Non C'HO più voglia 😐 (perché CI?)
Trascrizione
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Con questo tempo grigio non c’ho voglia di fare niente.
Sì, dovrei fare unvideo, ma non io non lo faccio.
Io non c’ho voglia,non c’ho voglia di farlo e non lo faccio.
Non c’ho voglia.
C’ho tante cose dafare, c’ho poco tempo… non c’ho voglia.
Trascrizione PDF con glossario audio isolato (PI Club)
E poi voi c’avete voglia di vederlo, c’avete quindici minuti di tempo? Ma perché aggiungiamo “ci”(o meglio, “c’”) al verbo “avere”? È giusto? E poi, come si scrivono correttamente queste forme? “Ci ho?” “C’ho”? “Ciò”, magari? Benvenuti su Podcast Italiano.
Io mi chiamo Davide equesto è un canale YouTube per chi impara o ama la lingua italiana.
Attivate i sottotitoli, se vi servono, e vi ricordo che la trascrizione integrale è disponibile sul mio Podcast Italiano Club.
Trovate il link qui in alto.
“C’ho fame”, “c’ho voglia”, “c’avete 10 minuti”? Se siete italiani sicuramente conoscete queste forme (e probabilmente le usate), ma anche se siete stranieri è probabile chele conosciate o almeno che le abbiate sentite.
Oggi parleremo di questo, ma… non subito, perché siamo su Podcast Italiano e quindi dobbiamo fare tutto un viaggio nel magico mondo della lingua italiana.
Siete pronti?Partiamo da “Ci”, una parola che ogni studente di italiano odia.
Facciamo un ripasso dei suoi usi: 1) A volte CI è un pronome personale che significa “noi”.
“Ci hanno visto” vuol dire “hanno visto noi”; “ci hanno detto” (“hanno detto A noi”).
“Questo tempo ci ha rotto le scatole” (=A NOI).
Questo è l’uso forse più facile.
2) Altre volte è un pronome dimostrativo che corrisponde alle preposizioni che vedete qui sullo schermo (DI, A, IN, SU, DA) + ciò.
Per esempio “pensaci bene” (che sarebbe “pensa bene a ciò”, “a questo”); “non ci credo” vuol dire “non credo a ciò”, “a questo”, e così via.
“Non ci credo, neanche oggi c’è il sole.
Che sorpresa!” Ah, si può usare a volte anche quando parliamo di persone: “Sei mai uscito con Eleonora?” “No, non ci sono mai uscito”; ovvero “non sono mai uscito CON lei”.
3) Poi abbiamo “ci” avverbio di luogo.
“Sei mai stato a Stoccolma?” “No, non ci sono mai andato, ma vorrei andarci”, ovvero non sono mai stato “lì”, ma vorrei “andare lì”, “andarci”.
La frase più naturale in italiano è proprio “vorrei andarci” e non “vorrei andare lì”; “vorrei andare lì” vuol dire “vorrei andare proprio lì, non da un’altra parte”.
Se non vogliamo trasmettere questo contrasto (“lì e non là”) dobbiamo usare “ci”, vorrei “andarci”.
Una frase neutra in italiano.
Chi conosce il francese avrà notato che “ci” corrisponde al francese “y”.
“Non ci sono mai stato” si direbbe” “je n’y ai jamais été”.
“Non ci credo ”sarebbe “Je n’y crois pas” o, informalmente, “Bon, ben, J’y crois pas”(pernacchia).
Da questo “ci” locativo, cioè avverbio di luogo, deriva il verbo “esserci” (cioè, “c’è”, “ci sono”).
“In Italia ci sono 20 regioni”; “Nella mia città ci sono molti ristoranti” “Anche oggi c’è un tempo di me-“ Qui “Ci” conserva vagamente un significato di luogo, quindi “in Italia CI sono, QUI in Italia”, se vogliamo, anche se ormai ESSERCI è diventato un verbo indipendente da ESSERE, sono due verbi diversi; come in altre lingue europee abbiamo THERE IS, IL Y A, HAY, ES GIBT, HA, TEM e così via.
Questo “ci” non si combina solo con essere, ma si combina anche con “avere”, e lo fa in vari modi.
Ci + Avere - Quando è obbligatorio Prendiamo la domanda: “hai l’ombrello?” Che cosa rispondete? Rispondete “sì”.
Ma potete anche dire “ce ’’ho” (o “non ce l’ho”).
Non potete dire “lo ho” o “non lo ho”, o anche “l’ho”.
No, non si dicono queste cose.
Cioè, in italiano “I have it”, “lo tengo”, “j’e l’ai” si traducono con “Ce l’ho”.
“Hai l’ombrello?”; “Sì, ce l’ho”.
È curioso, se ci pensate.
Se CI pensate.
Lo stesso vale per una domanda come “do you have IT?”, “LO tienes”, “tu l’as?”, che diventa “CE l’hai?”, non possiamo dire “lo hai?” o “l’hai?”, ma dobbiamo dire “ce l’hai?”.
“Sì, ce l’ho”.
Quindi, in questi casi CI o CE sono obbligatori.
Secondo alcuni studiosi “CE” è una sorta di rinforzo fonetico, perché “L’HO” da solo sembrerebbe “lo”, come articolo, lo studente.
E quindi diciamo CE l’ho.
Mi sono accorto che non ho esattamente spiegato perché diciamo CE l’ho.
Ok, sì, perché rinforza il suono, questo l’ho detto.
Ma perché usiamo CI che ha un significato locativo? Ovvero QU I o Lì? È un caso di grammaticalizzazione, una parola che prima aveva un significato ora ha perso quel significato ed è diventata una particella grammaticale.
Quindi non preoccupatevi tanto del significato di CE in “CE l’ho.
” Oppure se proprio volete potete pensarla così: “Il CI in averci denota luoghi spazio temporali astratti implicitamente presenti.
Sono luoghi come l’universo delle cose e delle proprietà in possesso che accentuano il significato possessivo”.
Cioè, praticamente dire “CE” l’HO vuol dire “HO questa cosa nell’universo delle cose e delle proprietà in mio possesso.
” Ah, perché diciamo CE l’ho? E non “CI l’ho”? Beh, perché quando abbiamo due pronomi atoni di fila (non importa se non sapete cosa sono) il primo dei due pronomi atoni prende la “e”: quindi “ti dico” ma “te lo dico”, “gli ho detto” ma “gliel’ho detto”, “vi porto le mele” ma “VE LE porto”, “Ci hanno detto la verità”, “CE l’hanno detto”.
Ora… “ce l’hanno detta” … qui “ci” è un pronome personale, ok, “a NOI”; ma “ce l’hanno” e basta vuol dire “they have it”, “Lo possiedono” con questo strano “CI” locativo, che però si comporta come “CI” pronome, no? CE l’hanno detto, CE l’hanno.
E perché si comportano allo stesso modo, i due CI, e diventano CE? Beh, perché di fatto tutti gli usi di “CI” di cui vi ho parlato prima hanno la stessa origine, cioè, di fatto è la stessa parola.
“Ma Davide, da dove viene “ci?” sicuramente vi starete chiedendo? Sì, te lo stai chiedendo.
Te lo stai chiedendo, perché ti leggo nel pensiero.
Grazie per la domanda.
Allora “ci sono due teorie: seconda una “CI” viene dal latino parlato *hīcce, da hīc (che vuol dire “qui”, avete presente “hīc et nunc”?), o secondo un’altra teoria da *ecce hīc “ecco qui”.
Comunque viene da un avverbio di luogo, hīc, che significava qui “qui”.
Se prendiamo la prima teoria per valida abbiamo hicce -> icce -> ce Ma come ha fatto a diventare… come ha fatto a passare da QUI a NOI? Che poi se ci pensate è strano.
In spagnolo dicono NOS han dicho, in francese dicono Ils NOUS ont dit e in italiano CI… hanno detto.
Ma perché? Questo è il passaggio: se tu guardi QUI è probabile che tu stia guardando NOI (cioè, me… me e la mia pianta, che siamo qui), quindi CI guardi.
“CI” significava“ QUI” ma viene reinterpretato come“NOI”.
Questo è il cambiamento, dal CI come QUI, al CI come NOI.
“CI guardi”… “ci guardi”.
Mistero risolto, ecco perché CI in italiano è un pronome personale.
E adesso la vita non sarà più la stessa.
Lo stesso è successo con VI (“vi vedo”, “vi dico”), che non c’entra niente con “voi” (o con “vōs” in latino), anche se può sembrare, no? Perché c’è la “v” in entrambe le parole, mano! VI non deriva da VOI o da “vōs”, deriva dall’antico IVI (parola oggi formale in italiano) e che viene dal latino IBI (cioè “là”, “in quel luogo”).
Quindi, “Vi guardo” inizialmente era “guardo lì”, dove, magari, vi trovate VOI; ed è diventato quindi “guardo VOI”, “VI guardo”, perché VOI siete lì.
Non so se è chiaro.
Ah, in passato si usava molto “vi” esattamente come “ci”.
In uno stile percepito come elegante e formale si può ancora oggi dire “Vi è” al posto di “c’è”, “vi sono” al posto di “ci sono”.
Oppure “Firenze è una bella città, vi sono andato tante volte”, qui ha un vero significato di luogo, “ci sono andato”, “sono andato lì”.
[Con accento snob] Sto leggendo questo libro, sì, sicuramente è interessante però al suo interno VI è troppo turpiloquio, VI sono troppe parolacce.
Non vale la pena di leggerlo, secondo me.
Se siete stranieri non ve lo consiglio perché è un uso sempre meno comune, anche se facendo una ricerca su Google News si trovano trovano esempi di “vi è” o “vi sono”, quindi questo “vi” locativo sopravvive.
Comunque, la cosa importante è che “I Have it” si dice “CE l’ho”, “Do you have it” si dice “CE l’hai?”, e così via.
È obbligatorio.
Ah, questo non succede quando “avere” è un ausiliare, in un verbo composto, quindi: “Hai preso l’ombrello?” “Sì, l’ho preso”.
Qui non serve “ce” o “ci”.
Ci + Avere Usi informali Abbiamo parlato degli usi obbligatori di “ci” con avere.
Ora parliamo degli usi più informali di “ci” + “avere”.
Sì, perché la domanda stessa “Hai l’ombrello” può essere posta in altri due modi, con due strutture dal sapore più colloquiale: 1) Ce l’hai, l’ombrello? (nelle domande) - il primo è: “ce l’hai, l’ombrello?”.
Oppure: “ ce li hai cinque minuti?” “Ce le hai le chiavi”? Cioè, usiamo “ce l’hai” o “ce li hai”, “ce le hai”, e poi mettiamo anche l’oggetto subito dopo.
In inglese letteralmente sarebbe “do you have it the umbrella?”.
Queste sarebbero frasi marcate, cioè frasi in cui l’ordine delle parole non è standard.
Ho fatto un video tempo fa sulle frasi marcate, adesso non entro nei dettagli; ma in sostanza questa è una frase marcata, perché anticipiamo l’oggetto con un pronome, “ce LO hai, l’ombrello”, “do you have IT, the umbrella”? .
È un pochino più colloquiale di “hai l’ombrello”, anche se io credo che nel parlato sia forse più comune.
Quindi italiani all’ascolto, ditemi che ne pensate nei commenti: “hai l’ombrello?” o “ce l’hai l’ombrello?”.
Quale usiamo di più nel linguaggio quotidiano, secondo voi? 2) C’ho / c’hai / c’ha.
Finalmente arriviamo al nucleo del video, dopo un po’.
- C’hai l’ombrello? -I bambini c’hanno fame.
- C’hai ragione.
A che serve aggiungere “C” al verbo avere? Beh, la differenza tra “ho” e “c’ho” è che “c’ho” è più enfatico, più espressivo e anche, bisogna dire, un po’ più colloquiale, più sub-standard, più informale.
“Non c’ho voglia di uscire” è più espressivo e colloquiale di “non ho voglia di uscire”.
“C’ho un sacco di cose da fare” è più intenso di “ho un sacco di cose da fare”.
“Non capisco che c’hai, sei sempre arrabbiato” è più forte di “non capisco che hai, sei sempre arrabbiato”.
Si tratta comunque di un uso del parlato o del linguaggio scritto che imita il parlato (quello delle chat per esempio), anche se si usa e si è usato nella letteratura.
Sicuramente si usava nel 1500, nel 1600.
Questo è un esempio: “Tu hai un bel dir, tu, che non ci hai passione nissuna”.
“Arido sia” di Lorenzino de’ Medici (1536) È proprio il nostro “c’ho”, “c’hai”, che usiamo oggi.
Come spesso accade, fenomeni che ci sembrano nuovi sono in realtà vecchi come il cucco, per usare una bella espressione idiomatica italiana.
Lo scrittore Giovanni Verga ne faceva ampio uso, per esempio: – Io ci ho il cuore in pace! - Pensa che ci hai tutti gli altri sulle spalle, e fa come ho fatto io.
Giovanni Verga - I malavoglia (1881) Avete notato? In questi esempi questa costruzione si scrive proprio così: “ci hai”, “ci ho”, “ci ha”.
Anche se si pronunciava e si pronuncia / tʃo/, / tʃai/, / tʃa/, / tʃabbjamo/, cioè la /i/non si sente.
Oggi, invece, mi sembra che si scriva comunemente “c’ho”, “c’hai”, “c’ha”, soluzione che è adottata anche da alcuni scrittori che imitano la lingua parlata*, ma che però non piace ad alcuni linguisti? E perché non piace ad alcuni? Perché scrivendo così, “c’ho”, staremmo violando la regola per cui la C seguita da A, O, U in italiano si pronuncia normalmente /k/, con un suono duro, velare, come in “casa”, “cosa”, “cura”.
Ovviamente però questo non leggiamo /ko/, ma / tʃo/.
Oggi non / ko/ proprio voglia di fare niente.
C’è addirittura chi sostiene che si dovrebbe scrivere così: “ciò”, “ciai”, “cia”, come se ci fosse il verbo “ciavere”.
So che qualcuno rabbrividirà, nemmeno a me piace molto, ma è una forma consigliata per esempio da un illustre linguista, come Lorenzo Renzi.
Io lo trovo un po’strano, sinceramente, perché non esiste il verbo verbo “ci avere”, cioè non si dice “non voglio ci avere problemi”.
Diciamo “non voglio avere” problemi.
Comunque, penso che non verrà adottata questa soluzione, anche perché mi sembra si sia imposta questa grafia*: “io c’ho” e così via; e almeno io, personalmente, ho sempre scritto così, in maniera intuitiva; scritto, ovviamente, su Internet, in chat, ecc., quindi uno scritto informale.
Perché è un’espressione informale, anche se comunissima nel parlato, in tutta Italia(non in una sola regione) e, tra l’altro, è molto simile ad altre costruzioni comuni nei dialetti italiani.
In molti dialetti del nord Italia (come il milanese, il veneto, il ligure), infatti, si aggiunge al verbo “avere” “ghe”, che corrisponde al locativo “ci”.
In veneto si dice: “Go un can” (scusate per il mio veneto terribile), ma significa “Ho un cane”.
La G che vedete all’inizio sarebbe la C-, “c’ho un cane”.
C’avete qualche domanda? Spero vi sia piaciuto il video.
Fatemi sapere* se conoscevate questo uso e se siete italiani fatemi sapere che ne pensate, se usate “c’ho”, “c’hai”, “c’ha”, se percepite differenze, anche, come vi ho chiesto prima, tra “HAI l’ombrello” e “CE l’hai l’ombrello”.
E se imparate l’italiano con i miei video date un’occhiata al Podcast Italiano Club, la mia pagina su Patreon dove potete sostenermi e ottenere per qualche dollaro al mese contenuti esclusivi come la trascrizione di tutti i miei video, l’audio di tutti i video (che potete ascoltare come podcast), un podcast esclusivo di approfondimento che pubblico ogni volta che pubblico un contenuto per tutti, qui su YouTube oppure sul mio podcast; per questo video farò un approfondimento, magari con qualche esercizio anche, sulle cose che abbiamo visto oggi.
Quindi, un grazie a tutti i membri, ci vediamo nel prossimo video e ora me ne vado, che c’ho un po’ di cose da fare.
Ciao ciao!