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Intervista a Vladimir Skultety, prima parte [ITA]

April 22, 2018

Transcription

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Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. Finalmente ritornano le interviste! Oggi abbiamo il grandissimo Vladimir Skultety, un poliglotta eccezionale, slovacco, che parla 19 lingue. È famoso per un video virale che ha superato le 3 milioni di visualizzazioni su YouTube. Se non sapete chi è vi preparo una clip per darvi un’idea di chi si tratta.

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Vladimir è davvero uno dei membri della comunità di poliglotti, o di appassionati di lingue, più talentuoso. Avete sentito l’inglese, lo slovacco, l’ungherese, il ceco, il cinese mandarino, il russo, il tedesco, il francese e lo spagnolo. Ma ci sono diverse altre lingue, in totale 19 appunto. Quindi guardate questo video perché è davvero sorprendente. Ma una delle cose che mi ha sorpreso maggiormente di Vladimir è la sua modestia e la sua grande cordialità. Prima di passare all’intervista e sentirlo anche in italiano vi ricordo che su podcastitaliano.com troverete le trascrizioni integrali degli episodi, quindi anche di questa intervista, con la traduzione in inglese delle parole più difficili. Inoltre siamo su YouTube dove escono alcuni video e su Instagram. L’’intervista è stata divisa in due parti, quindi ora sentiremo la prima mezz’ora. Spero vi possa piacere, penso che abbiamo parlato di molte cose interessanti. Ora taccio (I will shut up) e do la parola a Vladimir. Buon ascolto!

D: Ciao Vladimir, è un onore per me averti su Podcast Italiano e ti ringrazio per aver acconsentito a questa intervista.

V: Ciao Davide, ciao. Grazie a te.

D: Allora, ho moltissime domande per te. Penso che questa intervista durerà circa 12 settimane, perché si può chiedere molto una persona che parla 19 lingue. Volevo chiederti, se tu incontri una persona a cui dici che parli 19 lingue, che faccia fa questa persona? (what’s the look on his/her face) Qual è la reazione?

V. Di solito, sai, io non lo dico. Cioè, non è una delle frasi che userei quando incontro una persona per la prima volta. No, non lo dico di solito. Sai, ultimamente quello che faccio è.. di solito dico che parlo soltanto inglese e poi la lingua la mia lingua natale, lo slovacco, e poi magari la lingua che stiamo utilizzando. Non dico di solito parlo 19 lingue, non è il mio stile.

D. “Piacere, io parlo 19 lingue” [ride]

V. [ride]

D. Però capita magari che alcune persone non sanno (meglio: ‘sappiano’) che tu sai la loro lingua e quindi puoi capire le loro conversazioni come una spia in incognito?

V. Sì, però visto che non è molto carino farlo di solito mi spiego all’inizio. Dico “guardate che io capisco quello che state dicendo, quindi state attenti”. Di solito [lo] dichiaro dall’inizio, dico che parlo anche questa lingua, così possiamo evitare tantissime.. come si chiamano, malintenzioni?

D. Fraintendimenti (misunderstandings) ?

V. Fraintendimenti, ecco. È meglio fare così, secondo me, perché capita spesso che possa capire quello che le persone stanno dicendo intorno a me. Ad esempio quando sei in un gruppo piccolo, con gente che hai appena incontrato, è meglio dire che parli la loro lingua, perché poi veramente diventa molto molto strano. A volte sai, quando dopo 15 minuti rispondi nella lingua che loro hanno usato tra di loro (non “tra di sé”) in una maniera molto..

D. Perché o mantieni la menzogna (lie -, più colloquiale: bugia) per tutto il tempo.. [ride]. Però forse è meglio dirlo subito.

V. Sì, sì.

D. Dopo due anni che vivi con un coinquilino (roommate) dici “ma sai, ho capito tutte le tue conversazioni al telefono”.

V Sì, non sarebbe molto carino.

D. Siamo penso tutti d’accordo (e anche tu) che la motivazione è fondamentale per l’apprendimento di qualsiasi lingua. Volevo chiederti qual è la tua motivazione dopo 19 lingue e, non so, penso 30 anni forse che le impari. Da quando eri piccolo, perché so che hai iniziato già con con tre lingue, se non sbaglio, fin da subito. So che a un certo punto recentemente, ti sei anche stancato un po’ di questo. Volevo chiederti, adesso ti è ritornata quella motivazione che hai avuto chiaramente per moltissimo tempo? E qual è questa motivazione per te? Perché continui a impararne altre, perché non ti bastano quelle che hai già?

V. Allora, questa domanda è molto interessante. Sono completamente d’accordo che la motivazione è assolutamente fondamentale quando vuoi imparare qualsiasi cosa, non soltanto una lingua. E soprattutto una lingua, perché per imparare una lingua ci vuole tantissimo tempo, quindi se sei soltanto affascinato (fascinated) e ti appassioni a [nota: non ‘ti appassioni per] una lingua questa passione durerà magari, non so due tre settimane, poi svanisce (fades away). Quindi non basta, devi essere veramente motivato per avere l’energia e la dedizione che ci vuole per imparare una lingua. Purtroppo come avevi detto per me questa motivazione, per quanto riguarda le lingue, è svanita (nota: non ‘svanuta’) per un certo periodo di tempo. Secondo me perlomeno 3-4 anni, era un periodo in cui ero stanco di tantissime cose, ma soprattutto poi le lingue perché ci ho dedicato tantissimo tempo a studiarle. Sapere di dove (oggi è più comune dire “da dove”, ma non è un errore) viene questa motivazione io non lo so. Probabilmente è una congiunzione di tantissimi fattori, l’interesse, l’umore, la stagione dell’anno magari, anche le persone che sono intorno a te. Ci sono tantissimi fattori che possono influenzare questo. Per fortuna in questo periodo anche se il tempo è brutto (fa veramente freddo adesso) sono abbastanza motivato. Non so perché. Piano piano ho ripreso l’apprendimento delle lingue, partendo da semplici monologhi nelle lingue che conosco, che è anche qualcosa che non ho fatto (corretto: che non facevo) da tantissimo tempo e piano piano inizio anche a studiare lingue nuove. Ho iniziato a studiare latino un po’. Non tanto, non voglio che diventi una cosa..

D. Vuoi intraprendere una carriera (start a career) nel Vaticano? Hai deciso di cambiare vita?

V. [ride] No ma sai, sarebbe molto interessante entrare negli archivi del Vaticano e leggere un po’. Ho studiato un po’ – studiare magari è un’esagerazione, ma ho letto un po’ – sulla storia in generale e soprattutto la storia dell’Impero romano, che mi piace tantissimo. Poi ho iniziato a leggere il libro di Giulio Cesare “De Bello Gallico”, mi è piaciuto tantissimo. Ho una traduzione ceca, nella lingua ceca, che è magnifica. Mi piace tanto.

D. Ma intendi anche parlare il latino? Fare dei monologhi come dicevi?

V. Sì, perché no. Ma soprattutto semplicemente capire parola per parola quello che ha scritto Cesare. Poi ci sono tantissimi documenti scritti in latino medievale, che anche potrebbe essere interessante [leggere]. La motivazione, perché quella era la domanda originale (meglio: originaria), è venuta di nuovo e non voglio spaventarla, quindi sto imparando latino veramente poco a poco.

D. Qual è la motivazione la motivazione per ogni lingua nuova? È diversa per ogni lingua? Hai magari l’obiettivo di andare in quel paese oppure, non so, puoi avere anche la motivazione di imparare la lingua di un paese che non hai intenzione di visitare e di cui non sai molto.

V. Direi c’è sempre perlomeno un’emozione che.. Non so come spiegarlo bene in italiano. Ad esempio, perché ho iniziato a studiare il persiano? Perché ho visto un film il cui c’era una piccola scena (meglio: breve scena) in cui un personaggio nel film ha usato il persiano ed era una scena molto molto carismatica e quindi ha svegliato questo interesse, non so se è un espressione anche in italiano (meglio: ha acceso l’interesse). Ed è partito di là. Poi mi sono reso conto che imparare il persiano sarebbe anche (stato) interessante da quel punto di vista, casomai (in the event that, in case) un giorno io – aspetta, il congiuntivo adesso – volessi imparare l’arabo. Il persiano servirebbe come un ponte perché  40% del vocabolario è di origine araba. Poi l’Iran è un paese interessante, con gente molto gentile, per lo meno quelli che ho incontrato io. Poi per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda, se mi piacerebbe andare anche nel paese dove la lingua è parlata, sicuramente sì. Per me la lingua è soprattutto un mezzo di comunicazione, di entrare nella cultura e quindi imparare una lingua senza farlo secondo me non ha tanto senso, perlomeno per me.

D: Prima di iniziare questa nostra conversazione – ma in realtà già lo sapevo – mi hai confessato di essere perfezionista, di avere questo atteggiamento perfezionista nei confronti delle lingue e forse nella vita in generale. Ti chiedo quanto tempo dedichi ogni giorno alle tue lingue e hai magari qualche, non so come chiamarlo senso di colpa (guilt – sentirsi in colpa = feeling guilty), se le lasci, le trascuri (neglect) per molto tempo. Come gestisci questo, diciamo, questo apprendimento quotidiano.

V. Come ti ho detto negli ultimi anni ero molto stanco e non ho né imparato nuove lingue, né praticato e mantenuto le lingue che conosco ed ero molto triste per questo. Soltanto nelle ultime settimane ho ricominciato a praticare le lingue che conosco un po’ e poi imparare il latino. Quindi se vuoi posso dividere questa domanda in due parti, la prima che cosa ho fatto quando ero veramente veramente super interessato alle lingue e che cosa faccio adesso. Quando ero interessato alla lingue – in quel tempo (ne) parlavo magari, non so, 12/13 ho cercato (meglio: cercavo) di perlomeno ascoltare notizie in tutte le lingue che non usavo ogni giorno. Ho cercato (cercavo) di fare interpretazione simultanea nella mia testa verso lo slovacco o l’inglese. Perlomeno quello. Quindi 30 minuti di ogni lingua che non usavo ogni giorno poi, all’infuori (più comune: aldilà, oltre) di quello, imparavo anche una lingua nuova. Un’altra cosa che ho fatto (facevo) era di chiamare i miei amici su Skype e semplicemente parlare con loro per un po’ di tempo. Fino ad oggi penso che questo sia il modo più efficace e piacevole di praticare e mantenere una lingua. Per quanto riguarda quello che faccio adesso: non tanto, a dir la verità, ma in un certo senso mi sto risvegliando. Ad esempio ti ho detto prima di iniziare questa in questa intervista che ieri sera per la prima volta dopo tantissimo tempo ho parlato con me stesso in una lingua straniera, ed era il cinese, per tre ore. Che è una cosa pazzesca, se ti rendi conto (meglio: se ci pensi). Un tipo che parla con se stesso per tre ore in cinese sembra molto strano, però è veramente un modo incredibile per mantenere la lingua, per entrare nella lingua nelle strutture della lingua, per veramente rendersi conto di quello che sei capace di fare nella lingua e quello che non sei capace di fare, ecc., lavorare un po’ sulla tua pronuncia. Io lo faccio di solito nel bagno, dove c’è un’eco, quindi puoi sentire veramente, puoi sentire anche il tuo respiro ed aiuta tantissimo. Quindi quello che faccio adesso ogni tanto è sempre più e più (corretto: sempre più spesso) parlare con me stesso osservandosi(mi), correggendo una cosina qui e là nella pronuncia, nella struttura della lingua, ecc. Sì, sono un perfezionista ma per fortuna non così grave com’ero (rispetto a) prima e secondo me è un’abitudine un po’ che da un certo punto di vista ti aiuta tantissimo per migliorarti, ma ti frena (slow down) tantissimo e poi diventa un ostacolo grande. Quindi sì, sono un perfezionista e cerco di fare il mio meglio in tutto quello che faccio ma quando diventa un ostacolo, quando inizia a frenarmi poi dico basta. Facciamo il meglio che possiamo e se no va bene lo stesso.

D. E mediamente quante ore dedichi al giorno? Cioè per quante ore usi, ascolti, parli, scrivi in altre lingue?

V: Questo dipende perché.. anche vivendo in Slovacchia secondo me la maggior parte delle parte del giorno sotto sto leggendo (corretto: leggo) in inglese perché lavoro da casa e sto insegnando (insegno) inglese, sto insegnando (insegno) cinese ma in inglese e poi tedesco, ma anche (quello) in inglese, quindi è difficile dire quante ore. Ma se veramente guardiamo soltanto il tempo che che uso per praticare le lingue che non parlo ogni giorno ieri erano 4 ore ma non è ogni giorno così, quindi direi da un’ora a tre/quattro, magari, non lo so.

D. Capisco. Quindi tu come lavoro fai il “language coach”?

V. No, sono insegnante e interprete interprete di cinese, inglese e slovacco e poi a volte anche altre lingue se hanno un problema e gli manca un interprete, hanno bisogno di qualcuno subito allora posso essere un interprete sostituto (sostitutivo), ma di solito no, perché nelle altre lingue non mi fido così come mi fido in cinese, inglese e slovacco e poi faccio l’insegnante. (meglio: non mi sento a mio agio nelle altre lingue quanto mi sento in cinese, ecc.)

D. Sapevo infatti che eri – sei, anzi – un traduttore e interprete simultaneo. C’è qualche storia, qualche aneddoto, qualche episodio che ti è capitato magari durante l’interpretazione simultanea di qualcuno?

V. Fammi pensare. Non lo so, ma avevo un cliente molto molto interessante; era una cantante taiwanese molto famosa in Taiwan, in Cina, anche in Asia. Lei è venuta in Slovacchia per fare le foto per il suo nuovo album ed io ero il suo interprete personale per 4 giorni, ci siamo conosciuti abbastanza bene direi, siamo diventati amici. Poi non succede ogni giorno che una cantante così famosa ti accompagna o tu accompagni lei per 4 giorni e poi diventate amici, quindi questo ad esempio per me è stata un’esperienza molto molto bella.

D. Volevo invece chiederti a proposito dell’italiano, dato che alla fine è un podcast sull’italiano, il mio, e parliamo in italiano, (riguardo al)la tua esperienza. So che hai studiato a Forlì, il che è anche il motivo per cui hai questa accento che adoro ogni ogni volta che lo sento, questo accento Romagnolo. Ed è anche molto interessante perché è difficile trovare stranieri che abbiano un accento regionale italiano; ce n’è qualcuno però non è così facile. Volevo chiederti in qualche parola la tua esperienza qui in Italia con l’italiano.

V. Allora, io ho fatto l’Erasmus a Forlì, ho studiato in relazioni internazionali in Slovacchia è venuta (ho avuto) la possibilità di fare l’Erasmus in Italia quindi sono andato e mi sono trovato benissimo, veramente benissimo. Ho vissuto con tre ragazze italiane e un ragazzo italiano in un appartamento in centro della città (basta dire “in centro” o “in centro-città”). Sono stati loro a insegnarmi l’italiano, quindi veramente è grazie a loro che lo parlo così, anche se mi sono sforzato (I put the effort); però se non ci fossero (stati) loro non lo avrei mai imparato così bene. Cioè così, non direi bene, ma così. L’esperienza è stata fantastica. Io dico sempre che in Italia in quel periodo sono stato soltanto 5 mesi, ma neanche 5, 4 mesi e mezzo. Però l’Italia è sempre rimasta nel mio cuore, perché sono cresciuto  come persona. È stata la prima volta così lontano da casa mia da solo, imparando a cucinare ad esempio, questi dettagli della vita quotidiana.

D. Un’esperienza formativa, proprio come persona.

V. Sì, molto. Quindi per sempre, per me – io dico che il mio cuore ha quattro atri e uno rimarrà italiano. È così. Magari (dato che sono stati) soltanto quattro mesi e mezzo qualcuno direbbe “è niente”, paragonato a tutta la vita. Ma per me questi quattro mesi, cinque mesi erano (sono stati) veramente molto importanti. Sì, ho imparato tanto. Grazie Italia, grazie Forlì.

D. Quali associazioni mentali ti produce l’italiano o l’Italia?

V. Vacanza. Perché tantissime persone di Slovacchia (nota: questa struttura non è molto italiana. Vedi questo episodio – meglio dire “tanti slovacchi”) fanno vacanze in Italia,  soprattutto nella regione di Veneto (o: in Veneto), intorno a Venezia ci sono tantissimi camping sulla riviera adriatica. Quando ero ancora piccolo dopo il crollo (fall, collapse) del socialismo il primo paese in cui siamo andati era l’Italia. Quindi per me sempre quando (corretto: ogni volta che) sento la lingua faccio un’associazione con il mare, con il caldo, anche con il cibo. Ma io non sono un tipo che mangia tanto. Il cibo per me non è così importante. Poi la storia anche e poi naturalmente il tempo in cui sono stato a Forlì, a Bologna, la storia, ecc., la passione, l’energia, tutte queste cose.

D. È meglio la pasta o la pizza?

V. Difficile! Questa è una domanda molto difficile. Direi la pasta perché è più facile prepararla, la pizza.. Non so neanche fare la pizza.

D. Con quale condimento?

V. Pasta col tonno, questo è l’unico piatto che so fare bene, sai.

D. Questi quattro mesi e mezzo ti hanno lasciato la pasta col tonno.

V. Sì, il ragazzo che ha vissuto con me si chiama Lorenzo, lui viene di (è di) Sapri, che è un paesino sul confine di (tra la) Campania e la Calabria. Lui cucinava come un Dio (da Dio), veramente. Era la sua passione, il suo hobby. E il primo giorno, veramente il primo giorno io gli ho chiesto: “Lorenzo, senti, ma io vorrei imparare a cucinare qualcosa. Che cosa mi consiglieresti?”. E lui ha detto: “Ok,  facciamo una pasta con tonno perché è semplice” Quindi così ho imparato a fare la pasta col tonno, ma visto che io sono abbastanza pigro, per quanto riguarda la cucina, ecc., non volevo imparare di più, anche se Lorenzo ha fatto il suo meglio di (per) insegnarmi anche altre cose; e poi dal primo giorno fino all’ultimo giorno io ho cucinato soltanto la pasta col tonno quasi ogni giorno, quindi il povero Lorenzo, grande cuoco di Sapri, era molto triste, ma alla fine la pasta col tonno è l’unico piatto che so fare veramente bene.

D. Volevo invece chiederti hai fatto un video che è diventato virale, che – ho guardato prima – ha quasi tre milioni e mezzo di visualizzazioni. E questo ti ha anche portato, diciamo, una certa notorietà mediatica.Immagino ci siano stati articoli e interviste, sei anche andato in un programma televisivo in Russia in cui ti hanno fatto partecipare a un gioco dove ti mettevano alla prova nelle varie lingue. Cosa pensi di questo ruolo che sei arrivato a ricoprire, in un certo senso un ruolo, magari, di genio, no? Di persona speciale. Ti piace questo ruolo o sei un po’ a disagio?

V. Mah! Bella domanda. Sai, è interessante osservare cosa succede quando un giorno sei un nessuno (non sei nessuno / sei un signor nessuno) e il giorno seguente ti riconoscono per la strada, ti salutano, e non soltanto in Slovacchia ma anche in altri paesi. Come la gente ti vede. La cosa che ho notato, che è abbastanza interessante, è che la gente ti prende sul serio (takes you seriously) anche prima di dire una parola sola (corretto: prima che tu inizi a parlare / prima che tu apra la bocca – non possiamo usare “di dire” perché questa costruzione si può usare quando il soggetto delle due frasi è lo stesso). Non direi che tutti ti amano, tutti sono d’accordo con te, ma perlomeno ti ascoltano, che non è sempre il caso (meglio: non succede sempre – “non è il caso” in italiano significa “non è necessario”, “è meglio non..”) quando sei soltanto uno della folla. Si dice così? Uno della folla?

D. Direi “quando sei una persona qualunque”.

V. Una persona qualunque. Per il resto a me piace più essere un “underdog”, non so come si dice questo in italiano. Uno che non è..

D. Essere “sfavorito”, “svantaggiato”.

V.  Sì, essere sfavorito. A me piace più essere svantaggiato, anche se tante persone dicono che questo piace a tutti. Ma non è vero, non è così. Io ho tantissimi amici che si sentono molto bene (meglio: si sentono a loro agio) quando sono sotto i riflettori (in the spotlight), quando sono sotto pressione, ecc. Per me no, perché come ho detto io sono un perfezionista, ero un perfezionista. E la pressione è semplicemente molto pesante. Quando ad esempio ero nello (in quello show) televisivo in Russia, veramente, lo stress che ho provato era incredibile. Pensavo di svanire prima di andare..

D. Di svenire (pass out).

V. Di svenire, scusa.

D. Anche svanire, magari volevi scomparire e far finta di non esistere [ride]

V. [ride] Allora esiste anche “svanire”.Da un certo punto di vista era veramente una prova, direi, molto seria. Era lo show con più spettatori nella storia della TV russa, con 90 milioni di spettatori, quindi una cosa pazzesca. Io – non so quanto mi conosci – ma io non sono uno a cui piace vantarsi e mostrarsi davanti alle telecamere, quindi per me era molto difficile farlo. Anche prima (già prima) avevo paura di parlare in pubblico, anche se soltanto davanti a 5 amici. Quindi sapendo che ci sarebbe (stato) questo pubblico grande con 500 persone e poi queste telecamere, 90 milioni di persone.. in più dovevo fare una dimostrazione delle lingue che parlo in un modo interessante per la gente, ecc. Ma (comunque) un’esperienza bellissima.

D. Hai un paese preferito?

V. Dipende. Perché se parliamo della natura mi piace il sud della Francia, mi è piaciuta molto la Corsica e anche certi posti in Taiwan sono molto belli. Se parliamo della gente: Russia e Italia sono posti molto belli. Se parliamo di ricordi gli Stati Uniti, ecc. e poi la mia città preferita è Hong Kong e Venezia.

D. Cosa pensi del futuro delle lingue in relazione alla tecnologia, anche magari per quanto riguarda la traduzione e l’interpretazione simultanea. Pensi che sia sia una minaccia la tecnologia per questi lavori? Si parla di prodotti come i Google Pixel Buds o altre cose futuristiche. Diciamo, ci sono molte persone che sono sono scettiche e ritengono (believe, think) che sia difficile che la tecnologia sostituisca l’uomo, perché sostanzialmente si dice che la tecnologia non può capire, non è dotata di (fitted with) intelletto. Pensi che sia effettivamente così?


V. No, assolutamente. Io penso che sia una minaccia per il lavoro di interprete. Le persone che dicono che la tecnologia non ha intelletto e  pensano che magari non è (meglio: sia) una minaccia per noi come interpreti secondo me non capiscono molto bene come funziona la tecnologia. Si parla di una rete.. Neuronica?

D. .. neurale (rete neurale=neural network) grandissima che sta imparando ogni minuto in un modo pazzesco e sta migliorando le sue capacità giorno per giorno. Basta guardare come sta facendo le traduzioni Google Translate tra francese e spagnolo, italiano e spagnolo. Sono già traduzioni che sono accettabili a volte. Da una traduzione testuale.. – è veramente soltanto un piccolo passo verso la traduzione verso un’interpretazione perché praticamente ti basta avere un computer che riconosce la tua voce e quello che stai dicendo, trasformando le tue parole in un testo – e questo già succede, questo già (ce) l’abbiamo – e poi un’altra tecnologia che legge il testo, trasforma il testo in una voce che già esiste. E quindi queste tre tecnologie stanno migliorando giorno per giorno e magari non in un anno, due anni, ma in 10 anni sicuramente l’interprete – 15 anni, ok – l’interprete non sarà così importante. Perché la rete.. Come si chiama, neurale? La rete neurale è molto più intelligente come siamo (corretto: di noi / di quanto lo siamo) noi, perché considera molto di più. Cioè, considera anche l’aspetto culturale, ma in un modo che io non sarò mai in grado di capire. Perché una rete neurale funziona così, ha una capacità molto più grande..

D. Perché quello è ciò che viene detto che.. Diciamo, almeno al momento attuale non può capire. Cioè, non può capire riferimenti culturali, non può capire l’ironia, per esempio. Tu pensi che tutto questo verrà superato?

V. Certo, perché alla fine questa è una cosa che ha limiti. Cioè, tu non puoi dire una infinita combinazione di cose. Le cose che puoi dire hanno una fine (nota: “un fine” = obiettivo) e basta che la rete le senta tutte, magari varie volte e impari quali sono più importanti, quale sono meno importanti, quale usare quando – poi ci sono reali interpreti che stanno aggiustando la rete qua e là, dicendo che questa traduzione non era giusta, in questo momento avresti dovuto dire quello – e la rete impara. Impara ogni giorno e lo fa in una maniera incredibile. Quindi secondo me in 10 anni saremo sostituiti e possiamo poi, non so, giocare a scacchi (play chess), non so.

D. Che cosa vuol dire questo per le persone comuni che imparano lingue. Penso magari a persone che, non so, faccio un esempio – e non me ne vogliano gli americani – però, diciamo, persone come loro che non hanno un bisogno vitale di imparare altre lingue; possono tranquillamente vivere tutta la loro vita senza imparare altre lingue; (persone) che magari, non so, hanno sempre avuto quest’idea che gli bazzicava in testa, però magari non l’hanno mai fatto. Una tecnologia del genere potrebbe fargli perdere definitivamente quella minima idea. Pensi che sia così? Cosa vorrà dire questo per le persone che imparano lingue – come anche te?

V. Allora, ci sono due punti, secondo me, che sono importanti. Il primo punto è che in questo periodo è sempre più favorevole imparare una lingua che aspettare che una rete neurale sia in grado di funzionare o lavorare come un interprete vero. Quindi se tu adesso inizi a imparare l’inglese ce la fai in un tempo più breve come una rete neurale sarà in grado di sostituirti (corretto: di quanto ce ne metta una rete neurale per essere in grado di sostituirti) come interprete. Perché secondo me ci vogliono 10 anni, 15 anni, magari. Però sì, hai ragione, quando la traduzione digitale sarà su un livello dove (meglio: per cui) non sarà più importante imparare una lingua – perché semplicemente non ci sarà bisogno per questo (meglio: di fare questo) – secondo me imparare le lingue diventerà qualcosa come imparare come disegnare (corretto: imparare A disegnare). Sai, oggi se vuoi hai un migliaia di foto di della Monnalisa (in italiano conosciuta come “La Gioconda”), non devi imparare come (a) disegnarla. Ma se vuoi lo puoi fare perché ti fa piacere ecc., quindi magari magari sarà qualcosa del genere.

D. Quindi più per piacere che per effettiva necessità.

Questa era la la prima parte della mia intervista a Vladimir Skultety, penso sia molto interessante. Stay tuned per la seconda parte che è altrettanto lunga; abbiamo parlato davvero tanto, quindi un’altra mezz’ora. Risentite quest’intervista utilizzando anche la trascrizione, se non capite alcune cose (la trascrizione la troverete su podcast italiano.com). Grazie per l’attenzione e ci sentiamo o vediamo magari anche su YouTube molto presto.

Ciao ciao!

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