

In ogni caso, anche quando usiamo il congiuntivo, sarà sempre il congiuntivo imperfetto: “anche se volessi”, oppure il trapassato, “anche se avessi voluto”, ma mai il congiuntivo presente, quindi non “anche se voglia”.

Ah, se hai indovinato, ti becchi un altro punto.

9) Ok, stanno diventando sempre più difficili. Qui dovrai, probabilmente, basarti sul tuo istinto linguistico che hai sviluppato ascoltando e leggendo, perché… questa non è una cosa che si studia. Almeno, che io sappia...

In quale di questi casi posso omettere, cioè posso non dire il “che”?

  1. Penso che tu abbia fatto un buon lavoro.
  2. Voglio che tu lo faccia in fretta.
  3. Non credo che verrà.
  4. So che devo impegnarmi di più.

Tutte queste frasi sono giuste, ma in due di queste potrei anche non dire il “che”. In quali? Pensaci un attimo. Metti in pausa il video, scriviti la risposta e ora te la dico.

La risposta corretta è... sono due! A e C.

Posso infatti dire “penso tu abbia fatto un buon lavoro” e “non credo verrà”. Siamo però obbligati a dire “voglio che tu lo faccia in fretta” e “so che devo impegnarmi di più” con il “che”. Ok, ma come funziona questa cosa? C'è una regola? Perché ’sta stranezza? Non è semplicissimo, ma diciamo che in genere si può omettere il “che” con verbi psicologici come “pensare, credere, immaginare, supporre, sperare”, dopo i quali ci vuole il congiuntivo, tra l'altro. “Penso sia interessante, credo tu abbia capito, suppongo le cose stiano così, spero tua sorella arrivi presto”.

Il “che” si può anche omettere se abbiamo il futuro, come nella frase C, e quindi “non credo verrà”, “spero capirà”. Se parli inglese, beh, avrai notato che in inglese il “that” si omette molto più regolarmente che il “che” in italiano. Per esempio puoi dire “the book I read”, che in italiano però deve per forza essere “il libro che ho letto”. E questa sarebbe una frase relativa. Oppure “he said he wants to come with us”, che in italiano, però, è “ha detto che vuole venire con noi”, non si può togliere il “che”. Dunque, rispetto all'inglese, sono molto più limitati i casi in cui il “che” si può eliminare, ma esistono. Facci caso quando ascolti o leggi l'italiano e, se hai indovinato, prenditi quest'altro bel punto.

10) Ultima domanda! Sei stanco? Sei stanca? Io pure, ma ce l'abbiamo quasi fatta. Completa questo breve racconto con il tempo verbale giusto. Puoi scegliere tra imperfetto e passato prossimo o, se preferisci, passato remoto.

Che nostalgia dei vecchi tempi. Mi ricordo quando io e la mia famiglia ______ (andare, noi) alla casa al mare ogni estate, ______ (essere, noi) felici e spensierati. Mi ricordo quando un giorno ______ (fare, noi) una gita all'Isola d'Elba. Quel giorno, mentre ______ (esplorare, noi) la spiaggia, io ______  (trovare, io, ovviamente), una conchiglia bellissima. Quella volta ______ (divertirsi, noi) molto!

Ok, qui metti in pausa il video, completa con le risposte e, poi, vediamo. L'hai fatto? Mi devo fidare? Stai barando? Spero di no.

Ok, nel primo caso, dobbiamo dire andavamo. Si parla di una circostanza che si ripete, ogni estate, quindi serve l'imperfetto. Ma l'imperfetto dà anche il contesto della narrazione, il contesto all'interno del quale succederà qualcosa. Abbiamo anche eravamo felici, con un altro imperfetto. Anche questa è un'informazione di contesto. Poi inizia il racconto vero e proprio: succedono delle cose; dunque, dobbiamo scegliere tra due opzioni: passato prossimo o passato remoto, che mandano avanti la narrazione. Dicevo, che mandano avanti la narrazione, che ci dicono che cosa è effettivamente successo. Diremo quindi abbiamo fatto oppure facemmo. Il passato remoto però è poco usato e sempre meno usato nella lingua parlata, anche se è normalissimo nella narrazione, nella lingua scritta, nei romanzi, per esempio. Poi abbiamo di nuovo un imperfetto: esploravamo la spiaggia, perché di nuovo è un contesto; poi un passato prossimo ho trovato o in alternativa un passato remoto, trovai; e, infine, un altro passato prossimo, ci siamo divertiti, oppure, passato remoto, ci divertimmo.

La regola generale è che dunque l'imperfetto ci dà le circostanze, la situazione all'interno del quale si inserisce poi il racconto, quello che succede. Il racconto è mandato avanti da tempi come passato prossimo o passato remoto. Il primo, soprattutto nella lingua parlata, il secondo soprattutto in quella scritta.

Prenditi dunque 0,5 punti per ognuna delle risposte, per un massimo di sei punti. Un grande bottino!

Siamo arrivati alla fine di questo quiz di grammatica. Come è andata? Dimmi, è stato difficile? È stato facile? Hai imparato qualcosa di nuovo? Fammi sapere nei commenti che cosa hai scoperto e fammi anche sapere il tuo punteggio. Sono molto curioso! Penso che fosse difficile, ma non lo so. Sono... sono curioso di sapere quanto è difficile per il mio pubblico.

Se ho fatto bene i conti, il massimo di punti dovrebbe essere 17. Quindi, se hai fatto 17 vinci... un applauso da parte mia. Complimenti!

Ora, se ti piace metterti alla prova, sfidarti, vedere quanto conosci l'italiano, potresti voler fare un altro quiz di 30 domande, non solo questo sulla grammatica, ma su vari aspetti della lingua italiana, che ti darà un'indicazione generale sul tuo livello di italiano. Ti lascio in descrizione un test che ho preparato proprio a questo scopo.

Vai a dare un'occhiata e alla prossima!

Quanto conosci la grammatica italiana? La conosci come le tue tasche oppure potresti migliorare? Ho una sfida per te: ho preparato un quiz di grammatica avanzata ed è davvero interessante e, lo ammetto, anche un po’ cattivello. Ho scelto dieci domande grammaticali un po’ difficili, di livello piuttosto avanzato, ma che mi aiuteranno a illustrare alcune particolarità interessanti della grammatica dell’italiano che forse non conosci.

Trascrizione con glossario sul Podcast Italiano Club

Io mi chiamo Davide e questo è Podcast Italiano, un canale per chi impara o ama l’italiano. Attiva i sottotitoli, se ne hai bisogno, e la trascrizione integrale è sul mio sito, podcastitaliano.com. Come sempre, ho preparato anche un PDF che accompagna il video. Ti consiglio di scaricarlo e usarlo per seguire questo quiz. Potrai usarlo per dare un’occhiata a tutte le domande e controllare le risposte, che saranno accompagnate anche da altri esempi, che renderanno più chiaro ogni punto grammaticale che vedremo insieme. Ti lascio il link in descrizione ma, se preferisci, puoi anche scansionare questo codice QR.

E, mi raccomando, segnati i punteggi per ogni risposta, sul PDF (che ti consiglio di stampare), oppure da un’altra parte, perché voglio che, poi, tu mi scriva il tuo punteggio nei commenti. Ultima cosa: se vuoi fare il test bene, senza barare, metti in pausa il video per pensare alla risposta. Ok? Mi devo fidare? Andiamo!

1) Prima domanda: iniziamo semplice. Completa la frase con il verbo ausiliare corretto, quindi avere o essere, e coniugando alla forma corretta:

Luca ______ andato a casa.

Non ti do opzioni. Dimmi tu qual è l'opzione corretta. Ci sei? La risposta è... “è”. La risposta è “è”. Luca è andato a casa. Perché con i verbi di movimento, l'ausiliare è di solito “essere” e non “avere”.

E quindi dirò “sono andato in Svezia”.

“Maria è tornata a lavorare”.

“Da dove siete venuti”.

In altre lingue, come l'inglese o lo spagnolo, non funziona così. Si usa l'ausiliare “avere”. Quindi fai attenzione. Noi diciamo “è andato, sono andato, siamo tornati, siete venuti”, eccetera. Se hai indovinato, prendi un punto, scrivetelo, altrimenti prendi zero punti. Iniziamo male.

2) Seconda domanda: anche qui devi completare lo spazio con la parola corretta.

Tutto ______ che hai detto è vero.

E attenzione, potrebbero essere due parole, o forse solo una parola. Non lo so. Pensaci.

E dunque la risposta è... abbiamo due risposte possibili.

Tutto ciò che hai detto è vero”, oppure, “tutto quello che hai detto è vero”.

Molti studenti si dimenticano il “ciò” o il “quello” che, però, sono necessari: tutto ciò che, tutto quello che.

Se invece parli spagnolo o portoghese, beh, nella tua lingua si dice, per esempio in spagnolo, “todo lo que”, però questo “lo” in italiano non esiste. Diciamo, appunto, tutto ciò che o tutto quello che. Hai indovinato? Un altro punto! Scrivetelo, però, voglio il punteggio finale.

3) La prossima domanda si divide in alcune sotto-domande. Sì, ti ho ingannato, non erano dieci domande, erano dieci argomenti grammaticali, alcuni con più di una domanda. Ops. Dai, sono sicuro che ti divertirai. Voglio che tu scelga le forme corrette dell'aggettivo bello.

  1. Questo è proprio un libro ______.
  2. Questo è proprio un ______ libro.
  3. Questi libri sono proprio ______.
  4. Dove hai comprato questi ______ libri?
  5. Hai proprio dei ______ occhi. (Qui cambiamo. Non è libri, ma occhi).

Dunque, vediamo le risposte. Se ti serve tempo, metti in pausa il video e prenditi il tempo necessario. Dunque… hai risposto? Vediamo quali sono le risposte corrette.

Nella frase numero uno, la risposta è bello. Un libro bello. Qui abbiamo l'aggettivo “bello” dopo il nome “libro”. L'aggettivo qui è nella sua posizione normale. In italiano gli aggettivi, normalmente, vanno dopo il nome, ma alcuni aggettivi possono anche andare prima del nome.

Infatti nella due, diremmo un bel libro.Bello” si può mettere prima di un nome, ma vedi che cambia forma? Diventa “bel”. Questo perché l'aggettivo bello, se viene prima di un nome, cambia e si comporta un po' come un articolo: diciamo “un bel libro”, proprio come diciamo “il libro”.

Andando avanti, nella frase tre, diremo questi libri sono proprio belli, perché l'aggettivo è nella sua posizione normale, dopo il nome, quindi il plurale è normale.

Ma nella frase quattro, avrò questi bei libri. “Bei”, proprio come “i libri“.

Quanto alla cinque, la risposta è begli occhi, perché diremmo “gli occhi”. Nella pronuncia è più comune dire “begl’occhi, gl’occhi”, senza dire quella “i”, praticamente.

A proposito, breve ripasso, se non lo sai: perché diciamo “gli occhi” e non “i occhi”? Perché occhi inizia con una vocale, per cui gli articoli che precedono saranno l'occhio, gli occhi e quindi analogamente bell’occhio, begl’occhi. E quindi bello si comporta come l'articolo, anche qui: bell’occhio, begl’occhi.

Quante di queste cinque domande hai azzeccato? Datti 0,5 punti per ciascuna risposta corretta. Il massimo, se la matematica non è un'opinione, è di 2,5 punti. Metti in pausa il video se devi fare i tuoi calcoli. Se l'hai fatto, andiamo avanti.

4) Come completeresti queste tre frasi?

  1. Tra questi occhiali, preferisco ______ che mi hai consigliato tu.
  2. Tra questi occhiali, preferisco ______ con le lenti che cambiano colore.
  3. Tra questi occhiali, preferisco ______ blu.

Pensaci un attimo. Metti in pausa al video, rispondi.

Ci sei? L'opzione corretta per la uno, è quelli. Allora, qui abbiamo un caso di ellissi, cioè stiamo omettendo il nome “occhiali”. In questo caso, però, siccome il nome omesso è modificato da una frase relativa, “che mi hai consigliato tu”, l'unica opzione possibile è quelli. Dunque quelli che mi hai consigliato tu, cioè quello che voglio dire è che non possiamo dire “i” o “gli” che mi hai consigliato tu, cosa che invece si fa in spagnolo e portoghese. Per questo lo sto dicendo. Quelli che mi hai consigliato tu.

E diciamo quelli anche nella frase due: preferisco quelli con le lenti che cambiano colore, dove abbiamo un complemento introdotto dalla preposizione con. Se invece però l'elemento che segue è un aggettivo, posso anche usare semplicemente l'articolo.

Per questo, nella frase tre, posso dire sia preferisco quelli blu come prima, ma posso anche dire preferisco i blu, preferisco i blu. Curioso, vero? Lo sapevi? Così come posso dire voglio il tuo libro, voglio il verde, voglio il nuovo. Come dire quello verde, quello nuovo.

Poi è possibile che tu in queste tre frasi abbia risposto quegli al posto di quelli, che non è corretto, però, perché quegli è una forma che possiamo usare solo prima di un nome, nei casi in cui c'è un nome, al contrario di questo. Nello specifico, un nome che incomincia per vocale, come abbiamo detto poco fa per quanto riguarda gli occhi, begl’occhi. E quindi dirò quegl’occhi o quegl’occhiali sono molto belli, proprio come dirò gli occhiali. Ma se il nome non è presente, perché ometto il nome, dovrò per forza dire quelli e dunque quelli che mi hai consigliato tu, quelli con le lenti che cambiano colore, quelli blu o i blu, come abbiamo visto.

È un po' come… posso dire “voglio un libro breve”, ma se togliamo il nome dovrò dire “ne voglio uno breve”. Ah, prima di un nome che inizia per consonante, cosa diremo?

Per esempio, _____ ragazzi sono davvero simpatici”.

Qui diremo quei ragazzi, proprio come diciamo i ragazzi, dei ragazzi, bei ragazzi. Ma anche qui, se tolgo il nome, se lo ometto, e quindi abbiamo un'ellissi, dovrò dire quelli. Per esempio: “tra tutti i ragazzi che ho conosciuto in palestra, i più simpatici sono quelli che mi hai presentato tu”. E tra l'altro ho detto anche “i più simpatici”, ma avrei potuto dire anche “quelli più simpatici sono quelli che mi hai presentato tu”, ma non avrei potuto dire “sono i che mi hai presentato tu”.

Queste sono delle finezze grammaticali, ma penso che sia interessante. Lo sapevi? Non ti preoccupare, quest'ultima frase non faceva parte del quiz. Facciamo che prendi 0,5 punti per ogni risposta corretta. La terza aveva due risposte possibili, quindi tieni conto di questo, per un massimo di 1,5 punti. Andiamo avanti. Ci sei?

5) Completa la frase con il verbo fare coniugato al tempo verbale corretto:

Una settimana fa Carla mi ha detto che lo ______ ieri.

E al posto di ______ devi coniugare il verbo fare.

Pensaci un attimo, metti in pausa il video se ti serve.

La risposta corretta è... ce n'è più di una!

Quella standard, per così dire, è lo avrebbe fatto. Sì, hai sentito bene. Lo avrebbe fatto e non lo farebbe. Mi ha detto che lo avrebbe fatto ieri. Questo è il cosiddetto futuro nel passato. Abbiamo un verbo che si riferisce a un momento nel passato: “Una settimana fa Carla mi ha detto…” e un secondo verbo che si riferisce a un altro momento nel passato, ma che è successivo a quello di prima “Carla lo avrebbe fatto”.

In italiano, per indicare questo rapporto tra due tempi passati, che appunto si chiama “futuro nel passato”, usiamo il tempo condizionale passato o condizionale composto, quindi quello che ha due parole: avrebbe fatto, sarebbe andato, avremmo saputo, eccetera. Quindi sono delle forme composte. In altre lingue europee invece si usa il condizionale semplice o presente. In inglese per esempio questa frase sarebbe “A week ago, Carla told me she would come yesterday” non “would have come”. E la stessa cosa anche in spagnolo: “Me dijo que llegaría”, non “que hubiera llegado”. L'italiano in questo è un po' particolare, dunque, bisogna fare attenzione.

Ti ho detto però che c'era un'altra risposta possibile. Questo perché, nella lingua parlata, si usa anche l'imperfetto. Carla mi ha detto che arrivava ieri. “Carla mi ha detto che arrivava ieri”. È arrivata, poi? Boh, non lo so. “Carla mi ha detto che lo faceva ieri”. Ora, certe persone, particolarmente pedanti e rompiscatole, direbbero che è sbagliato. “Non si può dire!” Ma non è vero, è un uso che nella lingua parlata va benissimo ed è comunissimo, ti assicuro. E quindi ti prendi un punto in entrambi i casi.

6) Bene, siamo alla numero sei. Supponiamo che io dica questa frase:

Carlo mi ha aiutato a sistemare il salotto prima di uscire.

A chi si riferisce “uscire”? Chi è che esce? Io, che sto parlando, o Carlo? La risposta è... Carlo! Altrimenti, se fossi io la persona che esce, se fossi io a uscire, dovremmo dire “Carlo mi ha aiutato a sistemare il salotto prima che uscissi” o “prima che io uscissi”. Ma siccome il verbo della frase subordinata “prima di uscire” è all'infinito, sarebbe una forma implicita (per i nerd), il soggetto sarà per forza lo stesso della frase principale. Quindi deve essere Carlo, quindi si riferisce a Carlo. Quindi “Carlo mi ha aiutato”. “Uscire” si riferisce a Carlo.

La forma implicita, spesso, implica che il soggetto è lo stesso tra la frase principale e la subordinata. Per esempio: “spero di arrivare” è come dire “io spero che io arriverò”. Il soggetto è lo stesso. Posso dire “spero di arrivare”. Ma, attenzione, questo non è sempre vero. Infatti se dico “mio fratello mi ha chiesto di dargli una risposta”, beh, ovviamente, io devo dare una risposta. Cioè “dargli”, qui, grammaticalmente**, si collega** a “mi”, cioè “a me”, “ha chiesto a me”, e sarò io che darò una risposta a lui. Non è lui stesso che se la dà da solo, non avrebbe senso.

Se hai indovinato ti becchi un bel punto. Complimenti.

7) Ok, qui voglio che tu scelga la forma corretta del participio passato (piccolo spoiler).

Come stanno i tuoi genitori? L'ultima volta che li ho ______ (verbo vedere) è stato un anno fa, a Natale.

Quale forma del verbo vedere, del participio passato di vedere dobbiamo usare?

La risposta corretta è visti. L'ultima volta che li ho visti. Hai risposto “visto”? Ti ho fregato di nuovo! “Visto” sarebbe la risposta giusta se la frase fosse “Ho visto i tuoi genitori a Natale”, ma siccome qui, prima del verbo, abbiamo il pronome “li”, che sostituisce “i tuoi genitori”, il participio passato deve essere maschile plurale. “Li ho visti”. E se invece parlassi, che ne so, delle tue sorelle? Quindi un femminile plurale, dovrei dire “le ho viste”. “Ho visto le tue sorelle”, “le ho viste”. Sapevi che funzionava così?

Se hai indovinato, bravo, brava: ti prendi un bel punto.

Ti stai segnando i punti, vero?

8) Numero otto. Quale di queste frasi vuole l'indicativo al posto del congiuntivo, ed è quindi scorretta?

  1. Nonostante la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.
  2. Benché la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.
  3. Sebbene la adori, (hai capito)
  4. Anche se la adori, (blablabla)
  5. Per quanto la adori, non mangerei pizza tutti i giorni.

Quale di queste ha un congiuntivo, ma non dovrebbe averlo, e quindi quel congiuntivo non è corretto?

La risposta corretta, e quindi la frase sbagliata, è la C. Quindi se hai detto C, hai indovinato e prendi un punto! Con “anche se” serve l'indicativo e non il congiuntivo. Quindi dovrò dire “anche se la adoro, non mangerei pizza tutti i giorni”. Con tutte le altre congiunzioni di questi esempi, dobbiamo usare il congiuntivo e quindi adori: sebbene la adori, benché la adori, nonostante la adori. Nella lingua parlata, l'opzione più comune per dire questa cosa è “anche se” e “anche se” vuole l'indicativo. “Nonostante” e “per quanto sono abbastanza comuni, mentre, secondo me, “benché” e “sebbene” sono decisamente più formali.

Questo tipo di frase si chiama, in gergo, concessiva. Nella grammatica una “concessione” è una circostanza che non ostacola un'altra circostanza. Cioè, data una circostanza, ci aspettiamo X, ma invece X non avviene: anche se piove esco.

Anche se piove” è una circostanza che non ostacola il fatto che uscirò, che quindi è un po' inaspettato. “Anche se”, quindi, vuole l'indicativo, ma c'è un caso dove si usa anche il congiuntivo. Sono i casi come “anche se volessi non avrei tempo di farlo”. Qui, però, quel “se” introduce una vera e propria condizione, una frase condizionale, possiamo dire “anche nel caso in cui volessi”. Quindi questo è un caso di periodo ipotetico un po' particolare, è un mix di periodo ipotetico, ma con la frase iniziale che è un po' condizionale, un po' concessiva. “Anche se volessi…”, comunque, uno scenario ipotetico, non è reale, mentre “anche se l'adoro” è la realtà, non è ipotetico. “Anche se adoro la pizza” vuol dire che io veramente adoro la pizza. Se dico “anche se adorassi la pizza” è una condizione non reale, ok?

In ogni caso, anche quando usiamo il congiuntivo, sarà sempre il congiuntivo imperfetto: “anche se volessi”, oppure il trapassato, “anche se avessi voluto”, ma mai il congiuntivo presente, quindi non “anche se voglia”.

Ah, se hai indovinato, ti becchi un altro punto.

9) Ok, stanno diventando sempre più difficili. Qui dovrai, probabilmente, basarti sul tuo istinto linguistico che hai sviluppato ascoltando e leggendo, perché… questa non è una cosa che si studia. Almeno, che io sappia...

In quale di questi casi posso omettere, cioè posso non dire il “che”?

  1. Penso che tu abbia fatto un buon lavoro.
  2. Voglio che tu lo faccia in fretta.
  3. Non credo che verrà.
  4. So che devo impegnarmi di più.

Tutte queste frasi sono giuste, ma in due di queste potrei anche non dire il “che”. In quali? Pensaci un attimo. Metti in pausa il video, scriviti la risposta e ora te la dico.

La risposta corretta è... sono due! A e C.

Posso infatti dire “penso tu abbia fatto un buon lavoro” e “non credo verrà”. Siamo però obbligati a dire “voglio che tu lo faccia in fretta” e “so che devo impegnarmi di più” con il “che”. Ok, ma come funziona questa cosa? C'è una regola? Perché ’sta stranezza? Non è semplicissimo, ma diciamo che in genere si può omettere il “che” con verbi psicologici come “pensare, credere, immaginare, supporre, sperare”, dopo i quali ci vuole il congiuntivo, tra l'altro. “Penso sia interessante, credo tu abbia capito, suppongo le cose stiano così, spero tua sorella arrivi presto”.

Il “che” si può anche omettere se abbiamo il futuro, come nella frase C, e quindi “non credo verrà”, “spero capirà”. Se parli inglese, beh, avrai notato che in inglese il “that” si omette molto più regolarmente che il “che” in italiano. Per esempio puoi dire “the book I read”, che in italiano però deve per forza essere “il libro che ho letto”. E questa sarebbe una frase relativa. Oppure “he said he wants to come with us”, che in italiano, però, è “ha detto che vuole venire con noi”, non si può togliere il “che”. Dunque, rispetto all'inglese, sono molto più limitati i casi in cui il “che” si può eliminare, ma esistono. Facci caso quando ascolti o leggi l'italiano e, se hai indovinato, prenditi quest'altro bel punto.

10) Ultima domanda! Sei stanco? Sei stanca? Io pure, ma ce l'abbiamo quasi fatta. Completa questo breve racconto con il tempo verbale giusto. Puoi scegliere tra imperfetto e passato prossimo o, se preferisci, passato remoto.

Che nostalgia dei vecchi tempi. Mi ricordo quando io e la mia famiglia ______ (andare, noi) alla casa al mare ogni estate, ______ (essere, noi) felici e spensierati. Mi ricordo quando un giorno ______ (fare, noi) una gita all'Isola d'Elba. Quel giorno, mentre ______ (esplorare, noi) la spiaggia, io ______  (trovare, io, ovviamente), una conchiglia bellissima. Quella volta ______ (divertirsi, noi) molto!

Ok, qui metti in pausa il video, completa con le risposte e, poi, vediamo. L'hai fatto? Mi devo fidare? Stai barando? Spero di no.

Ok, nel primo caso, dobbiamo dire andavamo. Si parla di una circostanza che si ripete, ogni estate, quindi serve l'imperfetto. Ma l'imperfetto dà anche il contesto della narrazione, il contesto all'interno del quale succederà qualcosa. Abbiamo anche eravamo felici, con un altro imperfetto. Anche questa è un'informazione di contesto. Poi inizia il racconto vero e proprio: succedono delle cose; dunque, dobbiamo scegliere tra due opzioni: passato prossimo o passato remoto, che mandano avanti la narrazione. Dicevo, che mandano avanti la narrazione, che ci dicono che cosa è effettivamente successo. Diremo quindi abbiamo fatto oppure facemmo. Il passato remoto però è poco usato e sempre meno usato nella lingua parlata, anche se è normalissimo nella narrazione, nella lingua scritta, nei romanzi, per esempio. Poi abbiamo di nuovo un imperfetto: esploravamo la spiaggia, perché di nuovo è un contesto; poi un passato prossimo ho trovato o in alternativa un passato remoto, trovai; e, infine, un altro passato prossimo, ci siamo divertiti, oppure, passato remoto, ci divertimmo.

La regola generale è che dunque l'imperfetto ci dà le circostanze, la situazione all'interno del quale si inserisce poi il racconto, quello che succede. Il racconto è mandato avanti da tempi come passato prossimo o passato remoto. Il primo, soprattutto nella lingua parlata, il secondo soprattutto in quella scritta.

Prenditi dunque 0,5 punti per ognuna delle risposte, per un massimo di sei punti. Un grande bottino!

Siamo arrivati alla fine di questo quiz di grammatica. Come è andata? Dimmi, è stato difficile? È stato facile? Hai imparato qualcosa di nuovo? Fammi sapere nei commenti che cosa hai scoperto e fammi anche sapere il tuo punteggio. Sono molto curioso! Penso che fosse difficile, ma non lo so. Sono... sono curioso di sapere quanto è difficile per il mio pubblico.

Se ho fatto bene i conti, il massimo di punti dovrebbe essere 17. Quindi, se hai fatto 17 vinci... un applauso da parte mia. Complimenti!

Ora, se ti piace metterti alla prova, sfidarti, vedere quanto conosci l'italiano, potresti voler fare un altro quiz di 30 domande, non solo questo sulla grammatica, ma su vari aspetti della lingua italiana, che ti darà un'indicazione generale sul tuo livello di italiano. Ti lascio in descrizione un test che ho preparato proprio a questo scopo.

Vai a dare un'occhiata e alla prossima!

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