Corso INTENSIVO di PRONUNCIA italiana (80 minuti)
Trascrizione
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La pronuncia: uno degli aspetti più importanti e sottovalutati di una lingua. Oggi ti presento una mega-lezione dedicata all’argomento. È una raccolta di alcuni dei miei video sulla pronuncia, ma con qualcosina di nuovo che non hai mai visto su Youtube.
Questa mega-lezione è accompagnata da un MEGA-PDF che riassume tutte le informazioni di cui ti parlo. Ti consiglio caldamente di scaricarlo perché sarà molto molto utile. Ti lascio il link in descrizione e tra i commenti. In alternativa, puoi scansionare questo codice QR.
Il primo capitolo di questa mega-lezione riguarda le vocali dell’italiano. Spesso si crede che l’italiano abbia cinque vocali, ma a livello fonetico (o fonologico, ora non approfondiamo) ne ha sette, per lo meno nella sua varietà standard. Su che cosa significhi “standard” o “neutro” torneremo in un altro capitolo di questa mega-lezione. Ora, dunque, parliamo di vocali.
Sapete quante sono le vocali in italiano standard? E sapete come si pronunciano? Per quanto riguarda le vocali, possiamo guardare agli italiani dell’Italia centrale perché, in regioni come Toscana, Lazio, Umbria e Marche, le vocali corrispondono, sostanzialmente, a quelle dell’italiano standard.
E quante sono, le vocali? Perché abbiamo cinque lettere, che sono A, E, I, O, U, ma abbiamo, in realtà, sette suoni, sette fonemi. Perché abbiamo due suoni per la E e due suoni per la O. Un suono chiuso e uno aperto: é - è; ó - ò.
Comunque, secondo me, ha senso partire da questa immagine, che è il cosiddetto diagramma vocalico dell’italiano: cioè, praticamente, un grafico che sarebbe una rappresentazione della bocca vista di lato. I pallini che vedete indicano le sette qualità delle vocali. La posizione dei pallini indica la posizione che la lingua assume nella bocca per produrre i suoni, nello specifico, il punto più alto della lingua: /i/, /i/, /a/, /a/ .
I simboli che vedete sono quelli dell’IPA, l’alfabeto fonetico internazionale. Si usano per indicare in maniera univoca e scientifica i suoni di una lingua. Abbiamo, sostanzialmente, tre parametri: sull’asse orizzontale quanto una vocale è anteriore, quindi davanti, o posteriore, quindi dietro;
/i/ è una vocale anteriore,
/u/ è una vocale posteriore e con la lingua indietro.
Sentite? /i/ , /u/ , /i/ , /u/.
Sentite il movimento della lingua.
Poi abbiamo l’asse verticale, quindi la lingua può essere in alto, abbiamo quindi una vocale chiusa, con la lingua più verso il palato, come la /i/, che è una vocale chiusa, e poi abbiamo una vocale come la /a/, quindi una vocale bassa oppure aperta. La lingua è bassa.
Sentiamo, anche in questo caso: /i/, /a/, /i/ , /a/.
Sentiamo il movimento della lingua, percepiamo come si muove la lingua nella bocca.
Quindi, anteriore - posteriore; chiuso - aperto, oppure alto - basso.
Il terzo parametro è l’arrotondamento delle labbra. Se facciamo un suono come /u/, le labbra sono arrotondate. Tra poco ci torniamo.
Quindi: la A.
La A è una vocale centrale, quindi la lingua non è né davanti né indietro ma in centro, ed è una vocale aperta. Quindi la lingua è bassa: casa, mamma, papà, mare, pane, anche.
Se la vostra lingua madre è l’inglese, potreste avere la tentazione di dire qualcosa come /kαsα/, con la lingua più indietro /kαsα/, /kαsα/ . Quindi dovete portarla più avanti: /kasa/, /kasa/.
Poi abbiamo la I, che è una vocale anteriore, chiusa, non arrotondata. Che significa? Anteriore perché è davanti, chiusa perché è verso il palato, quindi in alto, non arrotondata perché le labbra non sono arrotondate: vino, mito, Cina, piccolo, birra.
La I dovrebbe essere abbastanza facile per la maggior parte di voi, ma comunque dipende dalla vostra lingua di partenza, perché alla fine è sempre la lingua di partenza che causa dei problemi nella pronuncia della lingua che state imparando.
Passiamo poi alla U, quindi dalla I portiamo indietro la lingua: I - U.
E notate: arrotondiamo anche le labbra, perché sennò avremmo un altro suono, che non è un suono dell'italiano. E come vedete, quindi, l'arrotondamento è fondamentale. U, U, U: fumo, scusa, turno, multa, burro.
Se parlate inglese potreste produrre un suono tipo /uː/ quindi attenzione a non dire fuːmo, scuːsa, tuːrno. Diciamo invece fumo, scusa, U, U, con le labbra ben arrotondate, U, U, U.
Ora arriviamo alla parte più difficile e forse anche più divertente: le vocali medie. Sì, perché quando abbiamo queste due lettere [E, O] e sono accentate, in realtà possiamo avere due pronunce diverse. Possiamo avere la é, possiamo avere la è. Allo stesso modo, anche la O, quando è accentata, può avere due pronunce: ó chiusa, ó, e ò aperta, ò.
E chiusa, é: sera. Quindi la lingua è un po' più in alto, più verso la I, per questo si dice in realtà “semi-chiusa”, non totalmente chiusa, perché sennò sarebbe una I.
É, é, é: quindi avremo inglese, vero, stesso, pesce, me, te; con una pronuncia di questo tipo.
E aperta, è: bene. Quindi da “é” passiamo a “è”, abbassiamo un po’ la lingua, per questo abbiamo una vocale “semi-aperta” oppure “medio-aperta”: è, è, è.
Letto, bene, certo, bello, ecco, problema. Attenzione, la possibilità di avere due suoni, (é oppure è), esiste solo quando la nostra vocale è accentata, come negli esempi che abbiamo fatto. Inglese, vero, stesso, bene, bello, certo. Vedete, in queste parole la “E” è accentata e può avere due pronunce. Quando invece “E” non è accentata, avremo di default un suono chiuso, come la “E” alla fine della parola “cose”, oppure le due “E” non accentate in “veloce”, “cose”, “veloce”.
Ora, se vogliamo essere proprio precisi, non è sempre così. Foneticamente è più complicato e quindi a volte avremo in realtà delle realizzazioni che sono un po' più chiuse, un po' meno chiuse, ma sicuramente non avremo in posizione non accentata una “È”. Non possiamo mai avere una parola come cosè, cosè, oppure vèlocè, vèlocè. Non è possibile. Vélócé. “É”.
Se prendiamo la lettera O abbiamo un fenomeno simile, nel senso che quando la lettera O è accentata abbiamo due possibilità.
O chiusa, ó: Roma. “O” è chiusa come in ora, Roma, croce, quindi /o/, /o/, /o/, con la lingua più in alto, più verso la U. Per produrre la O dobbiamo arrotondare bene le labbra. Vedete quanto sono arrotondate? /o/, /o/, /o/.
Ora, Roma, croce, bisogno, giorno, colore.
O aperta, ò: cosa. In altre parole abbiamo /ɔ/, /ɔ/, /ɔ/. Quindi con la lingua un po' più bassa. Tra l'altro ó è anche più arrotondata, ò è un pochino meno arrotondata.
Porta uomo, scuola, però, dirò, e così via.
Quindi: /o/, /ɔ/.
Come abbiamo visto anche per la E, abbiamo queste due possibilità solamente quando la vocale è accentata, quindi nelle parole che abbiamo visto. Roma, croce, oppure porta, uomo. A volte avremo ó come in Roma, a volte ò come in porta. Ma quando la O non è accentata, come per la E, di default avremo la variante chiusa. Quindi: caldo, questo, orario, orario, orario, sono tutte O chiuse.
Caldo, /o/, /o/, /o/, questo, o chiusa, ó.
Anche qui, a volte, avremo suoni più chiusi e suoni meno chiusi, nella realtà delle cose, dipende dalla parola, dipende dai suoni che circondano la O; ma, in ogni caso, quello che non avremo sarà una (ò) /ɔ/ in vocali non accentate. Non possiamo avere questò, oppure òrariò, òrariò, è impossibile. Questo, orario: chiuse.
Mi potreste chiedere: “ma, Davide, quindi se io ho una E o una O con l'accento, come faccio a sapere se É o È, oppure Ó, o, Ò?”
Bella domanda. Ci sono delle regole che in realtà hanno poi varie eccezioni, e trovate delle liste. Io non vi consiglio di impararle perché sono molto molto complesse e appunto hanno tante eccezioni. Io vi consiglio di iniziare ad ascoltare, e ad ascoltare persone dell'Italia centrale (della Toscana, di Roma) oppure ovviamente doppiatori, persone che hanno la pronuncia neutra, la pronuncia standard, e sentire come pronunciano le parole e iniziare ad abituarvi a questi suoni. Iniziare a sentire prima di tutto che c'è una differenza tra suoni aperti e chiusi, o meglio, semiaperti, semichiusi, e di cercare anche sui dizionari. C'è un ottimo dizionario di pronuncia che si chiama il DIPI, Dizionario di Pronuncia Italiana, ma in ogni dizionario troverete le indicazioni sulla pronuncia aperta o chiusa. Quindi andate a controllare sui dizionari, se vi interessa farlo ovviamente, perché non è una distinzione fondamentale. Come ho detto, tanti italiani non rispettano questa distinzione dello standard o, comunque, non pronunciano le vocali chiuse o aperte nel posto giusto. La maggior parte degli italiani ha due suoni per la E e due suoni per la O, ma magari producono le vocali chiuse quando dovrebbero essere aperte o viceversa. Insomma, dipende molto dalla pronuncia regionale.
C'è un'ultima cosa che vi volevo far notare, ovvero che nelle sillabe aperte, quindi che finiscono per vocale, come in casa, bene, quello che facciamo è allungare la vocale su cui cade l'accento. Quindi caasa, beene. Non è casa, bene, ma caasa, beene.
In spagnolo questa cosa per esempio non esiste, in spagnolo infatti dicono casa, ma in italiano è caasa, caasa, con la vocale accentata più lunga. Attenzione, questo succede soprattutto sulla parola su cui cade l'accento della frase, quindi “sono andato a caasa”, “sono andato a caasa”.
Perché, se dico, per esempio “casa mia è vuoota”, questo fenomeno succederà su vuoota, ma casa, “casa mia”, casa, casa non sarà particolarmente allungato.
“Casa mia è vuoota”, quindi, in questo caso, vuoota.
Se hai seguito con attenzione questo primo capitolo, sai tutto o quasi sulle vocali dell'italiano. Beh, più o meno, ci sono tanti dettagli di cui non abbiamo parlato, ma questa è una buona base. Passiamo ora a un altro argomento interessante. Ti voglio parlare di tre trucchetti di pronuncia per parlare come in madrelingua. Sono tre fenomeni fonetici che forse non conosci, ma sono molto molto importanti.
Oggi torniamo a parlare di uno dei miei argomenti preferiti, la pronuncia. E, nello specifico, vedremo tre trucchetti per parlare più come in madrelingua.
In italiano allunghiamo la sillaba accentata della parola su cui cade l’accento di frase.
Ok Davide, però per favore, parla italiano.
Mi spiego peggio: in ogni frase, c'è una parola su cui cade l'accento dell'intera frase. Prendiamo una frase, per esempio, come: “Domani torno a casa”.
L'accento di frase è su casa, ma potrei dire “domani torno a casa”, non “parto” da casa, non “rimango” a casa, ma torno. O, ancora, “domani torno a casa”, non “oggi“.
Il significato cambia, vedete? E questo è l'accento di frase.
Quindi nel primo esempio, “domani torno a casa”, l'accento di frase è su casa, dentro la parola “casa” l'accento cade su CA, che è una sillaba aperta, finisce per vocale. E dunque allunghiamo la A: caasa.
Sentiamo la differenza se, a questa frase, dopo casa aggiungo mia.
“Torno a casa mia”, “torno a casa mia”.
Ora ad allungarsi è la I: mia, mia.
Mentre casa è più breve, “Torno a casa mia”, “torno a casa mia”.
Oppure “tutto bene”, “tutto bene”: allunghiamo la è di bene, bene; non béne, ma bène.
Ma “è bene che tu torni a casa”. È bene, è bene, bene.
Quindi la È di bene è meno allungata, un pochino allungata a essere puntigliosi, ma meno di caasa, dove cade l'accento di frase.
Se la sillaba invece è chiusa, ovvero finisce non per vocale ma per consonante, tipo cento, che facciamo? Dimmelo tu! Ma è chiaro, allungheremo la consonante.
Venti: allunghiamo la N. Venti.
Venti volte: allunghiamo la L.
Venti volte al giorno: allunghiamo la /r/. Giorno.
Ma comunque trovo che sia più importante farlo nella pronuncia delle vocali: “torno a casa”, “tutto bene”. Provate a integrare questo trucchetto nella vostra pronuncia senza fare però quello che fanno alcuni, cioè l'intonazione da Super Mario.
Ah, intendi questa? “torno a casa, pizza, pasta, sono Mario!”
Ecco, no. [It's me, Mario!]
Anche il secondo trucco riguarda le vocali. Ascoltiamo queste frasi.
Sono andato al mare. Sono andato al mare.
Lo faccio entro domani.
Carlo andava e veniva.
Sentite?
Sono andato al mare.
Lo faccio entro domani.
Carlo andava e veniva.
In questa sequenza di due vocali, tra due parole separate, la prima vocale è molto breve. CARLO-A. LO FACCIO-ENTRO DOMANI. SONO-ANDATO-AL MARE. Adesso sto esagerando per farvi capire. In queste sequenze la prima vocale non costituisce una sillaba ma diventa asillabica. Cioè si fonde, si lega, si unisce alla sillaba successiva.
E di nuovo con questi termini difficili. Davide, parla come mangi!
Ci provo. In una frase come “sono andato al mare”, parlando naturalmente, non avremo otto sillabe. SO-NO-AN-DA-TO-AL-MA-RE, ma soltanto sei, SO-NoAN-DA-ToAL-MA-RE. E, parlando rapidamente, potremmo addirittura dire SON-AN-DA-T-AL-MA-RE, togliendo completamente la prima vocale di queste sequenze, facendo un'elisione. Solo fonetica, però, perché non possiamo scrivere così. L'elisione, infatti, in alcuni casi è obbligatoria anche nella scrittura, in casi che conoscerete: l'articolo LO seguito da parola che inizia per vocale. L'eroe, ecco qui, lo eroe, è proprio impossibile. Con LA l'elisione è molto comune, ma non obbligatoria in realtà. Quindi l'amica è molto più comune di la amica, che però non è impossibile. In questi casi, come ho detto, l'elisione è anche grafica, non solo fonetica, quindi scriviamo l'apostrofo. In casi come “sono andato al mare”, se facciamo una vera elisione totale, l'elisione è solo fonetica e non è comunque obbligatoria. Dipende dalla velocità a cui parliamo e dalla frase in sé. Ma comunque, quando abbiamo due vocali vicine in due parole diverse, sul confine di parola, la prima tende a essere pronunciata molto rapida e a non creare una sillaba.
SONoA, SONoANDAToALMARE, o sonandatalmare.
Ciò però non succede quando la prima vocale è accentata: “andò immediatamente”, “città eterna”. Ecco, qui la O e la A sono ben pronunciate. Sentite la differenza tra “lo faccio entro domani”, lo faccio-e, ccio-e, ccio-e, e “lo farò entro domani”, “lo farò entro domani”.
Abbiamo poi spesso un'elisione fonetica con GLI + articolo. Gli amici degli altri, gli italiani, gli eschimesi. Pronunciando naturalmente queste frasi, la I di GLI non si pronuncia. Graficamente in passato si scriveva proprio gl’italiani con l'apostrofo per non mettere due I consecutive. A me piace questa soluzione ma oggi è molto molto rara, non si fa quasi più. E, ancora, succede una cosa simile in combinazioni come dieci anni, undici anni, dodici anni, fino a sedici anni.
Ah, perché dopo i sedici anni cresci e impari come si pronunciano?
Non hai capito niente. Anche qui la I sparisce. Dieci anni, non è impossibile dieci anni, ma è molto comune diec’anni. E qualcuno dice anche diciott'anni, non tutti. Diciotto anni è abbastanza comune. Quasi tutti diciamo vent'anni, mentre invece diciassett'anni e diciannovanni mi sembrano poco comuni ma non impossibili. Se siete italiani scrivetemi come dite tutte queste cose, mi interessa.
Graficamente comunque scriveremo dieci, undici, dodici per non scrivere diec- apostrofo- anni che sembra diecanni e non va bene.
[Carla ha undici anni]
[in questi undici anni]
[Io sono un’attivista digitale da undici anni]
[Ai sedici anni]
[Mi sento ancora di sedici anni]
[… di Taranto, il suo primo figlio l’ha fatto a sedici anni]
Avete mai notato questa particolarità di pronuncia dell'italiano?
Continuiamo con il terzo trucco, che è un po' particolare. Riguarda la pronuncia delle parole che finiscono per consonante.
Ma, Davide, in italiano non esistono parole che finiscono per consonante.
In parte hai ragione. In italiano, come saprete, generalmente le parole finiscono per vocale. Casa, bello, bene. È vero che ci sono parole grammaticali che finiscono per consonante: con, sul, al, del, per, oppure aggettivi come bel, che sta per bello. Per esempio un bel posto, un bel gatto e altre. Tuttavia, queste parole grammaticali non ci interessano (non c’interessano, non dico “non ci interessano”) perché sono sempre parole atone. Cioè su di loro non cade mai l'accento di frase. Cioè si attaccano, si legano alla parola successiva. A noi interessano piuttosto parole su cui possiamo mettere l'accento di frase. Beh, si dà il caso che in italiano abbiamo molte, sempre più, parole straniere, soprattutto inglesi. E in inglese le parole possono finire per consonante. E dunque, come pronunceremo una parola come blog?
Così: blog, blog. Sentite, aggiungiamo una piccola vocale alla fine della parola, una sorta di schwa. La vocale indistinta tipica dell'inglese in parole come about o below. Blog. G. G.
Ma succede qualcos'altro? Sentiamo con attenzione. Blog. Blog. Sentite, oltre ad aggiungere questa vocale, raddoppiamo anche la consonante precedente. Quindi è come se ci fossero due G. Perché non diciamo blog, ma blog. Blog.
O ancora YouTube, fan, gol, sport, film. Ok, in sport e film la T e la M non si possono raddoppiare, perché sono dopo una consonante. Nelle altre, però, si raddoppia la consonante finale.
[Business prima di andare live su internet]
[Prima di andare live su internet].
[E stop] [No, stop] [No, stop].
[Personaggio dello sport].
[Sul blog]
[Sul blog e quindi]
[È il curatore di forinsenti.com e il curatore del blog incrementovendite.com.]
Poi, in parole come podcast o smartphone alcuni parlanti aggiungono questa vocale pure all'interno della parola perché alcune combinazioni come dc in podcast o rtf in smartphone in italiano sono davvero innaturali e quindi diciamo podcast e smartphone. È abbastanza comune farlo.
Io infatti queste parole non le so dire. Postcast. Porca. Polca.
Attenzione, quando la parola che finisce per consonante [Podcast!] è seguita da una che inizia per vocale [Italiano!] non si aggiunge niente, non è necessario. Podcast italiano. Sport estremo. Gol incredibile. Non si aggiunge niente. E nemmeno quando abbiamo sequenze di consonanti che sono possibili in italiano e non ci danno fastidio. Per esempio “sono un grande fan-di questo gruppo”: ND è possibile in italiano. Andare. Mondo. Oppure “ha fatto un gol bellissimo”. LB è possibile, per esempio alba. Ma se diciamo, per esempio, “mi piace fare sport con gli amici” molti parlanti aggiungerebbero una vocale dopo sport.
Sportəkon, Sportəkon.
Perché TK, TK è in naturale in italiano, e non diciamo sporTKon ma sportəkon.
[E che c'entra lo sport con tutto questo?]
[Famiglia che anche facendo sport con gli amici]
[Podcast]
[C'è anche in podcast]
[Il podcast]
C'è chi ci prende in giro per questa caratteristica di aggiungere mille vocali [It's me!] ed **è una caratteristica molto evidente quando parliamo lingue straniere come l'inglese [the result are not good]. Tuttavia fa parte della nostra fonologia, della nostra pronuncia, e personalmente io non direi mai fan, blog, podcast, smartphone parlando italiano ma fan, blog, podcast, smartphone. Pronunciare all'inglese, anche se uno sa farlo, parole che si usano nella lingua di tutti i giorni, ormai, sarebbe a mio avviso abbastanza pretenzioso e snob. Snob.
Bene, questo era un argomento molto pratico. Ora voglio fare un passo indietro e parlare di qualcosa di un po' più teorico, ma sarà comunque molto interessante e molto utile. Vedi, spesso si dice che l'italiano è una lingua fonetica, che si legge come si scrive. Ma è vero? Voglio affrontare il rapporto tra ortografia dell'italiano, cioè come si scrive, e fonetica dell'italiano, cioè come si pronuncia, quali sono i suoi suoni. Un rapporto che è spesso amichevole, ma che nasconde delle insidie.
L'italiano si legge come si scrive: è una lingua fonetica. Vero?
Oddio, così mi fai paura.
Questo è uno di quei cliché che noi italiani amiamo ripetere a pappagallo, per sentito dire, un po' come “l'italiano è una lingua difficilissima”, “l’italiano è la lingua più bella del mondo”, “non ci sono più le mezze stagioni”, “governo ladro”.
Ma gli ultimi due cosa c'entrano con la lingua italiana?
Shh! L'italiano si legge veramente come si scrive?
Vabbè dai, questo si sa, l'italiano è una lingua fonetica. Dai, non facciamo sto video…
A parte che, cosa vuol dire lingua fonetica? Semmai “ortografia fonetica”. Ma poi che cosa si intende con questa frase, “l'italiano si legge come si scrive”?
A mio avviso, due cose. La prima è questa: generalmente, se vediamo una parola nuova, in italiano sappiamo come si pronuncia e, generalmente, se sentiamo una parola che non abbiamo mai letto siamo in grado di scriverla, generalmente. Contrariamente a una certa lingua, non faccio nomi, dove ci sono dodici possibili pronunce per una combinazione di quattro lettere; ma non faccio nomi. Vero, lingua inglese?
Bene, quindi l'italiano è una lingua fonetica; l'hai detto pure tu. Quindi io prendo le mie cose e me ne vado.
Ma cosa fai? Ma sei impazzito? Ma torna qui! Ho detto “generalmente”, non hai sentito?
Ci sono alcuni aspetti, anche importanti, in cui l'ortografia italiana è abbastanza ambigua e inefficiente. Io ne ho scelti cinque.
La S, in italiano, ha due valori: /s/ e /z/. Serio e rosa.
La domanda che sorge spontanea è…
La domanda che sorge spontanea è…?
E dai, è facile…
Quale scegliere?
Grazie per la domanda. Beh, ci sono alcune regole che funzionano sempre: all'inizio di una parola per esempio abbiamo sempre /s/ : “sono un signore serio di Siena”; nessuno sano di mente direbbe mai “zono un zignore zerio di Ziena”, a parte forse i tedeschi. Prima di una consonante sorda avremo sempre /s/ : storia, scarso, speranza, sforzo; e prima di una consonante sonora avremo /z/: sdegno, sgarrare, sbagliato, svelare. Poi, se la S segue una consonante, è sempre /s*/ : pensiero, falso, corsa, transizione.* Questo lo dico a chi è del Nord, come me, che ho sempre detto tranZizione.
Ma come ci comportiamo con la S tra due vocali?
E qui abbiamo qualche problema in più, perché inglese o inglese, francese o francese, casa o casa?
Ma che stai dicendo?
Eh, guarda che la pronuncia neutra tradizionale fa delle distinzioni, /z/ in alcune parole e /s/ in altre. Ingle/s/e ma france/z/e, co/s/a ma ro/z/a. Insomma, dipende dalla parola, in realtà.
No, questa te la sei inventata. Dai, inglese lo dicono a Roma o al Sud, semmai inglese.
Vai a vedere, apri un dizionario.
Inglese. Ma c'hai ragione, ma… mi sembra un po' strano, però. Inglese.
A dire il vero oggi, la pronuncia neutra moderna, quindi quella che usano i doppiatori, gli attori di teatro, tende a preferire /z/ sempre tra due vocali, quindi inglese, cosa, francese. Io parlo così, non dico mai così, casa, inglese, ma così, casa, inglese. Quindi prendiamo per buona questa regola che è più semplice. Tra due vocali si dice /z/.
Ma non finisce qui, perché ci sono i composti. Qualsiasi o qualsiasi. Beh, se percepiamo questa parola come un composto, qualsiasi, allora /s/ ha senso, ma se la percepiamo come una parola unica, e magari siamo del Nord, tenderemo a dire qualsia/z/i. Lo stesso per vendesi e vende/z/i. Presentimento e pre/z/entimento. La grafia non ci dà una mano, non ci dice se dire /s/ o /z/ .
La grafia ci dice… fate un po' quello che volete!
Mi piace! Nella lingua e nella vita bisogna seguire il proprio istinto, quindi io ora me ne vado….
Stai qui.
Un'altra lettera ambigua è Z, che può indicare sia /ts/ sia /dz/ .
E come facciamo a scegliere?
Il problema qui è che ci sono ancora meno regole rispetto alla S.
Abbiamo azione ma azienda, zozzo ma rozzo, pezzo ma mezzo, ammazzare ma organizzare, alza e garza. Per non parlare delle mille variazioni regionali, c'è chi dice alzare e chi fazzoletto, al posto di alzare e fazzoletto, che sono un po' più comuni e più standard, c'è chi dice sgabuzzino e chi sgabuzzino, menzogna e menzogna, razzismo e razzismo, pranzo e pranzo. C'è molta variazione nella pronuncia della Z in Italia. Insomma, anche la Z è un casino, la sua pronuncia non è prevedibile. E vi ricordo anche un'altra cosa, che in parole come azione, situazione, ambizione, di Z ne scriviamo una, ma ne pronunciamo due.
Sebbene l'italiano non abbia troppe lettere mute (al contrario di un'altra lingua di mia conoscenza) ce ne sono alcune. Abbiamo parlato in questo video dell'H etimologica nel verbo avere. A proposito, andate a vedere questo video, non l'avete apprezzato molto, io mi sono messo di impegno per farlo.
Vabbè, pure tu, cioè, pretendi che un video sull'H diventi virale, cioè, un minimo…
Effettivamente.
Ma c'è pure la I, non quella di Ciao e Gianni, che non si pronuncia, ma è fondamentale per distinguere C da C, quindi ha una funzione. No, parlo della I in parole come scienza, coscienza, ma non conoscenza, efficiente, sufficiente, specie, superficie, cielo. E so bene che c'è una spiegazione etimologica per queste I mute, ma è davvero necessario mantenerle se 1) non si pronunciano; 2) non hanno una funzione, come la I di Ciao e Gianni; e 3) da piccoli e da adulti creano problemi quasi a tutti. E non mentite, perché vi hanno creato problemi, sono sicuro. Per non parlare delle I nei plurali, che non ho mai capito, cioè, le ho capite, ma non mi sono mai piaciute. Camice, valigie, ciliegie con la I e pronunce, mance, province senza I. E conosco la regola. Se prima della C o della G c'è una vocale, si mette la I dopo. Ma mi sembra comunque un po' superflua, non si pronuncia. A parte che a Roma c'è questa via e Oriana Fallaci ha scritto questo romanzo, quindi...
Non è un video di Podcast Italiano se a un certo punto non menziono le vocali medie. Oramai pure i muri sanno che in italiano standard, nelle sillabe toniche dove cade l'accento, si possono usare...
Sette vocali. Però scusa, io non sono un muro, eh. Un po' di rispetto per la mia professionalità.
Bravo. Tieni questa penna.
Quindi questo è un altro aspetto che viene totalmente trascurato dall'ortografia.
Collega il cavo o collega di lavoro? (Vabbè, lui è più uno schiavo in realtà).
Venti persone o venti del deserto?
Una botte di vino o ti riempio di botte?
Oh.
Ecco, il fatto che l'ortografia non ci dica quale vocale usare, secondo me, è ciò che ha portato alle varie pronunce regionali della E e della O. E questo vale anche forse per la S e per la Z. Cioè, è proprio questa la causa del fatto che in Italia, chi non vive nelle regioni linguisticamente centrali, pronuncia la E e la O in modi così diversi, così variabili, perché l'ortografia non ci dice quale pronunciare e per noi del nord e del sud che parlavamo dialetti piuttosto diversi dalle lingue dell'Italia centrale, che erano più affini all'italiano, non era naturale scegliere i suoni giusti.
L'ortografia, anche in questo caso, ci dice “…scegliete un po' il suono che volete”. Ah, a proposito, in passato c'è stato chi ha provato a risolvere il problema. O a risolvere. Gian Giorgio Trissino, nel 500, propose le lettere Epsilon e Omega per indicare E e O aperte, poi ha scambiato la O e l'Omega, ma evidentemente la sua proposta non ha preso piede.
A proposito del buon vecchio Gian Giorgio, vi confesso che per molto tempo ho letto il suo cognome, Trissino, un po' come un Grissino, forse perché sono torinese. Prima di imparare che in realtà si pronuncia Trìssino. E questo perché io ho sempre letto il suo cognome, non l'ho mai sentito, e in italiano la pronuncia Trissìno, l'accento sulla penultima sillaba, è naturale. Ma è sbagliata. Questo è un grande problema per chi impara l'italiano. Se avessi un euro per ogni volta che ho sentito uno straniero dire Bergàmo al posto di Bèrgamo, avrei almeno 15 euro, ecco. Meno 15.
Vabbè dai, però noi italiani non abbiamo ‘sti problemi. Bergàmo, ma chi lo dice?
Ti sbagli, perché questo è un problema che abbiamo anche noi madrelingua, almeno in quattro casi, con alcune parole che gli italiani pronunciano in più di un modo. Èdile o edìle, amàca o àmaca, Frìuli o Friùli. La grafia non ci aiuta. Con i toponimi, i nomi di luoghi, solo uno straniero direbbe Bergàmo. Ma prendiamo questa: io abito vicino a una cittadina che si scrive così [Rivoli]. Voi come la pronuncereste? La pronuncia corretta è Rìvoli, non Rivòli. Ma se voi non abitate da queste parti, non avete modo di saperlo. Nelle parole omografe, cioè parole che si scrivono allo stesso modo. Prìncipi o princìpi, lèggere e leggère, sùbito o subìto. Qui in realtà spesso si indica l'accento per togliere l'ambiguità, ma non si fa sempre. Con i cognomi: conoscete questa marca di vestiti? Come la pronunciate?
Questa la so, Bènetton.
Non avevo dubbi che l'avresti pronunciata così, ma no. Questa marca viene da un cognome veneto che si pronuncia Benettón, come tutti i cognomi veneti e friulani che finiscono con la N: Padoan, Trevisan, Visentin. E anche se qualcuno dice Bènetton, è sbagliato. Ma la grafia non ci aiuta.
Riguardo all'accentazione, ci sono lingue che fanno francamente molto peggio di noi. Russo, inglese. Ma c'è una lingua che fa molto meglio di noi. Lo spagnolo. Lo spagnolo è bello perché ha un sistema molto preciso, anche se è un pochino complicato, che permette di sapere sempre dove cade l'accento. Non ci si può sbagliare.
Bene, quindi l'ortografia dell'italiano non è sempre affidabile. Ma allora, di cosa possiamo fidarci per capire come si pronuncia l'italiano o una lingua in generale? Beh, uno strumento utile è l'alfabeto fonetico internazionale, ovvero quei simboli particolari che spesso mi vedi usare quando parlo di pronuncia. Ti propongo ora un video tratto dal mio video-corso completo di pronuncia Fonetica Italiana Semplice, dove cerco di rispondere proprio alla domanda “ma è utile imparare questo alfabeto?”
Nella scorsa lezione ho brevemente spiegato che cos'è l'alfabeto fonetico internazionale, ovvero un alfabeto speciale che ci permette di sapere con buona precisione come si pronuncia una parola in ogni lingua. In inglese si chiama International Phonetic Alphabet, spesso abbreviato in IPA in italiano AFI. Devi sapere che io sono un grande stimatore dell'alfabeto fonetico e ti spiegherò perché in questa lezione. Per questo, nel corso, userò simboli dell'IPA e te li spiegherò, ogni volta che ne incontreremo uno nuovo. So che non tutte le persone che insegnano la pronuncia usano l'alfabeto fonetico, ma io penso sia molto utile.
Questi sono i simboli IPA o AFI della lingua italiana e corrispondono ai fonemi, cioè i suoni, della lingua italiana. Potresti riconoscere già alcuni simboli perché sono identici alle lettere dell'italiano, altri invece probabilmente non li conosci. Non ti spiegherò che cosa significano tutti questi simboli adesso, lo vedremo man mano che parleremo dei suoni dell'italiano. Ti voglio però cercare di convincere dell'utilità dell'alfabeto fonetico.
Perché imparare l'IPA?
- È scientifico e preciso. L'ho già detto e non mi ripeterò troppo, ma l'alfabeto fonetico è il modo più scientifico che ci sia per visualizzare la pronuncia di una parola o frase. Come rappresenteresti con le lettere dell'alfabeto il suono ʒ, che in italiano è presente in parole straniere come garage? Pensaci, magari la tua lingua ha una singola lettera che indica questo suono ma, per esempio, se parli inglese non avrai una singola lettera o combinazione di lettere che lo indica. Con l'IPA è semplice, il simbolo corrispondente è questo [ʒ].
L'IPA è bello perché ti permette di visualizzare con chiarezza e precisione i fenomeni fonetici e fonologici, ci torniamo, di una lingua, senza ricorrere a spiegazioni vaghe e poco scientifiche. Purtroppo l’IPA spesso non si insegna, a mio modo di vedere, perché gli stessi insegnanti non lo conoscono e non ne apprezzano il valore.
- È veloce da apprendere. Come ho detto, non ci serve conoscere tutti i simboli IPA esistenti, ci basta conoscere quelli della lingua che stiamo imparando. Per l'italiano sono circa una ventina, molti dei quali corrispondono a lettere che già conosci. Non è così difficile, te lo garantisco.
- Ti tornerà utile per altre lingue. Alcuni dei simboli che imparerai per l'italiano saranno gli stessi che troverai nell'alfabeto fonetico di altre lingue, perché i suoni sono gli stessi, o più o meno gli stessi. In questo corso ovviamente non vedremo tutti i simboli IPA, sono tantissimi, ma solamente quelli della lingua italiana. E se poi vorrai usare l'IPA per altre lingue, o magari per la tua lingua, ti basterà imparare alcuni simboli extra che in italiano non servono e non usiamo.
Obiezione: ma ci sono persone che non sanno l'IPA e parlano benissimo. Beh, l'IPA non è uno strumento fondamentale, niente è fondamentale. Ci sono persone che riescono a imparare benissimo la pronuncia di una lingua senza alcuna conoscenza dell*'IPA*, ma si tratta probabilmente di persone che hanno un orecchio sopra la media e partono quindi con un grande vantaggio. E, comunque, anche chi ha un talento per la pronuncia può trovare utile l'IPA. Io stesso credo di aver tratto grandi vantaggi dalla conoscenza dell*'IPA* per varie lingue, sebbene, in generale, abbia un buon orecchio. A volte solo quando leggi la trascrizione fonetica di una parola ti rendi conto di alcuni fenomeni che ad orecchio non eri in grado di sentire.
Ricorda, nessuna tecnica o strumento di cui ti sto parlando in questo modulo è realmente fondamentale quando si impara la pronuncia, ma tutto può essere utile.
Bene, voglio tornare un po' indietro e parlare di metodo. Come si impara effettivamente la pronuncia? Come forse sai, ho un mini-corso gratis che tratta proprio questo argomento e oggi voglio proporti un video tratto da quel mini-corso che ho pubblicato anche su YouTube qualche tempo fa. Voglio parlare di cinque tecniche molto efficaci per imparare la pronuncia, ideate dal fonetista inglese Geoff Lindsey e esposte in un suo libro molto interessante. Il metodo si chiama SMART e ora te ne parlo.
Oggi voglio presentarti alcune tecniche utili per lavorare alla tua pronuncia in italiano, ma che in realtà si applicano a qualsiasi lingua. Questo video si basa su un libro del fonetista inglese Geoff Lindsey che ha uno stupendo canale YouTube in cui parla di fonetica dell'inglese. Il libro si chiama Smart Speech e vi consiglio davvero di acquistarlo. SMART ovviamente è un acronimo e ogni lettera sta per una tecnica o principio. Vediamoli.
- SLOW, lento o piano. Quando ci esercitiamo nella pronuncia dobbiamo andare piano. Sembra facile ma non lo è per nulla. La maggior parte degli studenti quando si esercitano nella pronuncia tende ad andare ai mille all'ora. Questo perché nella nostra lingua siamo abituati a parlare velocemente, a realizzare complessi movimenti articolatori di cui nemmeno ci rendiamo conto e tutto questo alla velocità della luce. È solo rallentando, però, che iniziamo ad accorgerci di quello che succede nella nostra bocca e riusciamo ad esercitarci efficacemente. Possiamo rallentare sia le vocali sia le consonanti, anche se con queste ultime è un po' più difficile. Prendiamo per esempio le parole bello, cane, razzo e rallentiamole. Facciamo un bel respiro prima perché avremo bisogno di aria e poi andiamo.
Bello, cane, razzo.
Alcune consonanti possono sembrare più difficili di altre da rallentare, per esempio P, T, K e B, D, G. Questi suoni iniziano con un'esplosione. Come si può rallentare un'esplosione di aria? Non si può. Ma, prima dell'esplosione, c'è un momento in cui il passaggio d'aria è bloccato. Questo momento prima dell'esplosione. Ecco, possiamo allungarlo.
Paaaas-ta.
Hai sentito quel silenzio poco prima dell'esplosione, della P, ma anche della T? Subito dopo?
Paaasss-ta.
Quella pausa, soprattutto prima della P, può sembrarti strana ma in realtà esiste anche nella realtà, solo è così breve che non ce ne accorgiamo. Ecco la prova.
Pasta.
Le consonanti B, D, G, sonore, in questa fase in cui la fuoriuscita di aria è bloccata, hanno una vibrazione delle corde vocali. Proviamo con la parola dado.
Daaaa-do.
Senti quel…? Dado, dado.
Questa tecnica poi ci aiuta anche a legare tra loro le parole. Proviamo con una frase.
Maria ha comprato il latte al negozio.
Possiamo usare questa tecnica per esercitarci con le doppie, per esempio, e esagerarne la lunghezza.
Bellllllo.
Se invece abbiamo una doppia occlusiva, in cui quel momento in cui l'aria è bloccata, che abbiamo visto prima, è più lungo del normale, appunto se è una doppia, possiamo esercitarci a renderlo ancora più lungo, quindi gatto.
- Questo si collega alla seconda tecnica: MORE, più. Quando impariamo una lingua straniera, tendiamo a pronunciare i suoni usando il sistema fonetico della nostra lingua madre. Ecco, per evitare ciò, Prof. Lindsey spiega che bisogna fare un lavoro di distruzione e ricostruzione delle nostre abitudini. E lo si fa, per esempio, con l'esagerazione. More, più. Esagera dunque, fai più del necessario per pronunciare un determinato suono. Questo perché, in una conversazione normale, le cattive abitudini tendono a ritornare. Se quando ti eserciti fai più del necessario, articoli in maniera esagerata, tenderai ad avere una pronuncia più normale quando poi parlerai in contesti reali. L'idea è quindi di accentuare le caratteristiche di un suono a cui stiamo lavorando, qualsiasi esse siano. Se tendiamo a pronunciare la A troppo indietro nella bocca, tipo /ɑː/, possiamo esagerare, fare più del necessario e portarla più avanti del dovuto.
æ, æ, æ.
Ccaaasa. Caaasa. Ccaaasa.
Se non riusciamo a dire le doppie, come abbiamo visto prima, esageriamo nella lunghezza. GATT-TO. Come vedi, il primo e il secondo principio vanno a braccetto. Ma non si tratta sempre di esagerare la lunghezza o il volume. Possiamo anche esagerare la brevità di un suono. Per esempio, la vocale prima della doppia in bEllo, quella E, è molto breve perché c'è la doppia. Quindi BE-BE-BE-BE-BE. Quindi possiamo renderla ancora più breve e staccata e al contempo esagerare tantissimo la doppia.
BELL-LO, BELL-LO.
Quando impariamo una lingua siamo indotti a vedere le frasi come un insieme di parole staccate. Questo perché nella scrittura mettiamo degli spazi tra le parole ma, normalmente, non parliamo così. Bensì colleghiamo le parole in un'unica catena fonica. Pronunciare bene parole singole è un conto, è più complesso pronunciare una frase intera in maniera fluida.
Lindsay la definisce una corsa a ostacoli, ed è vero, perché dobbiamo superare una serie di difficoltà fonetiche poste dalla nostra lingua madre. Prendiamo una frase come “Maria ha comprato il latte al negozio”.
Se la nostra madrelingua è l'inglese, per esempio, pronunciare bene la R, pronunciare la A finale di MARIA e non farla diventare uno schwa, MARIA; dire HA COMPRATO IL LATTE in maniera legata e non dire HA COMPRATO IL LATTE, non dire AL ma AL con la L italiana.
Ecco, tutte queste sono tante difficoltà una dopo l'altra. Ora, abbiamo già visto che rallentare è utile, ma un'altra tecnica è l'anticipazione. Un po' come un pianista non legge il suo spartito battuta per battuta, ma con la vista, con gli occhi ed è già qualche battuta avanti, anche noi nella nostra pratica di pronuncia possiamo mentalmente prepararci ai suoni che stanno per arrivare. Come? Costruendo le frasi al contrario. Sembra strano, ma vi spiego.
Prendiamo la frase di prima, la costruiremo così:
Negozio.
Al negozio.
Latte al negozio.
Il latte al negozio.
Comprato il latte al negozio.
Ha comprato il latte al negozio.
Maria ha comprato il latte al negozio.
È come se la nostra mente avesse nel mirino la parte finale della frase, e questo ci aiuterà a collegare meglio le parole tra di loro. Se una frase ti causa problemi, prova a costruirla dalla fine, tenendo a mente anche i primi due principi. Vai piano e esagera.
- REPEAT, ripeti. C'è poco da fare, senza l'esercizio è impossibile padroneggiare la pronuncia o qualsiasi attività motoria. Perché questo è la pronuncia, un'attività motoria. Gli studenti di lingue semplicemente dedicano poco tempo alla pronuncia e moltissimo tempo a tutti gli altri aspetti della lingua, che sono importanti ovviamente. Questo porta loro ad avere magari una grammatica e un lessico avanzati, ma una pronuncia carente. Spesso si dà la colpa a una presunta mancanza di orecchio o di talento, e per carità, la predisposizione per gli accenti esiste sicuramente, ma è anche una questione di dedicare il giusto tempo alla pronuncia. Ripeto, è un'attività motoria, bisogna esercitarsi. Tra l'altro, se rinforziamo una cattiva abitudine, diventerà più difficile sradicarla col tempo, un po' come un movimento in uno sport che facciamo da sempre con una tecnica sbagliata e facciamo fatica a cambiare, ma non è impossibile. Bisogna distruggere la cattiva abitudine e ricostruirne una nuova. Per far ciò è fondamentale la ripetizione, e Lindsey consiglia alcune tecniche interessanti:
-Looping, che significa prendere una nuova parola o frase e ripeterla? Tante volte, all'ossessione, in questo modo stiamo rendendo le nuove abitudini meno coscienti e più automatiche. Difatti l'obiettivo è automatizzare le nuove abitudini, un po' come quando impariamo a guidare la macchina col cambio manuale e vogliamo che quella complessa sequenza di movimenti diventi automatica, inconscia. Ciò che prima era stressante deve diventare la routine, deve essere quasi noioso. Questa è una tecnica che ho sempre usato anch'io. Trovo che ripetere ossessivamente parole o frasi aiuti moltissimo, un po' come fa un musicista con un passaggio difficile, lo prova tante volte, finché non gli viene. Imparando l'inglese, per esempio, mi capitava di fare questo esercizio con combinazioni ostiche di suoni come is this, is this, is this, is this, is this, is this, is this, is this, is this, is this, o through, through, through, through, through, through, through.
L'esercizio di due secondi è un modo di esercitarsi quando ci capita, in qualsiasi momento della giornata. L'idea è questa. Ci viene in mente una parola o una frase e la diciamo subito ad alta voce. Ovviamente se non siamo in situazioni dove farlo è un po' strano, ecco. Si tratta di un esercizio immediato, che può diventare un pochino più lungo se aggiungiamo le altre tecniche, l'esagerazione, la costruzione al contrario, eccetera. Ma l'idea è proprio di non metterci troppo tempo. Questo perché molti trovano noioso dedicare anche solo dieci minuti alla pronuncia ogni giorno. Ecco, in questa maniera, lo faremo nei ritagli di tempo. Tre secondi di qua, due di là, cinque di qua e magari nell'arco di una giornata accumuliamo qualche minuto. Anche questa è una cosa che ho sempre fatto intuitivamente ed è, secondo me, molto utile.
- Cambiare parole o suoni chiave. Lo sappiamo, un conto è esercitarsi a pronunciare un suono, quando siamo da soli e nessuno ci guarda. Un conto è usare questi suoni nella realtà, nelle conversazioni. Tornando alla metafora musicale, è come un musicista che suona di fronte a un pubblico, ecco, è diverso. A volte imparare un sacco di informazioni nuove e volerle applicare, tutte insieme, può sembrare ed è un compito difficile, più grande di noi. Ed è per questo che è utile, quando parliamo, quando stiamo effettivamente conversando, concentrarsi su un singolo dettaglio o su pochi dettagli, magari su una singola parola chiave che contiene il suono con cui ci stiamo esercitando e provare a pronunciare quello bene, non applicare tutto insieme. Conversare significa concentrarsi su un sacco di cose, sulla scelta delle parole, sulla grammatica, cercare di non dire scemenze e, a volte, semplicemente non abbiamo abbastanza risorse mentali da dedicare anche alla pronuncia. Parti quindi da una singola parola o un singolo suono difficile e concentrati solo su quello, lascia da parte tutto il resto nelle conversazioni.
- TURN, torna indietro. Questa è una delle tecniche più affascinanti. Lindsey ci dice che una volta che abbiamo padroneggiato un suono o una parola, dovremmo tornare a come lo pronunciavamo prima, e fare un paragone. Cioè, se hai appena imparato a dire, che ne so, la doppia T in gatto, torna a pronunciare la parola come la dicevi prima. Gato, gato o qualcosa così. Puoi farlo, per esempio, usando anche le parole italiane che esistono nella tua lingua, gli italianismi. Per esempio prosciutto, spaghetti, scenario, opera. È probabile che la tua lingua abbia queste parole, no? E magari contengono dei suoni difficili per te. Una volta che senti di aver imparato uno di questi suoni, torna alla vecchia pronuncia. Magari pronuncia questi italianismi come ti viene nella tua lingua madre. Questo esercizio ti renderà più consapevole della differenza articolatoria tra il suono italiano che hai imparato e il suono della tua lingua che ti verrebbe da usare.
E poi un bonus: echo talk. Questa è una tecnica bonus collegata al quarto principio della ripetizione. Mi piace tradurre echo talk con “parlata a pappagallo”. Lindsey consiglia di ripetere le frasi che diciamo, per esempio mentre ci esercitiamo a parlare da soli o con un insegnante (ecco, prima magari è meglio spiegare all'insegnante questa nostra stranezza), una seconda o una terza volta. Cioè, non ci limitiamo alla frase come ci viene, appena l'abbiamo detta la ripetiamo. E ripetere è utile perché ci permette di concentrarci solo sulla pronuncia e non alla creazione della frase in sé, che richiede molte energie mentali. Quindi, che ne so, sto parlando col mio insegnante e dico “Stamattina ho fatto sport. Stamattina ho fatto sport”. La stessa cosa la possiamo fare quando leggiamo. È meglio qui prendere piccoli pezzetti di frase, brevi abbastanza da essere memorizzabili e, molto importante, ripeterli senza leggere una seconda volta. In questa maniera non dedichiamo risorse mentali alla lettura, ma solo alla pronuncia. Di solito quando ripetiamo una frase, riusciamo a dirla meglio la seconda volta. Per questo motivo è utile non fermarsi al primo tentativo, che sarà il peggiore, ma riprovare una seconda e una terza volta.
Bene, ricapitolando i principi: Slow, vai piano. More, esagera. Tre: anticipate, anticipa, con la tecnica della costruzione al contrario delle frasi. Quattro: repeat, ripeti con il looping, la tecnica dei due secondi, la tecnica delle parole o dei suoni chiave. E infine anche l'echotalk che abbiamo appena visto. Infine turn, cioè torna alla vecchia pronuncia.
Questo libretto è davvero molto interessante e spiega con grande chiarezza e anche in maniera concisa, ma ovviamente più approfondita di questo video, questi cinque principi. Quindi acquistalo, se ti interessa l'argomento. Tanto costa tipo sei euro su Kindle, quindi vale la pena. E ovviamente visita lo stupendo canale YouTube del prof Lindsey se ti interessa la pronuncia dell'inglese.
Bene, torniamo però alla pronuncia dell'italiano, nello specifico. Facciamo un passo indietro e affrontiamo un argomento un po' controverso. Ma esiste una pronuncia neutra o standard in italiano? Non tutti gli insegnanti o i linguisti ti daranno la stessa risposta ma, se vuoi la mia opinione, beh, sì, esiste una pronuncia standard, ma no, non si parla in un posto specifico. E allora dove si parla? Chi la parla? Lo vediamo nel prossimo capitolo tratto dal mio video-corso Fonetica Italiana Semplice.
In questo corso intendo insegnarti la cosiddetta pronuncia neutra o standard dell'italiano, nello specifico la pronuncia neutra moderna. Ma che cos'è? Esiste realmente? La parla qualcuno, a parte me? Partiamo da qui. La pronuncia neutra in italiano è un po' un'astrazione. Nessun italiano, crescendo, impara a parlare esattamente come me in questo momento. Ogni accento regionale si discosta, per alcune caratteristiche, dal modello standard. Sai che l'italiano storicamente viene dalla lingua di Firenze. La pronuncia standard o neutra dell'italiano nasce a partire dal cosiddetto fiorentino emendato, cioè un fiorentino ripulito da alcune caratteristiche prettamente regionali. E se sei mai stato a Firenze o hai mai sentito parlare un fiorentino, ti sarai reso conto o resa conto che il loro accento è molto particolare, decisamente difficile da capire per uno straniero e a volte pure per noi italiani. Ma per altri aspetti fonetici, il loro accento è la base di una pronuncia standard o neutra. La pronuncia standard, essenzialmente, sarebbe l'accento fiorentino meno alcune caratteristiche. Questo modello, dicevo, viene impiegato da alcune categorie professionali, quelle dei professionisti della parola: doppiatori, attori di teatro, speaker radiofonici, giornalisti, anche se oggi in tv si sentono molti più accenti regionali, chiunque lo voglia imparare.
Tuttavia la “dizione”, faccio le virgolette, che viene comunemente insegnata nei corsi di dizione, è un po' più rigida del modello che ti presenterò io. Seguo alcune regole che oggi non sono più attuali, né a Firenze né tra molti professionisti della parola. Io mi baso su un altro modello, meno rigido rispetto a quello tradizionale, insegnato in questi corsi di dizione. La pronuncia moderna di Luciano Canepari. E chi è, mi dirai?
Canepari è un linguista e fonetista molto importante che ha scritto molti libri sulla pronuncia neutra dell'italiano, tra cui il fondamentale MAPI. Ecco questo mattone qui, ovvero Manuale di Pronuncia Italiana. È un libro piuttosto spesso e anche piuttosto tecnico ma, a chi di voi volesse approfondire l'argomento dopo questo corso, consiglio la lettura di questo manuale.
Fondamentalmente per il fatto che questo modello moderno di Canepari non tiene conto solo della pronuncia tradizionale, quella più fiorentina, ma anche della pronuncia, delle pronunce, dell'Italia centrale intera. E con “Italia centrale” non ci riferiamo all'Italia centrale geografica, ma all'Italia centrale fonetica. Queste sono, secondo Canepari, le regioni standardizzanti, in cui i dialetti sono strutturalmente molto simili all'italiano, che alla fine deriva dal toscano. Dunque, a livello fonetico, le regioni centrali sono considerate quelle più genuine, nel senso che rappresentano il più naturale sviluppo fonetico della lingua italiana, a partire dal latino. Ma la distanza tra italiano e dialetti del sud, e soprattutto del nord, è maggiore. Di fatto al Nord e al Sud l'italiano è stato imparato partendo da un modello di pronuncia dialettale. Ti ricordo che fino alla metà del Novecento l'italiano era parlato molto poco. Oggi tutti, bene o male, sappiamo l'italiano in Italia, ma le pronunce dialettali sono rimaste, magari un po' meno forti di un tempo. È come se questi accenti, per così dire, dialettali o stranieri, stranieri nel senso di estranei all'Italia centrale, ecco, come se si fossero fissati, diventando accenti regionali dell'italiano.
E non c'è nulla di male, secondo me, in questo. Io amo la ricchezza di accenti e penso sia affascinante. Ciò detto, mi pare giusto che il modello di riferimento sia la fonetica delle regioni dell'Italia centrale. Ora, così come nel modello tradizionale, anche in quello più moderno di Canepari, non è che tutto ciò che si fa foneticamente nell'Italia centrale è oro e va accettato senza pensare. Sennò parleremo come in Toscana, dicendo “la hoha hola hon la hannuccia horta horta”. E non parlo così, come vedete. I due modelli hanno comunque molte somiglianze, non sono troppo diversi. Quello tradizionale è un po' più rigido e ancorato nel passato. Quello moderno di Canepari è più flessibile e meno dogmatico. Resta il fatto che il modello di Canepari si fonda sempre e comunque su un modello fonetico centrale, foneticamente, che quindi esclude categoricamente gli altri tipi di italiano, uno su tutti il modello milanese, che oggigiorno in Italia è molto influente.
Si tratta dunque di un modo di parlare artificiale? Beh, dipende dai punti di vista. Cioè, come ho detto, è un modello che va imparato, non è naturale e nativo per nessun italiano. Ma questo non è, secondo me, necessariamente un male. Significa che l'italiano neutro appartiene a tutti e a nessuno. Non c'è stata un'imposizione di un accento regionale su tutto il territorio nazionale, come è successo di fatto in altri paesi. E quindi questo modello ha un vantaggio, è aregionale. Un italiano che mi sentisse parlare in teoria non dovrebbe essere in grado di determinare da quale regione italiana io provenga. È un modo di nascondere la mia reale provenienza, che in determinati contesti, per i professionisti della parola, può aver senso voler fare. Questo non significa, non significa, che gli accenti italiani siano sbagliati o scorretti, come sostiene anche qualche insegnante di dizione. Ritengo che ogni accento italiano, per il semplice fatto di essere usato in Italia, sia legittimo. Il mondo è bello perché è vario. Ma il modello neutro è utile, è un po' come un abito elegante, non passa mai di moda e va sempre bene.
Bene, forse questo video ti ha chiarito le idee su che cos'è la pronuncia neutra o standard dell'italiano. O magari te le ha complicate, anche questo è possibile. E magari ti farà venire voglia di scoprire di più su questo modello, di imparare magari la pronuncia neutra. Se vorrai, come ti ho già detto, ho un video-corso super completo dedicato a questo argomento, da cui era tratto quest'ultimo capitolo. Il corso si chiama Fonetica Italiana Semplice e ti lascio il link in descrizione. Ora, abbiamo visto che cos'è questo modello neutro, ma il dato di fatto è che gli accenti in Italia variano moltissimo di regione in regione, di città in città. Voglio ora parlarti delle macrodifferenze fonetiche che abbiamo in Italia, che ti aiuteranno a capire da dove viene una persona e anche, spero, a capirla meglio.
Lo sapete, ho una passione per gli accenti italiani e la loro incredibile varietà. Su questo canale ne ho già analizzati diversi. Oggi, invece, voglio parlarvi di differenze macroscopiche tra accenti del Nord, del centro e del Sud, in modo da aiutarvi a capire da dove viene, a grandi linee, una persona in base ad alcune caratteristiche fonetiche.
Siete pronti? Benvenuti su Podcast Italiano, il canale per chi impara o ama la lingua italiana. Una piccola avvertenza: la divisione in Nord, centro e Sud non riflette esattamente le divisioni amministrative del Paese. Il Nord fonetico, per esempio, include anche parte delle Marche, che sono una regione centrale; mentre il basso Lazio, quindi ancora centro, è foneticamente già meridionale. E c'è poi la Sardegna, che è un caso curioso e di cui oggi non parlerò. Scusate, amici sardi, prometto che rimedierò in futuro. Vediamo…
Attenzione, stiamo ora parlando di pronunce regionali dell'italiano, non di dialetti, che sono vere e proprie lingue separate. Chiaramente la fonetica dei dialetti influenza la pronuncia delle varietà regionali d'italiano parlate nella stessa zona, ma non confondiamo le due cose. Il napoletano non è l'italiano che si parla a Napoli con accento napoletano.
Partiamo dalle consonanti. Generalmente la S tra due vocali al Nord si pronuncerà sonora, /z/: rosa, cosa, fase, caso; mentre al centro-Sud, toscana esclusa, si pronuncia sorda, /s/: rosa, cosa, fase, caso, come in spagnolo. E questo è un buon punto di partenza per determinare da dove viene una persona.
[La rosa dei potenziali investitori]
[Questa è rosa!]
[A mio avviso, in questo versante è in una fase così grave per...]
[Credimi, in questa fase non è così importante…]
Solamente in toscana tra due vocali sono possibili entrambi i fonemi /s/ e /z/. Quindi un toscano con un accento tradizionale dirà per esempio inglese ma france/z/e, disegno ma de/z/erto, lui mi chiese ma le due chie/z/e, casa ma ca/z/o.
[Italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo]
[Inglese, francese]
[L'aspetto più curioso]
[Curioso]
[Al borgo, nei prossimi mesi]
[Questo tipo di visita]
[Mesi, visita]
Tuttavia, oggi, anche in toscana questa distinzione sembra stia sparendo e si tende a mettere sempre /z/ tra vocali, un po’ come al Nord: ingle/z/e, di/z/egno, lui mi chie/z/e, eccetera. Ma, se ci sono toscani all'ascolto, fatemi sapere voi come pronunciate queste parole.
A proposito della S, i due fonemi /s/ e /z/, negli accenti più marcati del Nord, si pronunciano con la lingua un po’ arretrata, un po’ indietro, nella zona degli alveoli, quindi /s/ e /z/.
Avete presente la S dell'español de España? Quella. Ora, i giovani tipicamente dicono /s/ anche al nord ma dipende dalla zona. Chi ha un accento più marcato comunque dirà sasso, cosa, Siena, senza, rosa, peso. Sentite?
[Fu presto sostituita da..]
[Ravvicinati al naso e collo sinuoso… una scultura]
[Nella fase iniziale si possono avere ottimi risultati se però poi]
[Se sei consapevole, è come essere dentro un gioco in cui tu sei uno dei protagonisti]
[Non rinunciare mai al tentativo di seguire tutto con la stessa passione la stessa attenzione].
I suoni B e G, di Fabio e Luigi, di norma raddoppiano sempre dopo una vocale al centro, ma non in toscana, e al Sud. Quindi avremo libro, abile, Fabio, la barca, ma anche Luigi, la gente, fagioli e pigiama.
[E poi tira la(b)barca, ecco lui usa il suo…]
[È un lib(b)ro scritto da… io non sono analog(g)ico.]
[In modo tale che questo li(b)bro subito sia preso. Subito sia preso]
[Prepareremo sagne e fag(g)ioli, un piatto tipico arpinate, con i fag(g)ioli…]
In Toscana questo non succede però, perché B e G in questa posizione diventano V e G, dunque avile e agile. Livro, Fabio, la varca e la gente, fagioli, pigama.
Ho già dedicato un video intero a quei suoni che in italiano neutro e al centro-Sud si pronunciano sempre lunghi dopo una vocale, sono le cosiddette “consonanti rafforzate”:
/ʃ/ , /ɲ/ , /ts/ , /dz/ , /ʎ/ , presenti in parole come coscia, ragno, azione, azoto, figlio.
Di questi cinque, al Nord, tre (/ʃ/ , /ɲ/ , /ʎ/), tendono a pronunciarsi brevi, soprattutto /ʃ/ e /ɲ/ . Quindi al posto di coscia e ragno, pesce e lasagne, avremo coscia e ragno, pesce e lasagne. Sentite la differenza?
[Della carne per esempio, anche del pesce]
[La farina di pesce, pesce, pesce]
[Con quali valori potrebbe crescere?]
[E continueranno a crescere per tutta la vita.]
[Alla fine l'insettino, che potrebbe essere una mosca, ragno, una farfallina]
[Simile a un filo di ragno uscì…]
[Ragno, ragno, ragno].
La C dolce di ciao, quando si trova dopo una vocale, al centro e al Sud diventa ʃ. Avremo quindi bacio, la cena, pece. Attenzione, non sto parlando di questo pesce, ma di questa pece, cioè mi spiego. Al Nord avremo pece e pece, con ʃ breve. Al centro-sud invece pece, sempre con ʃ breve, e pesce, con ʃ lunga. Curioso, vero? Questo però non succede quando ʃ è doppio, quindi faccia, accendere ed eccessivo, solo con la ʃ singola dopo una vocale, e anche tra due parole, quindi la cena e alle cinque.
[Un edificio. Decido che questa forma, in fondo, deve essere semplicemente portatrice di un… un edificio]
[Malpercepito e quei cento. Quei cento.]
[Io non sono certo che l'evoluzione sia un passo in avanti, ma sono certo che l'evoluzione sia un passo di danza].
[Non sono certo che...]
[Non è facile. Facile.]
C e G al nord invece si articolano spesso in un modo diverso dal resto d'Italia, senza questa posizione delle labbra, C-G, che è tipica del centro-Sud e della pronuncia standard. Il suono è dunque meno scuro. Senti la differenza tra cena e cena, ciao e ciao, o gente e gente, Gianni e Gianni.
[La colazione, pranzo e cena]
[Ciao, se non definisci ciò che vuoi, otterrai ciò che non vuoi]
[Ciò che vuoi, otterrai ciò che non vuoi]
[La dieta è facile durante il giorno, la cena di lavoro, la cena tra amici, l'aperitivo con gli amici]
[La gente si chiede. La gente si chiede.]
[O presunti leader dei palestinesi gestiscono senza che la gente... Senza che la gente..]
[E la cena con gli amici per trovarla. E la cena con gli amici per trovarla].
Le combinazioni di N, L, R + S, al centro e al Sud, tendono a pronunciarsi / nts, lts, rts/, quindi come se avessero una zeta. Parole come penso, falso e corso si pronunceranno penzo, falzo e corzo.
Ma questo avviene anche nelle sequenze di parole. Non so, in sette, con Simone.
[Meglio che non ci penso perché mi prende male]
[Penso... ]
[E non so se ci avete mai fatto caso, ma questo è un pensiero che rivolgono…]
[Un pensiero]
[E non so se... Un pensiero...]
[Le risposte vero-falso, quando la risposta era falso.]
[Forse anche una volontà]
[Forse...]
[Convincere gli altri che le vostre idee hanno un valore, hanno un senso]
[Un senso...]
[O il prossimo corso, non saranno mai...]
[Corso non saranno...]
Al centro e al Sud, Toscana esclusa, i fonemi occlusivi sordi /p-t-k/, pane, tazza, casa, tendono a essere pronunciati in maniera sonorizzata dopo una vocale, ma a volte anche consonante. Cioè, vuol dire che si aggiunge una leggera vibrazione delle corde vocali, che li porta ad avvicinarsi più o meno, dipende anche dalla regione, al suono di /b-d-g/, che sono gli stessi fonemi ma sonori, quindi con la vibrazione delle corde vocali.
Avremo quindi pronunce come aperto, voto, fuoco. E ciò avviene anche in sequenza di parole. “Hai capito la poesia?” diventa qualcosa come “hai capito la poesia?”.
Ecco, non necessariamente “hai gabito la boesia”, ma una via di mezzo con delle /p-t-c/ più deboli. Hai capito?
[E a un certo punto hai capito che quello che faceva girare...]
[Hai capito che quello che...]
[ Hanno capito che in un open world...]
[Hanno capito che in un open world... ]
[Quasi le 12, quante persone hanno votato?]
[Hanno votato più di 300 persone.]
[Hanno votato...]
[ Il sapone per lavare la pentola, ci vuole il tempo che...]
[Che se lo fa al forno con le patate...]
[Con le patate]
[ Come hai potuto vedere...]
[Come hai potuto vedere]
[E vi sconsiglio anche di bere caffè, coca-cola, tè... ]
Tradizionalmente, le doppie al Nord non si pronunciano, non si pronunciavano. Questo perché nei dialetti settentrionali non esistono proprio. Per influenza dei dialetti, negli accenti settentrionali più marcati, di persone anziane, tipicamente, tendono ancora oggi a sparire. Tuttavia oggi la maggior parte dei polentoni, come me, le pronuncia senza troppi problemi, perché sono indicate dalla grafia e quindi abbiamo imparato a dirle.
[Lo strumento, attaccare il pianoforte o il violino... Attaccare il...]
[Una famiglia umile, tranquilla come tante altre, a parte il papà e la mamma con sette fratelli, per cui vuol dire la mancanza di rispetto, no? Dove comunque in quello penso che ci sia un po' tutto.]
[Poi ci sono altri due anni di affinamento in bottiglia... Due anni di...]
Rimanendo sulle doppie, c'è però un tratto tipico dell'italiano standard centro-meridionale che al Nord è praticamente assente, ovvero il mio amato raddoppiamento fonosintattico. Sarebbero quei raddoppiamenti fantasma di consonanti iniziali dopo alcune parole specifiche, per esempio «ho(d)detto», «che(v)vuoi», «andrò(d)domani», «tre(o)persone».
Il raddoppiamento non è scritto, ma c'è. Al centro e al Sud questo fenomeno è sistematico, anche se il suo funzionamento varia in base alla regione. Al Nord, tradizionalmente, è assente. Anche, se per influenza della tv e dell'emigrazione verso il Nord, è possibile sentire persone del nord che dicono «ho(d)detto», «che(v)vuoi» a Milano, ma ciò avviene tipicamente dopo parole molto comuni come «ho» o «che», e non è affatto un fenomeno generale.
[E(s)sono riuscita a(p)portare tre(m)messaggi di tre(p)persone]
[Il triangolo è forte perché sono le tre persone che sono unite per il progetto. Una appassionata di mare, l'altra... ]
[Tre(p)persone]
[Tre persone]
[Se hai un obiettivo che(t)ti permette di inquadrare tutto ciò(c)che(v)vuoi...]
[Non è questo ciò che vuoi...]
[ Tutto ciò(c)che(v)vuoi...]
[ Ciò che vuoi...]
E le vocali? Le vocali sono un po' più complicate perché l'italiano standard, o neutro, ha un sistema a sette vocali che si basa sul sistema toscano e che è comune a tutta l'area centrale. Vi ho già spiegato questa storia che la E e la O hanno due pronunce possibili: séra, bène, Róma, ròsa.
La distribuzione di questi fonemi aperti e chiusi è molto uniforme nel centro. Al Nord e al Sud la situazione è molto più complessa e meno omogenea, anche all'interno della stessa regione. È difficile riassumere qui le principali differenze perché è molto variabile. Diciamo comunque che a volte i fonemi non sono nemmeno sette. Nel basso Sud (Sicilia, Calabria e Puglia meridionale) o qui in Piemonte per esempio, sono solamente cinque, a volte con dei suoni intermedi tra É, È, Ó o Ò. Quindi, diciamo che il sistema standard, quello dell'italiano standard, coincide sostanzialmente con quello dell'Italia centrale, mentre al Nord e al Sud è più un casino.
Bene, siamo arrivati alla fine di questa mega-lezione. Ovviamente l'argomento pronuncia non è esaurito. Si potrebbe parlare per ore di moltissimi altri aspetti, come ho fatto in altri video qui su YouTube, ma soprattutto nel mio corso Fonetica Italiana Semplice, che è un corso che unisce teoria e pratica e, davvero, ti permette di scoprire tutti i segreti della pronuncia dell'italiano, e in particolare la pronuncia neutra di cui ti ho parlato. Quindi se vuoi migliorare la tua pronuncia, vuoi parlare con più sicurezza e apprendere questo modello neutro, questo Fonetica Italiana Semplice è il migliore corso che ci sia. Ti lascio il link in descrizione se vuoi andare a dare un'occhiata. Questo è l'ultimo video dell'anno, quindi… alla prossima. Ciao!
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